Penale

Sussiste arresto in flagranza da parte del privato quando viene esercitata la coazione

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di Giuseppe Amato

L'arresto in flagranza di reato da parte del privato, nei casi consentiti dalla legge ex articolo 383 del Cpp, si risolve nell'esercizio di fatto dei poteri anche coattivi e nell'esplicazione delle attività procedimentali propri degli organi di polizia giudiziaria normalmente destinati a esercitare tale potere, richiedendosi, quindi, un comportamento concludente che esprima l'intento di eseguire l'arresto, quale l'apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell'intento di eseguire l'arresto ovvero l'accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia. Lo chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 49047 del 2017. Quando, invece, il privato si limita a invitare il presunto reo ad attendere l'arrivo dell'organo di polizia giudiziaria, nel frattempo avvertito, non si versa nella fattispecie di cui all'articolo 383 citato, ma è semplice denuncia, consentita a ciascun cittadino in qualsiasi situazione di violazione della legge penale (fattispecie in cui la Corte, accogliendo il ricorso del pubblico ministero avverso il provvedimento di non convalida dell'arresto, ha ritenuto che si versava in ipotesi di arresto in flagranza di reato legittimamente eseguito dal privato vittima del reato di furto in abitazione, rientrante quindi nelle ipotesi di cui all'articolo 380 del Cpp, in cui il privato aveva esplicato sulla persona dell'autore, bloccandola e trattenendola, una vera e propria forma di coazione, funzionale all'apprensione della stessa e alla consegna all'organo di polizia).

Sulla facoltà di arresto in flagranza da parte del privato cittadino (articolo 383 del Cpp), in termini, sezione V, 17 febbraio 2005, Pm in proc. Dobrin, nonché sezione IV, 15 dicembre 1999, Pm in proc. Maaroufi, che, infatti, ha escluso essersi stato l'esercizio del potere di arresto in una fattispecie in cui dal testo del provvedimento impugnato risultava che il proprietario di un negozio si era limitato a invitare il presunto ladro a fermarsi e attendere l'arrivo della polizia, senza esplicare alcuna forma di coazione: la Corte, in proposito, ha osservato che l'arresto in flagranza da parte del privato richiede un comportamento concludente che esprima l'intento di eseguire l'arresto, quale l'accompagnamento coattivo del soggetto presso un ufficio di polizia, ovvero l'apprensione mediante esercizio della coazione previa dichiarazione dell'intento di eseguire l'arresto.

Nella decisione qui massimata, va peraltro osservato che la Cassazione ha evidenziato un ulteriore profilo di illegittimità dell'ordinanza di non convalida, giacché, in ogni caso, il giudice avrebbe potuto e dovuto apprezzare la sussistenza delle condizioni per l'arresto “in quasi flagranza” da parte della polizia giudiziaria, intervenuta, dopo l'intervento della vittima, in un contesto in cui l'autore del reato era stato trovato in possesso di oggetti provento del furto e di cacciaviti utilizzati per l'introduzione dell'abitazione. La Corte, in proposito, è in linea con le puntualizzazioni fornite di recente dalle sezioni Unite sulla “quasi flagranza” (cfr. sezioni Unite, 24 novembre 2015, Ventrice), in forza delle quali risulta ormai definitivamente stabilito che la “quasi flagranza” legittimante l'arresto da parte della polizia giudiziaria è configurabile tutte le volte in cui sia possibile stabilire un particolare “nesso” tra il soggetto e il reato che, pur superando l'immediata individuazione dell'arrestato sul luogo del reato, permetta comunque la riconduzione della persona all'illecito sulla base della continuità del controllo, anche indiretto, eseguito da coloro i quali si pongano al suo inseguimento. Tale condizione si può configurare nei casi in cui l'arresto avvenga in esito a inseguimento, ancorché protratto ma effettuato senza perdere il contatto percettivo anche indiretto con il fuggitivo, o nel caso di rinvenimento sulla persona dell'arrestato di cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima; ma non si può configurare nelle ipotesi nelle quali l'arresto avvenga in seguito a un'attività di investigazione, sia pure di breve durata, attraverso la quale la polizia giudiziaria raccolga elementi (dalla vittima, da terzi o anche autonomamente) valutati i quali ritenga di individuare il soggetto da arrestare, il quale beninteso non sia trovato con cose che lo colleghino univocamente al reato e non presenti sulla persona segni inequivoci riconducibili alla commissione del reato da parte del medesimo.

Corte di cassazione – Sezione V penale – Sentenza 25 ottobre 2017 n. 49047

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