Status e capacità, esclusa la questione di incostituzionalità sull'unico grado di merito dei giudizi sulla privacy
Con l'ordinanza n. 16402 la Suprema Corte rigetta la tesi la che la decisione che definisce il giudizio non è appellabile. In merito non esistono precedenti: non costituzionalizzato il doppio appello sul merito
In riferimento all'articolo 3 della Costituzione è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 152 del decreto legislativo n. 196 del 2003 e dell'articolo 10 decreto legislativo n. 150 del 2011, nella parte in cui stabiliscono che, in materia di dati personali, la sentenza che definisce il giudizio non è appellabile. Lo hanno affermato i giudici della Prima Sezione della Cassazione con l'ordinanza 10 giugno 2021 n. 16402 (Pres. Genovese; Rel. Fidanzia).
Una nuova lettura dell'ordinanza n. 16402/2021
L'ordinanza n. 16402/2021 della Suprema corte è passata giustamente all'attenzione della dottrina per i profili di responsabilità e sanzionatori. Ma a una lettura più meditata si scorge tra le pagine della decisione una questione nuova sulla quale non risultano precedenti in termini. Si tratta della questione di costituzionalità legata all'inappellabilità della sentenza in caso di controversie sulla riservatezza dei dati personali (Costituzione, articolo 3; decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, articolo 152; decreto legislativo 1° settembre 2011 n.150, articolo 10), che è stata ritenuta manifestamente infondata.
L'assenza di precedenti in materia in giurisprudenza
Tra le tantissime, nel senso che lo svolgimento dei giudizi attraverso due gradi di merito non è principio costituzionalizzato, oltre Corte costituzionale, ordinanza 13 marzo 2008, n. 53, in Foro italiano, 2008, I, c. 2421, richiamata in motivazione nella pronunzia in rassegna, cfr. Corte costituzionale, sentenza 28 ottobre 2014, n. 243, in Foro italiano, 2015, I, c. 358, che ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 445-bis, comma 7, del Cpc, secondo cui è inappellabile la sentenza che definisce il giudizio introdotto a seguito del mancato accordo circa le conclusioni del consulente tecnico, appunto non avendo la garanzia del doppio grado di giurisdizione copertura costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 Cost.; Corte costituzionale, sentenza 30 luglio 1997, n. 288, in "Giurisprudenza costituzionale", 1997, p. 2630, secondo cui il doppio grado della giurisdizione di merito non ha rilevanza costituzionale, per cui non si può ritenere che al riguardo esista una lacuna nel nostro ordinamento in presenza di normative processuali che escludano l'appello (principio riaffermato in relazione alla preclusione all'appello sancita dall'articolo 443, 1º comma, lettera b), Cpp a carico dell'imputato che, dopo aver ottenuto il rito abbreviato, sia stato condannato a pena sostitutiva).
Sempre nel senso che non esiste alcuna norma costituzionale che garantisca il doppio grado di giudizio; pertanto, l'articolo 37, commi 2 e 3, legge 6 dicembre 1971, n. 1034 non viola gli articoli 3 e 125 della Costituzione nella parte in cui deferisce al Consiglio di stato in unico grado la cognizione dei ricorsi diretti ad ottenere l'esecuzione del giudicato di sentenze dell'ago, pronunziate nei confronti di autorità amministrative che esercitano la loro attività oltre i limiti della circoscrizione regionale e di sentenze del consiglio di stato che non siano confermative delle sentenze dei Tar, Corte costituzionale, sentenza 31 marzo 1988, n. 395, in Consiglio Stato, 1998, II, p. 569.
Per altri riferimenti comunque cfr, nel senso che è incostituzionale l'articolo 33 legge 3 febbraio 1964 n. 3, nella parte in cui prevede che contro le deliberazioni del consiglio regionale in materia di eleggibilità sia esperibile il ricorso giurisdizionale della corte d'appello di Trieste, anziché i mezzi di impugnazione disciplinati dall'art. 19 legge 17 febbraio 1968 n. 108 (il quale prevede il doppio grado di giurisdizione), Corte cost., sentenza, 23 dicembre 1994, n. 438, in Foro italiano, 1995, I, c. 754.
La posizione della dottrina sul doppio giudizio di merito
In dottrina, in margine a Corte costituzionale, 13 marzo 2008, n. 534, cit., tra i numerosi contributi: Gentile L.S., La gestione dell'accertamento tecnico preventivo (Atp)previdenziale tra principi costituzionali e riproposizioni infrannuali, in Foro italiano, 2015, I, c. 369; Borghetich E., Approdi giurisprudenziali sull'accertamento tecnico preventivo, in Massimario giur. lavoro, 2015, p. 514; Scalamogna M., L'art. 445-bis c.p.c. supera il vaglio di legittimità costituzionale: un monito mancato, in Riv. it. dir. lav., 2015, II, p. 733; Donzelli R., L'accertamento tecnico preventivo obbligatorio ex art. 445-bis c.p.c. al vaglio della Corte costituzionale, in Giurisprudenza costituzionale, 2014, p. 4015; Imbriaci S., Legittima la procedura di accertamento tecnico preventivo per l'invalidità, in Guida al lavoro, 2014, f. 44, p. 70.
La posizione della Suprema corte
Ricordate in motivazione, nella pronunzia in rassegna, per il rilievo che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 35-bis, comma 13, decreto legislativo n. 25 del 2008, per violazione degli articoli 3, comma 1, 24 e 111, della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che il procedimento per l'ottenimento della protezione internazionale è definito con decreto non reclamabile in quanto è necessario soddisfare esigenze di celerità, non esiste copertura costituzionale del principio del doppio grado ed il procedimento giurisdizionale è preceduto da una fase amministrativa che si svolge davanti alle commissioni territoriali deputate ad acquisire, attraverso il colloquio con l'istante, l'elemento istruttorio centrale ai fini della valutazione della domanda di protezione, Cassazione, ordinanze 30 ottobre 2018, n. 27700 e 5 novembre 2018, n, 28119 (Sempre in questo senso, altresì, Cassazione, ordinanza 21 ottobre 2020, n. 22950, ove la precisazione che la Corte Europea dei diritti umani con riferimento ai procedimenti civili ha sempre negato che il diritto all'equo processo e ad un ricorso effettivo possano essere considerati parametri per invocare un secondo grado di giurisdizione, mentre la legislazione eurounitaria ed, in particolare, la direttiva UE n. 2013/32, secondo l'interpretazione fornitane dalla Corte di Giustizia dell'Unione Europea (sentenze C - 175/17 e 180/17), non prevede un obbligo per gli stati membri di istituire l'appello, poiché l'esigenza di assicurare l'effettività del ricorso riguarda espressamente i procedimenti di impugnazione dinanzi al giudice di primo grado).
Per l'affermazione, peraltro, che è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'articolo 24 della Costituzione, dell'articolo 152, comma 2, decreto legislativo n. 156 del 2003, il quale indica nel luogo di residenza del titolare del trattamento il foro territoriale esclusivo per le controversie in materia di protezione dei dati personali di cui al comma 1, rispondendo esso alla scelta - dal legislatore operata facendo non irragionevole esercizio della sua discrezionalità - di privilegiare l'esigenza di vicinanza del giudice al luogo di trattamento e diffusione dei dati, Cassazione, ordinanza 31 maggio 2006, n. 12980, in Giustizia civile, 2007, I, p. 1439, con nota di Giordano R., Brevi note sulla presunta inapplicabilità del c.d. "foro del consumatore" nelle controversie relative al trattamento dei dati personali e in Corriere giuridico, 2007, p. 53, con nota di Conti R., Fori dei consumatori fra dogmi ed interpretazione conforme al diritto comunitario.
Nel senso che la controversia tra il titolare del trattamento di dati personali e l'Autorità Garante per la protezione dei dati personali, concernente la legittimità del rifiuto da quest'ultimo opposto alla richiesta, avanzata dal titolare, di autorizzazione ad esigere un contributo dai richiedenti l'accesso ai dati, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 152 del decreto legislativo n. 152 del 1996, Cassazione, sez. un., sentenza 14 aprile 2011, n. 8487, in Giurisprudenza italiana, 2011, p. 2670 (con nota di Esposito M., La naturale capacità espansiva della giurisdizione ordinaria), ove il rilievo, che la chiara scelta operata dal legislatore tramite l'art. 152 citato non contrasta con l'art. 103 Cost., non essendo vietata l'attribuzione al giudice ordinario della cognizione anche degli interessi legittimi, la materia dell'accesso ai dati personali e dei costi di esercizio di tale diritto presenta una inestricabile interferenza tra i diritti ed interessi legittimi, con la netta prevalenza dei primi sui secondi, là dove, inoltre, il bilanciamento che deve operare l'Autorità Garante è, eminentemente, tra interessi privati (quelli degli interessati ai dati trattabili e quelli delle imprese detentrici), mancando, quindi, una vera e propria discrezionalità amministrativa.
Per il rilievo [sotto il profilo di cui all'articolo 2 della Costituzione] che la disciplina del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo n. 196 del 1996, prescrivendo che il trattamento dei dati personali avvenga nell'osservanza dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti, non consente che gli spazi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al condominio, possano essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino; ne consegue che - fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali - l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un'indebita diffusione di dati personali, come tale fonte di responsabilità civile ai sensi degli artt. 11 e 15 del citato codice, Cassazione, ordinanza 14 gennaio 2011, n. 186, in Giurisprudenza italiana, 2011, p. 2547, con nota di Gasso L., L'affissione pubblica delle pendenze debitorie del singolo condomino come ipotesi di illecito trattamento dei dati; ivi, 2011, p. 2027, con nota di Rispoli G., La protezione dei dati personali in ambito condominiale fra tutela della riservatezza ed esigenze gestorie, e in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2011, I, p. 389, con nota di Anzani G., La protezione dei dati personali nel condominio.