Tar Lazio: esecuzione forzata, adeguati i compensi per professionisti esterni
Non sono inadeguati i compensi per le operazioni delegate dal giudice dell'esecuzione a professionisti esterni (avvocati, notai e commercialisti) fissati dal decreto del ministro della Giustizia il 15 ottobre 2015 (adottato di concerto con il ìministro dell'Economia). Il Tar Lazio, sentenza 1738 del 14 febbraio, ha respinto il ricorso presentato dal Consiglio dell'ordine degli Avvocati di Velletri contro Via Arenula per l'annullamento del decreto. La decisione in primis ricorda che a seguito di una serie di interventi normativi, iniziati nel 1998, in materia di vendita dei beni sottoposti ad esecuzione forzata, è stata introdotta la possibilità di delegare a professionisti privati gli adempimenti liquidativi, sia con riferimento ai beni immobili (articoli 591 bis e ter c.p.c) sia con riferimento ai beni mobili registrati (articoli 534-bis e ter c.p.c.). I professionisti devono essere iscritti nell'elenco istituito presso ogni Tribunale ed in regola con la formazione.
Così ricostruito il quadro, il collegio ricorda come i compensi sono stati divisi in tre scaglioni di valore e che l'«adeguatezza» è comunque garantita dalla possibilità di variare in aumento gli importi da parte del giudice dell'esecuzione in base alla complessità delle attività svolte (fino al 60% per i beni immobili, e fino al 30% per i beni mobili registrati). Infine, osserva la decisione, l'iscrizione nell'elenco «è chiaramente legata a una scelta del singolo professionista, che può non effettuarla ove non la ritenga conveniente o conforme alla sua dignità professionale». Si deve infatti tenere anche conto che «gli importi liquidati gravano sulla procedura e, per conseguenza, sul ceto creditorio e, in via residuale, sul debitore pignorato, con un effetto diretto sugli scopi di adeguatezza e di satisfattività che informano l'intero processo espropriativo e che, in tesi, la degiurisdizionalizzazione delle operazioni materiali di vendita dovrebbe agevolare». Quanto infine al «mancato allineamento dei compensi alle tariffe di mercato», per prima cosa, osserva il Tar, «non è supportato da alcuna prova e, comunque, trova logica compensazione nel fatto che anche il reperimento dell'incarico non avviene nel libero mercato».
Tar Lazio – Sentenza 14 febbraio 2018 n. 1738
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di Luca Emanuele Ricci