Svista del giudice sanata dall’inerzia
Sanato dalla mancata impugnazione l’”errore” del giudice che viola la regola che gli impone di esaminare le questioni pregiudiziali prima di quelle di merito. Nullità scongiurata anche se la parte svantaggiata è quella vittoriosa in primo grado e oggetto di un appello incidentale. La Corte di cassazione, con la sentenza 30745 del 26 novembre scorso, nel decidere una controversia tra un privato al quale era stata rubata l’auto e la sua assicurazione, detta, d’ufficio, un principio di diritto per fare chiarezza sulle conseguenze della “svista” del giudice nel dare la precedenza alla questione pregiudiziale. I giudici ricordano che la memoria (articolo 183 comma sesto del Codice di procedura civile) consente all’attore di precisare e modificare le domande già proposte ma non di fare domande o sollevare eccezioni in conseguenza di quella riconvenzionale o muovendosi sulla scia delle eccezioni formulate dal convenuto. Possibilità che trovano spazio solo entro la prima udienza di trattazione, pena la decadenza.
Per quanto riguarda il giudice la Suprema corte ricorda che l’ordine in cui deve esaminare le questioni, imposto dal codice di rito civile (articolo 276, secondo comma) gli concede un certo margine di manovra ma “condizionato”. Lo lascia, infatti, libero di scegliere tra le questioni di merito quella assorbente e di più agevole e rapido scrutinio, anche se logicamente subordinata, in virtù del principio della cosiddetta ragione più “liquida”, lasciando però fermo l’obbligo di dare la priorità alle questioni pregiudiziali di rito.
Una regola che se, violata, costituisce una causa di nullità del procedimento. Un colpo di spugna che non è però irreversibile, perché la nullità “decade” a causa della mancata impugnazione. Manon solo. La nullità è sanata anche se la parte svantaggiata dall’errore è vittoriosa in primo grado ed appellata con appello incidentale.
Corte di cassazione – Sentenza 30745/2019