Professione e Mercato

Sospeso l'avvocato che assume incarichi in potenziale conflitto di interessi

Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 11193 depositata oggi, aggiungendo che nulla cambia se le parti insistono per la prosecuzione del patrocinio

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di Francesco Machina Grifeo

Sì alla sanzione disciplinare della sospensione per la durata di due mesi, per l'avvocato che presti la propria attività professionale sia a favore dell'attore che del terzo chiamato in causa da parte del convenuto, in tal modo trovandosi in una condizione quanto meno potenziale di conflitto d'interessi. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza n. 11193 depositata oggi, aggiungendo che nulla cambia qualora l'incompatibilità tra il patrocinio dell'attore e quello del terzo sia emersa soltanto in un secondo momento proprio per effetto della chiamata in causa effettuata dal convenuto e anche se entrambe le parti insistono per la prosecuzione del patrocinio.

Il caso partiva da un esposto dell'attore che aveva riferito che, in un giudizio da lui promosso nei confronti di un carrozzeria per il recupero di un credito ceduto per la riparazione di un'autovettura, il suo avvocato si era costituito anche in difesa dei due chiamati in causa dalla società convenuta, in quanto indicati dalla stessa come responsabili dell'appropriazione delle somme versate dall'Assicurazione in adempimento del credito ceduto.

La Suprema corte ricorda come secondo la giurisprudenza è "inammissibile la costituzione in giudizio di più parti a mezzo del medesimo procuratore, ogni qualvolta tra le stesse sia configurabile un conflitto d'interessi anche solo virtuale, ravvisando nel contemporaneo svolgimento di attività difensiva in favore di soggetti portatori d'istanze contrastanti una violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, costituzionalmente tutelati".

Ai fini dell'insorgenza dell'obbligo di astensione a carico dell'avvocato, non è dunque necessario che tra gli interessi delle parti da lui patrocinate sia configurabile un conflitto immediato e attuale, risultando invece sufficiente un contrasto anche meramente virtuale, ricollegabile all'incompatibilità delle rispettive posizioni sostanziali o processuali, la quale impone al legale di compiere una scelta tra gli incarichi da assumere, in modo tale da salvaguardare la propria indipendenza nell'adempimento del mandato e da evitare la divulgazione o comunque l'indebito sfruttamento di informazioni di cui sia venuto a conoscenza a cagione del proprio ufficio.

Così anche l'art. 3 del Codice Deontologico degli Avvocati Europei, che, in modo più specifico rispetto all'art. 24 del Codice italiano, dispone che «l'avvocato non può fornire consulenza, rappresentare o difendere più di un cliente per la medesima controversia» non solo «qualora vi sia un conflitto», ma anche nel caso in cui sussista «il serio rischio di un conflitto tra gli interessi di tali clienti».

Né il fatto che la citazione in giudizio dei terzi sia configurabile come chiamata in garanzia impropria, la quale, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, non determina l'automatica estensione al terzo della domanda proposta dall'attore, a tal fine occorrendo un'apposita richiesta, cambia le carte in tavola. "La necessità di tale iniziativa – scrive la Corte - non consente di escludere la configurabilità di un conflitto d'interessi tra l'attore ed i terzi chiamati, quanto meno dal momento della citazione in giudizio di questi ultimi".

Infine, la mera conoscenza della situazione d'incompatibilità da parte del cliente o il consenso dallo stesso prestato alla prosecuzione dell'incarico, non scagiona il professionista. In tal senso depone anche la disciplina dettata dall'art. 3.2.2 del Codice Deontologico degli Avvocati Europei, il quale stabilisce che «l'avvocato non può occuparsi degli affari di due o di tutti i clienti coinvolti qualora intervenga tra loro un conflitto di interessi».

La disposizione, spiega la Corte, regola proprio la situazione in cui l'incompatibilità insorga dopo il conferimento dell'incarico, vietando all'avvocato di continuare a svolgere la propria attività in favore di tutti i soggetti coinvolti nel conflitto, senza attribuire alcun rilievo all'eventuale conferma del mandato da parte degli interessati. Mentre nessun rilievo assume la circostanza che né il Codice Deontologico Forense né quello degli Avvocati Europei "indichino specificamente gli strumenti per porre rimedio al conflitto d'interessi, risultando evidente che le modalità di adempimento dell'obbligo di astensione possono essere le più varie (rifiuto del nuovo incarico, rinuncia a quello precedentemente accettato, dismissione di entrambi gl'incarichi)".

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