Amministrativo

Tar, la carenza di docenti non autorizza il numero chiuso nelle facoltà umanistiche

La carenza di docenti non rientra tra le ragioni che giustificano l'adozione del numero chiuso per l'accesso all'Università. Il Tar del Lazio, ordinanza 4478/2017 del 31 agosto, ha così accolto l'istanza cautelare presentata dall'Udu - Unione degli Universitari, sospendendo l'efficacia della barriera all'ingresso disposta per il primo anno dei corsi di laurea in Filosofia, Lettere, Scienze dei beni Culturali, Scienze umane, dell'ambiente, del territorio e Storia, Lingue e letterature straniere e comunque di tutte le facoltà umanistiche dell'Università degli Studi di Milano. L'udienza di trattazione pubblica si terrà a fine anno accademico, il 9 maggio del 2018.

In particolare, insieme all'Udu, il ricorso portava la firma anche di tre studenti che il prossimo 4 settembre avrebbero dovuto sostenere le prove di ammissione per frequentare i corsi di laurea in “Scienze dei beni culturali e in “Lingue e letterature straniere”, in “Storia” e in “Filosofia”. Nella motivazione il Tribunale ricorda i corsi di laurea per i quali la legge 264 del 1999 ha programmato gli accessi: medicina, scienze della formazione, architettura e tutti quelli per i quali si preveda l'utilizzo di laboratori ad alta specializzazione.

«Ad un primo sommario esame proprio della fase cautelare», afferma dunque il Tar, essi «non paiono collimare con quelli richiamati dalle norme primarie di riferimento, ovvero Filosofia, lettere, Scienze dei beni culturali, Scienze umane dell'ambiente, del territorio e del paesaggio, Storia e Lingue e Letterature Straniere».

Non solo, dalla relazione dell'Università di Milano (agli atti) emerge che il numero chiuso non è stato ispirato da necessità legate «all'utilizzazione di laboratori ad alta specializzazione, di sistemi informatici e tecnologici o comunque di posti-studio personalizzati», bensì a carenza di un numero complessivo di docenti tale che «mantenendo numeri non sostenibili nei corsi dell'area umanistica, l'Ateneo risultasse non in linea con i requisiti di docenza previsti dal sistema di accreditamento vigente, esponendosi di conseguenza alla sanzione che comporta sia l'attivazione condizionata (per un solo anno) dei corsi di studio che non si trovino a rispettare i requisiti di docenza in attesa delle misure necessarie per superare tali carenze, sia l'impossibilità di attivare “nuovi corsi di studio”, se non a seguito della disattivazione di un pari numero di corsi». Per cui, conclude il Tar, il ricorso evidenzia «sufficienti profili di fondatezza», e sussistano i profili di «pregiudizio paventati dai ricorrenti».

«Ora che il Tar del Lazio ci ha dato ragione - si legge nella nota dell'Udu - possiamo dirci estremamente soddisfatti per una vittoria storica che ha riflessi nell'immediato sul futuro di tutti coloro che avrebbero dovuto sostenere il test nei prossimi giorni e sulle decisioni presenti e future prese da quegli atenei che hanno introdotto programmazioni dell'accesso illecite». Gli studenti ricordano come avessero denunciato «sin da subito come la delibera adottata dagli organi accademici contenesse vizi formali e sostanziali mancando di fatto sia una maggioranza vera che il rispetto della normativa nazionale, prima su tutte la legge 264/99».

Tar del Lazio - Ordinanza 31 agosto 2017 n. 4478

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