Stock options e bonus, l'addizionale del 10% si applica anche ai dirigenti delle holding industriali
La Cassazione, sentenza n. 16785 depositata oggi, cambiando radicalmente opinione, ha accolto il ricorso della Agenzia delle Entrate contro Stellantis N.V. (già FCA) e l'ex a.d. Sergio Marchionne
L'imposta addizionale del 10% su "bonus" e "stock options", adottata (nel 2010) a seguito delle crisi bancarie con l'obiettivo di "arginare gli effetti economici potenzialmente distorsivi" di tali forme di remunerazione, si applica anche ai dirigenti di holding industriali e non solo a banche e intermediati finanziari. La Cassazione, sentenza n. 16785 depositata oggi, con una radicale inversione di rotta, ha accolto il ricorso della Agenzia delle Entrate contro Stellantis N.V. (già FCA) e l'ex a.d. Sergio Marchionne. Il manager e la casa automobilistica nelle fasi di merito avevano ottenuto la restituzione dei 3,9milioni di euro versati, nel 2012, a titolo di aliquota addizionale sui bonus eccedenti la parte fissa della retribuzione. Accolto dunque il ricorso del Fisco secondo cui la CTR aveva errato nel ritenere non applicabile l'addizionale "sul presupposto che FIAT S.p.a. è una holding industriale, per cui il dr. Marchionne non rivestirebbe la qualifica di dirigente nel "settore finanziario", al quale solo la norma stessa si riferisce".
Per la Suprema corte però "la potenziale attitudine a produrre, se stimolati dalla conseguente maggior retribuzione variabile, effetti economici potenzialmente distorsivi, non appare esclusiva dei dirigenti di banche e degli intermediari finanziari, potendo ravvisarsi anche nei dirigenti di grandi gruppi industriali e delle holding industriali e finanziarie, che possono generare il medesimo pericolo attraverso l'acquisto e la vendita di partecipazioni, l'acquisto di prodotti finanziari di rischio elevato o il ricorso a strategie finalizzate a far salire o scendere il valore di un titolo".
L'oscillazione interpretativa e giurisprudenziale è dovuta al fatto che l'articolo 33 del Dl n. 78 del 2010 indica genericamente come ambito di riferimento il "settore finanziario" senza effettuare alcun rinvio ad altra fonte normativa. Per la Sezione tributaria (che così supera il precedente orientamento, Cass nn. 22692/2020 e 3913/2022, secondo cui l'addizionale "si applica nei confronti dei dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario che svolgono attività rivolta al pubblico") però si tratta di una scelta consapevole del Legislatore, il quale "se avesse voluto limitare il riferimento dell'art. 33 del d.l. n. 78 agli intermediari regolati dal T.U.B., o ad altra specifica categoria di operatori, lo avrebbe fatto con una previsione esplicita".
Per prevenire nuove possibili crisi, spiega la Cassazione, il Legislatore ha deciso di intervenire su alcune forme di incentivi retributivi con una "clausola generale di prevenzione anticipata del rischio di effetti economici potenzialmente distorsivi" che deve dunque ritenersi riferita al "settore finanziario approcciato nella sua globalità e complessità, con una nozione fiscale derivata da quella socioeconomica, sì da ricomprendere tutti quegli attori di compagini (anche non necessariamente soggette a vigilanza e/o che svolgano attività rivolta al pubblico) che, essendo attive sulla scena finanziaria, sono in grado, direttamente e/o indirettamente, di indurne torsioni pregiudizievoli per effetto di incentivi retributivi".
Il principio di diritto: "L'imposta addizionale prevista dall'art. 33 del d.l. n. 78 del 2010, conv. in l. n. 122 del 2010 - trattenuta dal sostituto di imposta al momento dell'erogazione degli emolumenti riconosciuti ai dirigenti sotto forma di "bonus" e "stock options" quando detti compensi eccedano la parte fissa della retribuzione - si applica nei confronti dei dirigenti delle imprese operanti nel settore finanziario, con clausola generale riferita al settore finanziario inteso nella sua globalità e complessità, sì da ricomprendere anche soggetti non necessariamente sottoposti a vigilanza e/o che svolgano attività rivolta al pubblico, stante la ragione socio-economica di un intervento diretto a comprendere tutti quegli attori di compagini che, essendo attive sulla scena finanziaria, sono in grado, direttamente e/o indirettamente, di indurne torsioni pregiudizievoli per effetto di abnormi incentivi retributivi, laddove, riguardo alla disposizione di riferimento, eventuali riscontri extra-testuali - derivanti da fonti nazionali, europee e internazionali - possono rivestire solo il ruolo di indici rivelatori esemplificativi, ma non esaustivi della fattispecie tributaria interna. (Nella specie la Corte ha ritenuto che rientrino in essa le holding industriali)."