Amministrativo

Tacere in buona fede su una condanna penale non impedisce la concessione della cittadinanza

Nella vicenda 11 anni prima della richiesta, lo straniero aveva importato abusivamente 5 stecche di sigarette dal proprio Paese

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di Pietro Alessio Palumbo


La discrezionalità del ministero dell'Interno sul rilascio della cittadinanza italiana è molto estesa. Tuttavia – ha chiarito il Consiglio di Stato con il parere 1709/2022 - non può ritenersi esercitata a buon diritto quando sia stata operata attraverso forme di "automaticità" del giudizio di diniego per una non veritiera autocertificazione circa l'esistenza di precedenti penali di scarso allarme sociale e per di più risalenti nel tempo. Nella vicenda 11 anni prima della richiesta, lo straniero aveva importato abusivamente 5 stecche di sigarette dal proprio Paese.

Il ministero dell'Interno grazie all'ampio potere discrezionale che possiede , adeguatamente motivando, può negare la concessione della cittadinanza italiana al cittadino straniero nel caso in cui l'autocertificazione resa ai fini del conseguimento della cittadinanza non sia veritiera con riguardo a un precedente penale. La disciplina secondo cui il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera, si inserisce in un contesto in cui alla dichiarazione sullo status o sul possesso di determinati requisiti è attribuita funzione probatoria; da cui il dovere del dichiarante di affermare il vero. Ne consegue che la dichiarazione "non veritiera", al di là dei profili penali, preclude al dichiarante il raggiungimento dello scopo cui era indirizzata ovvero comporta la decadenza dall'utilitas conseguita per effetto del mendacio.

Nell'ambito della disciplina generale in cui la dichiarazione falsa o non veritiera opera come fatto, perde rilevanza l'elemento soggettivo, ovvero il dolo o la colpa del dichiarante. La comminatoria di decadenza è la naturale conseguenza dell'inidoneità della dichiarazione non veritiera a raggiungere l'effetto cui è preordinata; e la normativa in parola non richiede alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa, facendo invece leva sul principio di auto-responsabilità. Ma questione diversa è l'individuazione del "beneficio" o dei "benefici" rispetto ai quali opera la decadenza. Il beneficio o i benefici rispetto ai quali opera la sanzione della decadenza prevista dalla normativa generale sono solo quelli immediatamente perseguiti con la dichiarazione non veritiera e non quelli indirettamente ricollegabili al mendacio.

La questione va dunque risolta in base alla disciplina sostanziale di settore. Ad esempio in materia di contratti pubblici, la sanzione dell'esclusione dalla gara, conseguente alla dichiarazione falsa o non veritiera del partecipante è prevista dalla legge in materia di contratti pubblici, e non è effetto della disciplina generale. Deve rilevarsi che, nella disciplina sul rilascio della cittadinanza italiana la dichiarazione del richiedente riguardante i precedenti penali non comporta l'acquisizione del beneficio. L'autocertificazione ha lo scopo di portare a conoscenza dell'amministrazione una serie di elementi di valutazione riguardanti la situazione personale ed economica del richiedente, rilevanti ai fini di apprezzarne l'avvenuta integrazione in Italia tale da poterne affermare la compiuta appartenenza alla comunità nazionale, e l'assenza di cause ostative collegate a ragioni di sicurezza della Repubblica e all'ordine pubblico.
In quest'ambito, può assumere rilevanza l'elemento soggettivo del richiedente e la distinzione tra dichiarazione "mendace", "erronea", "omissiva" o "reticente", da accertarsi in concreto, caso per caso. La distinzione tra le fattispecie di dichiarazione non veritiera non risiede nell'oggetto della dichiarazione, che è sempre lo stesso - le pregresse vicende - quanto, piuttosto, nella condotta del dichiarante. Mentre il concetto di falso, nell'ordinamento vigente, si desume dal codice penale, nel senso di attività o dichiarazione consapevolmente rivolta a fornire una rappresentazione non veritiera - e dunque il falso non può essere meramente colposo, ma deve essere doloso - invece, la mera condotta colposamente omissiva o semplicemente erronea è priva di quel carattere offensivo della fede pubblica tutelata dalle norme penali vigenti.

Nel caso di cui in vicenda, la dichiarazione resa dal ricorrente non solo non comportava l'acquisizione diretta del beneficio - acquisto dello status di cittadino italiano - ma neppure presentava i caratteri della dichiarazione "mendace", potenzialmente configurabile come reato. Il comportamento del richiedente mancava di dolo e di colpa, in quanto giustificato dall'inconsapevolezza della condanna, avendo lo stesso dichiarato di non aver avuto conoscenza del decreto penale e di non aver ricevuto richieste di pagamento o procedimenti di esazione relativi a somme da pagare in conseguenza del provvedimento di condanna riportata. È in altre parole mancata non solo l'intenzione di ingannare, ma anche la stessa consapevolezza del disvalore sociale della propria autodichiarazione; o comunque la volontà della trasfigurazione del vero nella consapevolezza di porre in essere una condotta dotata di rilevanza.

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