Amministrativo

Subappalto: dal 1° novembre "semplificazioni" o "complicazioni"?

Lo spirito riformatore del decreto "Semplificazioni bis" ha prodotto un quadro normativo dell'istituto pubblicistico "ibrido" contraddistinto da dubbi, perplessità e incertezze

di Francesca Graziosi

Scattano dal 1° novembre le nuove regole in tema di subappalto. Riflettendo sul nuovo assetto normativo e sulle implicazioni pratiche che ne derivano è lecito chiedersi se gli operatori del settore non saranno tormentanti, ancor più del solito, da innumerevoli dubbi e perplessità.

Dunque, dal 1° novembre è rimosso ogni limite quantitativo generale ed astratto al ricorso all'istituto in esame, con riferimento sia al subappalto c.d. "ordinario" sia al subappalto c.d. "qualificante".

A fronte di tale liberalizzazione, l'art. 105, comma 1 del Codice vieta l'affidamento a terzi dell'integrale esecuzione delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto, "nonché la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti e dei contratti ad alta intensità di manodopera".

Seppur il divieto imposto sia più che condivisibile, non è di certo scevra da incertezze l'interpretazione della perifrasi "la prevalente esecuzione delle lavorazioni relative al complesso delle categorie prevalenti".

Il termine "prevalente" identifica un concetto quantitativo indefinito che, oltre a rappresentare l'antitesi della ratio delle modifiche introdotte, pone in capo alla Stazione Appaltante pericolosi margini di discrezionalità in luogo del silenzio del Legislatore.
Inoltre, ancora più oscuro è il significato del termine in parola se rapportato al concetto giuridicamente inesistente del "complesso delle categorie prevalenti" poiché incomprensibile se posto in relazione all'accezione di "categoria prevalente" che contraddistingue, sin dagli albori, il nostro ordinamento (vedasi art. 18 Legge 55/1990, artt. 73, 74, 95 e 141 D.P.R. 554/1999, art. 37, comma 11 d.lgs. 163/2006, art. 108 D.P.R. 207/2010 e art. 3, comma 1, lett. oo-bis) d.lgs. 50/2016), forse dimenticata da un Legislatore frettoloso di allinearsi agli orientamenti della direttiva 2014/24/UE, evitando eventuali ed ulteriori procedure di infrazione simili alle cause C-63/18 (sez. V, sentenza 26 settembre 2019), C-402/18 (sez. V, 27 novembre 2019), C-395/18 (sez. V, 30 gennaio 2020).

Nell'ambito dello scenario fin qui prospettato, avendo riguardo alle categorie di opere specializzate, come dovrebbe essere interpretato l'art. 12, comma 2 della Legge 80/2014, tutt'ora vigente? Forse la Stazione Appaltante dovrebbe ricorrere ad una discrezionalità che non le appartiene?

Senza scendere nell'analisi dei particolari che renderebbero noiosa la trattazione, appare chiaro che anche in questo caso la tecnica legislativa modificativa dell'attuale impianto normativo ha rafforzato il fiorire di "commi – contro commi e combinati disposti" (copyright Gustavo Zagrebelsky) di difficile interpretazione e applicazione, così creando terreno fertile per contenziosi.

Aspetto meno problematico riguarda "la prevalente esecuzione dei contratti ad alta intensità di manodopera" poiché il concetto di "prevalenza" è definito all'art. 50 del Codice, che tuttavia evidenzia la totale assenza di riferimenti agli appalti di servizi e forniture in cui è prevista la c.d. "prestazione principale" (art. 48, comma 2 del Codice). Anche se la logica sottesa a quest'ultima risulta la medesima, a parere di chi scrive, sarebbe opportuno operare specifico riferimento ai lavori, ai servizi ed alle forniture in considerazione della sanzione della nullità contenuta nel comma 1 dell'art. 105 del Codice.

Altra previsione operativa decorrente dal 1° novembre è rinvenibile all'interno del terzo periodo del comma 2 dell'art. 105 del Codice nella seguente perifrasi: "Le stazioni appaltanti (…), indicano nei documenti di gara le prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto da eseguire a cura dell'aggiudicatario in ragione delle specifiche caratteristiche dell'appalto, ivi comprese quelle di cui all'articolo 89, comma 11, dell'esigenza, tenuto conto della natura o della complessità delle prestazioni o delle lavorazioni da effettuare, di rafforzare il controllo delle attività di cantiere e più in generale dei luoghi di lavoro e di garantire una più intensa tutela delle condizioni di lavoro e della salute e sicurezza dei lavoratori ovvero di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, a meno che i subappaltatori siano iscritti nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori di cui al comma 52 del medesimo articolo 1".

Bizzarro precetto che avrebbe estrinsecato la propria "utilità" ove limitato al recepimento delle petizioni di principio restrittive del subappalto della causa C-63/18 (sez. V, sentenza 26 settembre 2019) che meriterebbero indubbiamente maggior grado di dettaglio in ragione dell'autonomia riconosciuta alle Stazioni Appaltanti e della competenza delle Prefetture limitata a ristretti ambiti di attività, e non anche all'estro di precisare quanto già più che abbondantemente normato (d.lgs. 81/08, D.M. 49/2018) e di ipotizzare un'irrazionale autonomia dei subappaltatori.

Al comma 8 della disciplina in esame è introdotta, poi, la responsabilità in solido del contraente principale e del subappaltatore in relazione alle prestazioni oggetto del contratto di subappalto. Sebbene il codice civile non contenga una definizione di tale fattispecie, dottrina e giurisprudenza concordano nel qualificare il subappalto come un "contratto derivato" rispetto al quale non esiste alcun rapporto diretto tra subappaltatore e Stazione Appaltante, aprendo, dunque, ad uno scenario in cui i dubbi interpretativi fanno da padroni.

Lecito è chiedersi "come può la Stazione Appaltante, estranea al contratto tra appaltatore e subappaltatore e che semplicemente autorizza con atto il subappalto, agire direttamente nei confronti del subappaltatore?", e ancora "il subappaltatore potrà agire direttamente verso la Stazione Appaltante in caso di inadempienza dell'appaltatore?".

Al comma 14, oltre al riferimento al concetto di categorie prevalenti (forse perché "repetita iuvant"?), è profilata un'illogica condizione limitativa al subappalto a mezzo della perifrasi "qualora le attività oggetto di subappalto coincidano con quelle caratterizzanti l'oggetto dell'appalto ovvero riguardino le lavorazioni relative alle categorie prevalenti e siano incluse nell'oggetto sociale del contraente principale".

Il controsenso logico risiede nell'inapplicabilità della disciplina del subappalto unicamente alle prestazioni meramente strumentali a quelle oggetto del contratto ed alle prestazioni caratterizzanti l'oggetto dell'appalto, nonché nell'impossibilità di qualificare l'oggetto sociale, così come il certificato camerale, a requisito di idoneità professionale, e dunque comprova dell'esercizio di una determinata attività.

Ulteriore illogicità è contenuta nell'imposizione al subappaltatore di riconoscere "ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che avrebbe garantito il contraente principale, inclusa l'applicazione dei medesimi contratti collettivi nazionali". Limito le osservazioni in merito (che meriterebbero la stesura di un libro) evidenziando soltanto la violazione del disposto di cui all'art. 30 comma 4 del Codice e il mancato coordinamento con l'art. 105 comma 9 del Codice (Cons. di Stato, Sez. V, sent. 6786 del 03/11/2020), nonché la violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione e dell'art. 2069 del codice civile.

In conclusione, anche considerando i contenuti del recente parere del MIMS n. 998/2021, lo spirito riformatore del decreto "Semplificazioni bis" ha prodotto un quadro normativo dell'istituto pubblicistico "ibrido" contraddistinto da dubbi, perplessità e incertezze, tutt'altro che definito, e soprattutto, definitivo.

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