Il CommentoComunitario e Internazionale

Strategia europea di contrasto ai minerali e metalli di conflitto (3TG), quadro internazionale

Nelle aree politicamente instabili, il commercio di minerali può essere utilizzato per finanziare gruppi armati, alimentare il lavoro forzato e altre violazioni dei diritti umani, nonché sostenere la corruzione e il riciclaggio di denaro

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di Marco Letizi*

La strategia unionale in materia di materie prime critiche strategiche si fonda essenzialmente sul Piano Industriale del Green Deal (The Green Deal Industrial Plan) che si pone l’obiettivo di sostenere la competitività dell’industria europea a zero emissioni nette e accelerare la transizione verso la neutralità climatica, incentivando la produzione di tecnologie e prodotti a zero emissioni nette necessari per conseguire gli ambiziosi obiettivi climatici previsti nel Green Deal europeo. 

Tale piano industriale si compone dei seguenti tre pilastri:

Nel maggio 2017, il legislatore europeo ha adottato il Regolamento (UE) 2017/821 (Regolamento sui minerali di conflitto) che ha introdotto obblighi in materia di due diligence nella catena di approvvigionamento per gli importatori dell’Unione di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali, e di oro, originari di zone di conflitto o ad alto rischio, allo scopo di arginare l’introduzione nel mercato unionale di minerali di conflitto, evitare che le fonderie e raffinerie (sia a livello globale che nel territorio dell’UE) utilizzassero detti minerali e impedire che i lavoratori delle miniere fossero vittime di abusi. 

Il Regolamento sui minerali di conflitto riguarda lo stagno, il tantalio, il tungsteno e l’oro perché sono i quattro minerali e metalli più frequentemente correlati ai conflitti armati e alle relative violazioni dei diritti umani e impone alle imprese di diritto unionale di garantire l’importazione di detti minerali solo da fonti responsabili e si propone di contribuire ad arginarne il commercio per mitigare il rischio che per la loro estrazione venga utilizzato lavoro forzato (anche minorile) o che con i profitti derivanti dalla loro commercializzazione vengano finanziati conflitti armati. 

Il Regolamento (UE) 2017/821 è stato successivamente integrato dal Regolamento delegato (UE) 2019/429 della Commissione dell’11 gennaio 2019 che stabilisce le norme relative alla metodologia e ai criteri che consentono alla Commissione di valutare se i regimi per l’esercizio del dovere di diligenza nella supply chain di stagno, tantalio, tungsteno e oro agevolino il rispetto dei requisiti del Regolamento (UE) 2017/821 da parte degli operatori economici e di riconoscere tali regimi da parte della Commissione europea. Ai sensi del Regolamento (UE) 2017/821, per regime sul dovere di diligenza deve intendersi “un insieme di procedure, strumenti e meccanismi per l’esercizio del dovere di diligenza nella catena di approvvigionamento su base volontaria, inclusi audit da parte di terzi indipendenti, sviluppato e controllato da governi, associazioni settoriali o gruppi di organizzazioni interessate”.

Il Regolamento sui minerali di conflitto può essere inquadrato nell’ambito della strategia europea delle materie prime critiche, in quanto il tantalio e il tungsteno oltre a essere minerali di conflitto sono anche considerati materie prime critiche, compresi nell’Allegato II - Sezione 1 del Regolamento CRMA elenca le materie prime critiche tra le quali compaiono il tantalio e il tungsteno.

Nelle aree politicamente instabili, il commercio di minerali può essere utilizzato per finanziare gruppi armati, alimentare il lavoro forzato e altre violazioni dei diritti umani, nonché sostenere la corruzione e il riciclaggio di denaro. I minerali e metalli di conflitto, come lo stagno, il tungsteno, il tantalio e l’oro, indicati anche come 3TG, possono essere utilizzati in prodotti di uso quotidiano come telefoni cellulari, tablet, automobili o gioielli. Per i consumatori è estremamente difficile sapere se un prodotto acquistato finanzi violenze, abusi dei diritti umani o altri crimini nei Paesi produttori o in quelli in cui tali materie prime vengono trasformate.

I Paesi e le aree dai quali vengono estratti i minerali di conflitto sono quelli in cui sono in atto conflitti armati, guerre civili, oppure caratterizzati da uno stato di fragile post-conflitto o di una debole o inesistente governance o ancora dalla sistematica violazione del diritto internazionale, comprese le violazioni dei diritti umani. Ci sono diversi punti nella catena di approvvigionamento di 3TG cosiddetti choke points (estrazione, raffinazione e trasporto) in cui i profitti derivanti dal commercio di tali minerali potrebbero alimentare gruppi armati, criminali o terroristici, perpetuando conflitti armati, violenze e abusi dei diritti umani. È importante, pertanto, assicurarsi che questi gruppi armati, criminali e terroristici non possano più contare sull’acquisto di 3TG come fonte di reddito, in modo che si ostacoli la prosecuzione delle loro attività criminali o terroristiche e mitigando, al contempo, i rischi di violazioni dei diritti umani.

Il Regolamento UE sui minerali di conflitto impone ai soggetti economici di diritto europeo importatori di 3TG di:

  • rispettare gli standard internazionali di approvvigionamento responsabile, stabiliti dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE);
  • garantire l’approvvigionamento responsabile delle fonderie e delle raffinerie di 3TG a livello unionale e globale;
  • contribuire a spezzare il legame tra i conflitti e lo sfruttamento illegale dei minerali;
  • contribuire a porre fine allo sfruttamento e agli abusi delle comunità locali (compresi i lavoratori delle miniere) e sostenere lo sviluppo locale.

Il Regolamento si basa anche su regole consolidate per contribuire ad arginare il commercio dei minerali dei conflitti ed elaborate dagli esperti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) insieme a un gruppo di 35 Paesi a economia avanzata, in collaborazione con l’industria, la società civile e altri governi. Le linee guida sono contenute nel report “Due Diligence Guidance for Responsible Supply Chains from Conflict-Affected and High-Risk Areasdell’OCSE che fornisce raccomandazioni di gestione approvate dai governi, per supply chain globali responsabili di tutti i minerali, affinché le imprese rispettino i diritti umani ed evitino di contribuire ai conflitti attraverso le loro decisioni e pratiche di acquisto di minerali o metalli.

La Guida OCSE è il primo esempio di iniziativa multi-stakeholder in materia di gestione responsabile della supply chain di minerali e metalli provenienti da aree colpite da conflitti con l’obiettivo di supportare le imprese a rispettare i diritti umani e a evitare di contribuire ai conflitti attraverso le loro pratiche di approvvigionamento. La Guida OCSE intende promuovere supply chain trasparenti di minerali e metalli e un impegno sostenibile delle imprese nel settore minerario con l’obiettivo di consentire ai Paesi di trarre vantaggio dalle loro risorse minerarie, nonché di evitare che l’estrazione e il commercio di minerali e metalli diventi una fonte di conflitto, violazione dei diritti umani e insicurezza. La Guida OCSE presenta, tra l’altro, due supplementi in tema di pratiche di due diligence nelle catene di approvvigionamento riferite ai 3TG provenienti da aree colpite da conflitti o ad alto rischio e tiene conto delle diverse posizioni assunte dai 3TG all’interno della supply chain, nonché fornisce raccomandazioni in tema di due diligence rivolte alle imprese a monte (upstream) e a valle (downstream) della supply chain.

L’UE si sta impegnando, a livello globale, anche in cooperazione con l’OCSE, a promuovere le linee guida internazionali sui minerali di conflitto e a indurre i Paesi che sono i principali fornitori e acquirenti di 3TG ad adottare misure per mitigare i rischi di commercializzazione e approvvigionamento di detti minerali. Il Regolamento sui minerali di conflitto si applica direttamente alle imprese che importano 3TG nel territorio dell’UE, indipendentemente dalla loro origine.

Con la Raccomandazione (UE) 2018/1149 del 10 agosto 2018, la Commissione ha reso noti una serie di orientamenti non vincolanti per l’individuazione delle zone di conflitto o ad alto rischio e degli altri rischi legati alla catena di approvvigionamento, elencando una serie di fonti di informazione open source dalle quali espungere informazioni aggiornate.

Il Regolamento sui minerali di conflitto incentiva anche l’approvvigionamento responsabile di fonderie e raffinerie di 3TG, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno sede nell’UE, in quanto gli importatori dell’UE dovranno identificare le fonderie e le raffinerie presenti nelle loro catene di approvvigionamento e verificare che le stesse abbiano messo in atto le corrette pratiche di due diligence.

Qualora gli importatori dell’UE ritengano che le pratiche di due diligence implementate dalle fonderie e raffinerie lungo le loro supply chain siano insufficienti o associate a rischi, dovranno gestirle e riferire in merito; al riguardo, per supportare le imprese, la Commissione europea creerà una white list di fonderie e raffinerie mondiali che si approvvigionano in modo responsabile. 

Il sistema di due diligence introdotto dal Regolamento (UE) 2017/821 impone agli importatori di 3TG, aventi sede legale nel territorio dell’UE, di seguire le linee guida indicate nella Guida OCSE che prevedono:

  • l’istituzione di solidi sistemi di gestione aziendale (fase 1),
  • l’identificazione e la valutazione del rischio nella supply chain (fase 2),
  • la progettazione e l’attuazione di una strategia per rispondere ai rischi identificati (fase 3),
  • l’effettuazione di un audit indipendente da parte di terzi sulla due diligence della supply chain (fase 4) e
  • un’attività di reporting, su base annuale, sulle iniziative di due diligence implementate della catena di approvvigionamento (fase 5).

Il Regolamento UE, conformemente all’impianto di due diligence OCSE, stabilisce regole diverse per le imprese in funzione della loro posizione lungo la supply chain (“a monte” o “a valle”).

Le imprese a monte - imprese che estraggono, trasformano e raffinano le materie prime - devono rispettare le norme obbligatorie sulla due diligence quando importano, poiché questa è la parte più rischiosa della supply chain. Il Regolamento europeo identifica come imprese a monte le società minerarie, i commercianti di materie prime, le fonderie e le raffinerie.

Le imprese a valle trasformano ulteriormente i metalli prodotti nella fase a monte in un prodotto finito. La fase a valle comprende la vendita del prodotto ad altre imprese, governi o privati. Le imprese a valle si dividono in due categorie: quelle che importano prodotti in fase metallica e che devono rispettare le norme obbligatorie di due diligence e quelle che operano al di là della fase metallica che, pur non essendo soggette agli obblighi introdotti dal Regolamento europeo, dovrebbero comunque utilizzare strumenti di rendicontazione societaria non finanziaria per rendere più trasparente la loro due diligence, compresi - per molte imprese di grandi dimensioni - quelli previsti dalla Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) e dalla Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD). 

Al fine di conoscere se un minerale o metallo è stato acquistato in modo responsabile, gli importatori di 3TG dell’UE devono porre in essere sistemi e processi interni che forniscano informazioni circa il Paese di provenienza di 3TG, le quantità importate e la data di estrazione, nome commerciale e tipo del minerale o metallo importato fornendo le generalità e gli indirizzi dei fornitori. Nell’ipotesi i 3TG provengano da aree di conflitto o ad alto rischio, gli importatori devono fornire informazioni aggiuntive sulla miniera da cui i 3TG sono stati estratti, il luogo dove detti minerali e metalli sono stati consolidati, commercializzati e lavorati, nonché le tasse, i diritti e le royalties pagate. Inoltre, le competenti autorità di ciascuno Stato membro devono verificare se gli importatori di 3TG che operano nel territorio dell’UE rispettino il Regolamento sui minerali di conflitto, esaminando i documenti e le relazioni di audit dei soggetti economici obbligati alla due diligence e, ove necessario, effettuando ispezioni presso i locali dell’importatore. 

A livello internazionale, organizzazioni internazionali e governi hanno avviato iniziative volte a promuovere un approvvigionamento responsabile. Nel 2011, i membri delle Nazioni Unite hanno approvato all’unanimità i Principi guida per le imprese e i diritti umani. I Principi Guida delle Nazioni Unite affermano che le imprese hanno la responsabilità di assicurarsi che le loro attività non contribuiscano a danni e abusi e incentivano l’implementazione di pratiche di due diligence basate sul rischio come un modo pratico ed efficace per le imprese di adempiere a questa responsabilità. In questo senso, il legislatore europeo ha adottato il Regolamento (UE) 2020/1998, relativo a misure restrittive contro gravi violazioni e abusi dei diritti umani, che impone agli operatori economici e finanziari europei di condurre, in via preliminare, uno screening più approfondito delle proprie controparti a livello globale.

Nel 2010 gli Stati Uniti hanno approvato una legge, nota come Dodd Frank Act, sezione 1502 che impone alle società di diritto statunitense quotate in borsa di effettuare la due diligence sui minerali e metalli provenienti dalla Repubblica Democratica del Congo e dai Paesi limitrofi.

Diversi Paesi africani, tra cui la Repubblica Democratica del Congo e il Ruanda, hanno approvato leggi che impongono alle imprese di controllare le loro catene di approvvigionamento.

In Cina, la Camera di Commercio Cinese degli Importatori ed Esportatori di Metalli, Minerali e Prodotti Chimici, ha avviato lo sviluppo di linee guida in tema di due diligence per catene di approvvigionamento minerarie responsabili.

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*A cura di Marco Letizi, PhD, Avvocato, Dottore Commercialista e Revisore Legale, Consulente Internazionale delle Nazioni Unite, Commissione Europea e Consiglio d’Europa