Stupefacenti: distanza temporale e recisione dei legami attenuano le misure cautelari
In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, al fine di verificare l'attenuazione delle esigenze cautelari in sede di richiesta di sostituzione della misura custodiale in atto, il mero decorso del tempo dall'instaurazione del vincolo non è di per sé rilevante ma può essere considerato unitamente ad altri elementi specifici, idonei a verificarne l'incidenza sull'intensità del pericolo di recidiva del prevenuto, sempre che risulti l'irreversibile recisione dei legami di quest'ultimo con l'associazione criminosa di appartenenza. Il principio di diritto è stato espresso dalla Cassazione con la sentenza 24734/2018.
Altri orientamenti - In termini, Sezione IV, 13 febbraio 2018, Cima, secondo la quale, in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all'articolo 74 del Dpr 9 ottobre 1990 n. 309, al fine di verificare l'attenuazione delle esigenze cautelari in sede di richiesta di sostituzione della misura custodiale in atto, il mero decorso del tempo dall'instaurazione del vincolo non è di per sé rilevante, ma può essere considerato unitamente ad altri elementi specifici, idonei a verificarne l'incidenza sull'intensità del pericolo di recidiva del prevenuto, sempre che risulti l'irreversibile recisione dei legami di quest'ultimo con l'associazione criminosa di appartenenza.
In altri termini, l'affievolimento delle esigenze cautelari deve risultare da specifici elementi di fatto idonei a dimostrare lo scioglimento del gruppo ovvero il recesso individuale e il ravvedimento del soggetto sottoposto alla misura. Peraltro, secondo un orientamento più rigoroso, sempre in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, in presenza di condotte esecutive risalenti nel tempo, la sussistenza delle esigenze cautelari deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l'attualità, in quanto il decorso di un arco temporale significativo può essere sintomo di un proporzionale affievolimento del pericolo di reiterazione. Infatti, si sostiene, anche per i reati per i quali vige la presunzione relativa di cui all'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale (esistenza delle esigenze cautelari e adeguatezza della misura cautelare carceraria), la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare, quale circostanza tendenzialmente dissonante con l'attualità e l'intensità dell'esigenza cautelare, comporta l'obbligo per il giudice di motivare sia in relazione a detta attualità sia in relazione alla scelta della misura. Ciò valendo, in particolare, proprio per il reato di cui all'articolo 74 citato perché l'associazione ivi sanzionata non presuppone necessariamente l'esistenza di una struttura organizzativa complessa, essendo, al contrario, una fattispecie “aperta”, idonea a qualificare in termini di rilevanza penale situazioni fortemente eterogenee, oscillanti dal sodalizio a vocazione transnazionale all'organizzazione di tipo “familiare”; con la conseguenza che, in un panorama così variegato, il giudice deve valutare ogni singola fattispecie concreta, ove la difesa rappresenti elementi idonei, nella sua ottica, a scalfire la presunzione relativa operante per il reato de quo , ovvero a dimostrare l'insussistenza di esigenze cautelari o la possibilità di soddisfarle con misure di minore afflittività.
Quindi, nella specie, secondo la Corte, correttamente e motivatamente il giudice del riesame, aveva annullato la misura della custodia in carcere, tra l'altro proprio per il reato associativo, ritenendo prive di concretezza e di attualità le esigenze cautelari, in quanto la contestazione si riferiva a un'attività illecita marginale e comunque racchiusa in un arco temporale risalente nel tempo (cfr. sezione VI, 13 novembre 2015, Proc. Rep. Trib. Lecce in proc. D'Alema).
Cassazione – Sezione IV penale – Sentenza 1 giugno 2018 n. 24734