Penale

Sospensione della pena: i lavori di pubblica utilità non possono superare la durata di sei mesi

Nel caso concreto - considerando la disponibilità settimanale resa dall'imputato - i lavori sarebbero durati circa 3 anni

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di Giampaolo Piagnerelli

I lavori di pubblica utilità concessi a seguito della sospensione condizionale della pena possono avere una durata massima di sei mesi. Se viene superato questo termine la misura va riparametrata. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 12485/22.

La vicenda. Venendo ai fatti un soggetto incriminato per il reato di truffa in danno di persone anziane aveva ottenuto il beneficio della sospensione condizionale della pena che lo subordinava all'espletamento di 300 ore di lavori di pubblica utilità.
Nel ricorso per Cassazione la difesa ha lamentato che il giudice avesse concesso la sospensione in funzione dell'espletamento di 300 ore da completarsi nell'arco di 18 mesi, così fissando un arco temporale incompatibile con l'impegno settimanale di due ore previsto nella dichiarazione di disponibilità, al punto da costituire una condizione obiettivamente irrealizzabile.
I Supremi giudici hanno giudicato il ricorso fondato. Questo perché la durata della prestazione di attività non retribuita a favore della collettività soggiace al limite di sei mesi (così come previsto dal coordinato degli articoli 18-bis disposizioni coordinate del codice penale e 54, comma 2, del Dlgs 274/2000). Il provvedimento impugnato, nel determinare la durata dei lavori per i quali l'imputato aveva prestato la disponibilità a eseguirli perché fosse concesso il beneficio ex articolo 165, comma 1, del codice penale, ha violato il principio appena enunciato.

Conclusioni. Calcolando, infatti, l'impegno settimanale di due ore assentito dall'imputato, la durata della prestazione dell'attività si sarebbe protratta per circa 3 anni, superando di gran lunga i termini legislativi.

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