Civile

Sovraindebitamento: proposta di accordo senza seconda chance

immagine non disponibile

di Nicola Soldati

Le procedure di sovraindebitamento, in attesa della riforma prevista dal Codice della crisi ora slittata a settembre 2021, continuano a essere un cantiere giurisprudenziale in piena evoluzione. Con due recenti pronunce, il tribunale di Mantova è intervenuto su due differenti aspetti: la prima in materia di termini processuali per la presentazione di una proposta migliorativa rispetto a quella originariamente formulata ai creditori; la seconda sui poteri del giudice in merito alla fattibilità della proposta formulata dal debitore.

In entrambi i casi, in assenza di indicazioni precise da parte della legge 3/2012, il tribunale ha applicato in via analogica la normativa sul concordato preventivo.

Nuova proposta
Il tribunale ha bocciato (decisione del 25 maggio 2020) la possibilità per il debitore di formulare ai creditori, dopo il loro voto negativo, una nuova proposta di accordo, sostenendo che non può essere concesso un termine per formulare una proposta migliorativa e ciò al fine di evitare comportamenti dilatori in danno dei creditori.

Il caso riguardava un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento che, se conclusa, avrebbe decretato anche l’esdebitazione (cancellazione dei debiti). Il tribunale ha rilevato che la legge 3/2012 nulla dice in merito alla possibilità di formulare una nuova proposta e, quindi, ha ritenuto di mutuare, ai fini del diniego, la disciplina del concordato preventivo che non permette la presentazione di proposte migliorative.

Valutazione di fattibilità
Con il secondo provvedimento, questa volta nell’ambito di una procedura di liquidazione del patrimonio proposta da una società, il tribunale (decisione del 23 gennaio 2020) ha ritenuto inammissibile il ricorso poiché, alcuni beni non potevano costituire parte dell’attivo in quanto la loro proprietà era controversa ed erano sottoposti a sequestro.

In analogia alla procedura di concordato preventivo, il tribunale ha ritenuto che il sindacato del giudice sulla fattibilità non va inteso come valutazione della convenienza economica della proposta, bensì come verifica della sussistenza o meno di una manifesta inettitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati.

Essendo una procedura di liquidazione dei beni la quantificazione dell’attivo da realizzare dovrebbe essere irrilevante, a patto che vi siano beni mobili o immobili che possono fornire un’utilità ai creditori.. La valutazione di meritevolezza riguarda infatti solo il piano del consumatore nel quale, in assenza di un vero e proprio contraddittorio con i creditori, spetta al giudice valutare la proposta formulata.

Postura non corretta
Vero è che, il tribunale ha evidenziato nel debitore una postura non corretta nella rappresentazione dei beni da liquidare, ma tale postura (articolo 14 terdecies legge 3/2012) rileva solo per la domanda di esdebitazione, mancando ogni riferimento alla valutazione del comportamento del debitore in sede di domanda di liquidazione del patrimonio.

In termini più generali, negare la liquidazione ad un debitore, oltre a lasciarlo in balia dei creditori, costituisce un appesantimento del sistema giustizia i cui uffici saranno destinatari della istanze dei singoli creditori: tale soluzione non appare inoltre in linea con le disposizioni del Codice della crisi.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©