Civile

Sulla nebulosa questione delle fideiussioni bancarie si attende un indirizzo chiaro

La prassi bancaria, in molti casi la fragilità delle attività produttive operanti sul territorio nazionale, la necessità di tutelare il credito hanno contribuito a consolidare l'idea che le banche prestino i soldi a chi già li ha, oltre che a rendere l'accesso al credito spesso un acrobatico percorso ad ostacoli.

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di Anna Lisa Marino*

La prassi bancaria, in molti casi la fragilità delle attività produttive operanti sul territorio nazionale, la necessità di tutelare il credito hanno contribuito a consolidare l'idea che le banche prestino i soldi a chi già li ha, oltre che a rendere l'accesso al credito spesso un acrobatico percorso ad ostacoli.

Per ovviare a queste difficoltà il "rimedio" quasi sempre suggerito è stato - e continua ad essere - assai semplice: l'apertura di credito potrebbe essere concessa qualora i debiti societari fossero garantiti da un soggetto facilmente solvibile, disposto a mettere a disposizione il proprio patrimonio personale in caso di insolvenza della società. Le fideiussioni bancarie assolvono egregiamente a questo scopo e, trovata la soluzione ottimale, il rapporto con la banca si fluidifica ed è più semplice accedere al credito.

È purtroppo meno evidente un effetto, eventuale e apparentemente collaterale, del combinato disposto della concessione del credito e del corrispondente rilascio di fideiussioni, vale a dire la dissoluzione di fatto di ogni possibilità di tutela del patrimonio personale del fideiussore in caso di insolvenza del soggetto garantito.

Sono numerosissimi i casi di imprenditori, loro familiari o fiduciosi soci, che si sono trovati catapultati sul banco dei debitori per assolvere alle obbligazioni garantite. Si potrà ben sostenere che sono gli inciampi della vita e che gli incidenti di percorso sono sempre dietro l'angolo, ma è altrettanto indubbio che, in caso di negoziazione tra privati e istituti di credito, il dispiego di forze in campo non è ugualmente distribuito e che la forza negoziale delle banche non è certamente controbilanciata da quella della stragrande maggioranza dei loro clienti.

Fino ad oggi la possibilità per il fideiussore di trovare una soluzione in sede giudiziale si è rivelata estremamente incerta. Lo attesta il percorso giurisprudenziale tracciato fino a questo momento e che ha preso le mosse dalla nota sentenza delle Sezioni Unite. n. 2207 del 2005, il precedente che ha consentito di fissare la competenza del giudice ordinario, individuando l'ambito normativo di riferimento nella condotta anticoncorrenziale degli istituti di credito e nella conseguente violazione della disciplina antitrust.

Nel caso delle fideiussioni, com'è noto, la materia del contendere sulla quale sono chiamate a pronunciarsi le nostre corti riguarda lo schema contrattuale predisposto dall'ABI nel 2002, che ha avuto ampissima applicazione anche dopo la censura da parte della Banca d'Italia, intervenuta con il Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005.

L'Autorità Garante – all'epoca individuata appunto nella Banca d'Italia – all'esito di una lunga e complessa istruttoria, ha dichiarato che l'art. 2 dello schema (clausola di reviviscenza), l'art. 6 (rinunzia ai termini di cui all'art. 1957 c.c.), e l'art. 8 (sopravvivenza dell'obbligazione del garante in presenza di vizi dell'obbligazione garantita) sono lesivi delle norme sulla concorrenza.

La censura della condotta anticoncorrenziale posta in essere dalle banche, resa manifesta con l'accordo sul modello contrattuale della fideiussione, il c.d. "accordo a monte", ha incoraggiato il tentativo di resistenza dei fideiussori, sottoscrittori del c.d "accordo a valle". Se è vero che la strada processuale resta di fatto l'unica percorribile per tentare di arginare l'aggressione del patrimonio personale tuttavia il percorso è parecchio impegnativo e accidentato, vista la discordanza di pronunce e opinioni sulle sorti della garanzia sottoscritta tra l'istituto di credito e il debitore-garante.

L'attuale contrasto giurisprudenziale e dottrinale, che vede confrontarsi schieramenti opposti in punto di diritto su essenziali questioni oggetto d'indagine, conferma l'urgenza di un intervento chiarificatore.

Il 30 aprile scorso la I sezione civile della Corte di Cassazione ha preso atto della necessità di dare un indirizzo in materia, evidenziando come l'incertezza su elementi salienti della vicenda non possa protrarsi ulteriormente. Con l'ordinanza interlocutoria n. 11486/2021, che ha squadernato l'estrema incertezza dello stato dell'arte, focalizzando l'attenzione sui più rilevanti profili di contrasto, la parola è passata alle Sezioni Unite, alle quali è stato chiesto di pronunciarsi sulle seguenti questioni:

- se possa configurarsi un'ipotesi di nullità del contratto di fideiussione. Secondo alcuni interpreti, infatti, la nullità dell'accordo a monte – quello sanzionato dalla Banca d'Italia - non determina come conseguenza automatica l'invalidità delle fideiussioni bancarie. Secondo altri interpreti, invece, la nullità degli "accordi a valle" è la naturale conseguenza dell'effetto sanzionatorio della condotta anticoncorrenziale che, diversamente, si ridurrebbe a una sanzione meramente formale;

- quale tipo di nullità si possa configurare. In questi anni sono state formulate praticamente tutte le ipotesi di nullità possibili, dalla contrarietà a norme imperative all'illiceità della causa oppure dell'oggetto del contratto, dalla nullità derivata fino alla nullità c.d. di protezione.

- se la nullità del contratto di fideiussione sia totale o parziale. Nella citata ordinanza è stata richiamata, tra le altre, una pronuncia della stessa Suprema Corte del 2019, nel corpo della quale era stata sottolineata la necessità di valutare gli effetti della dichiarazione di nullità sul contratto di fideiussione. In quell'occasione gli Ermellini si erano soffermati sulla questione, osservando che non possa escludersi a priori l'applicazione dell'art. 1419 cod. civ. (nullità parziale);

- se sia necessario indagare la volontà delle parti contraenti, le quali potrebbero aver voluto sottoscrivere il contratto di fideiussione anche in mancanza delle clausole non conformi.

Come si vede, le questioni sottoposte all'attenzione delle Sezioni Unite sono di primissimo rilievo e certamente l'indirizzo interpretativo richiesto potrà consentire di diradare le nebbie che in questi anni hanno accompagnato l'accidentato percorso processuale delle fideiussioni bancarie. Usando una metafora pallavolistica, quest'ordinanza è la palla alzata per finalizzare un gioco protrattosi confusamente, intanto il pubblico resta in attesa di vedere in che modo sarà indirizzata l'azione.

*a cura dell'avv. Anna Lisa Marino, Centro Studi Borgogna


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