Penale

Sosta a pagamento del Comune, escluso il peculato se la concessionaria non versa la quota all’ente

Non c’è reato, è ipotizzabile il solo indempimento contrattuale: le somme incassate non sono in origine della Pa ma il corrispettivo di un servizio

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di Patrizia Maciocchi

Solo inadempimento contrattuale e non peculato per l'amministratore unico della società che si aggiudica il servizio di sosta a pagamento, se non versa al comune la quota stabilita dal capitolato speciale. La Cassazione annulla senza rinvio la condanna, decisa nei primi due gradi di giudizio, per il reato previsto dall'articolo 314 del Codice penale. Per la Suprema corte (sentenza 37674), infatti, il reato non sussiste. Al contrario, per la Corte territoriale, essendo appurato l'omesso versamento del 30% delle somme incassate dai parchimetri, era integrato il peculato. Ad avviso dei giudici di merito, infatti, il concessionario esercitava un servizio di natura pubblica, riservato all'ente pubblico, secondo tariffe stabilite d'autorità: il 70% spettavano alla ditta appaltatrice come remunerazione di impresa mentre il 30% era riservato all'ente locale. Per i giudici di prima e seconda istanza si trattava di denaro pubblico ed era giustificato il potere di autotutela della Pa. In considerazione della non lieve entità delle somme trattenute la Corte territoriale aveva negato anche le attenuanti. Una conclusione non condivisa dai giudici di legittimità, secondo i quali la condotta contestata va inquadrata come semplice inadempimento contrattuale. L'oggetto materiale del peculato, spiega la Cassazione, è connotato dall'”altruità” del denaro o di un'altra cosa mobile. Il reato sanziona dunque il pubblico ufficiale o l'incaricato del pubblico servizio che si appropria delle somme che sono in suo possesso o di cui abbia la disponibilità per ragioni d'ufficio o di servizio. Non può dunque essere considerato altrui il denaro , pagato come contropartita di una prestazione, visto che il gestore che lo riceve, del cui patrimonio entra a far parte, può disporne liberamente. Nel caso esaminato il denaro versato dagli utenti del parcheggio comunale nei parcometri installati e di proprietà della concessionaria, era di diretta pertinenza della compagine e non del Comune, destinatario solo di una quota. L'omesso versamento degli introiti non fa scattare l'appropriazione di somme che non erano in origine dovute alla Pa dal soggetto obbligato, come avviene per i tributi riscossi dal concessionario “ma trovano la propria causa nella prestazione resa dal gestore del pubblico servizio di parcheggio a pagamento”. Per questo a carico dell'amministratore unico della società è ipotizzabile solo l'inadempimento contrattuale nei confronti della Pa affidataria. La condanna è annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste

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