Civile

Spese di lite, validi gli incrementi inferiori al 30 per cento per le cause che superano i 520mila euro

Ma sono legittime anche le liquidazioni che applicano, per ciascun passaggio, l'incremento massimo del 30%

di Mario Finocchiaro

In relazione all'articolo 6 decreto ministeriale n. 55 del 2014, non incorre in violazione di legge il giudice che, liquidando le spese di lite per cause di valore superiore a 520.000,00 euro, applichi incrementi percentuali inferiori al 30% in relazione ai vari passaggi di scaglione, fermo restando che risultano parimenti legittime le liquidazioni che applicano, per ciascun passaggio, l'incremento massimo del 30%. Questo il principio enunciato in motivazione, ai sensi dell'articolo 384 Cpc, dalla sezione III della Cassazione con l'ordinanza 24 ottobre 2022 n. 31347.

Questione nuova
Sulla questione specifica non risultano precedenti in termini.
Sempre in argomento cfr., per utili riferimenti:
- per l'affermazione che in tema di compensi professionali in favore degli avvocati per gli affari di valore superiore ad Euro 520.000,00, il d.m. n. 55 del 2014, nella parte in cui prevede che alla relativa liquidazione si applica, di regola, un incremento fino al 30% dei parametri numerici contemplati dai relativi scaglioni di riferimento (ed individuati, nella specie, dall'art. 22 del cit. d.m.), impone uno specifico apporto motivazionale, esplicativo delle ragioni sottese a tale scelta, nel solo caso in cui il giudice reputi di non disporre alcun incremento percentuale, restando egli, al contrario, libero di stabilire un aumento in misura anche superiore al massimo del 30%, applicando i criteri generali di cui all'art. 4 del medesimo d.m. n. 55, con decisione non censurabile in sede di legittimità, Cassazione, ordinanza 20 ottobre 2021 n. 29170;
- nel senso che l'art. 6, 1° comma, quarto periodo, della tariffa forense, approvata con d.m. n. 55 del 2014, secondo cui, nei giudizi civili per pagamento di somme di denaro, la liquidazione degli onorari a carico del soccombente deve effettuarsi avendo riguardo alla somma attribuita alla parte vincitrice piuttosto che a quella domandata, si riferisce all'accoglimento, anche parziale, della domanda medesima, laddove, nell'ipotesi di rigetto di questa (cui deve assimilarsi ogni altra ipotesi di diniego della pronuncia di merito), il valore della controversia è quello corrispondente alla somma domandata dall'attore (nella specie, la suprema corte ha ritenuto che il giudice d'appello, avendo revocato il decreto ingiuntivo opposto e statuito sulla non debenza, da parte dell'ingiunto, della somma di denaro che ne era oggetto, avrebbe dovuto porre a base del calcolo delle spese di lite del primo grado del giudizio l'importo chiesto col ricorso monitorio), Cassazione, ordinanza 12 giugno 2019 n. 15857.

In termini generali:
- in tema di liquidazione delle spese processuali ai sensi del d.m. n. 55 del 2014, l'esercizio del potere discrezionale del giudice, contenuto tra il minimo e il massimo dei parametri previsti, non è soggetto al controllo di legittimità, attenendo pur sempre a parametri indicati tabellarmente, mentre la motivazione è doverosa allorquando il giudice decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi da riconoscere, essendo in tal caso necessario che siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di esso, Cassazione, ordinanza 5 maggio 2022 n. 14188,
- nella determinazione del valore della controversia, ai fini della liquidazione degli onorari difensivi, occorre tener conto anche del valore delle domande riconvenzionali, la cui proposizione, ove sia diretta all'attribuzione di beni diversi da quelli richiesti dalla controparte, determina un ampliamento della lite e, di conseguenza, dell'attività difensiva, Cassazione ordinanza 29 novembre 2018 n. 30849;
- in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, Cassazione, ordinanze 31 gennaio 2017 n. 2386; 9 novembre 2017 n. 26608; 11 dicembre 2017 n. 29606.

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