Terzo datore di ipoteca, criticità e soluzioni legate alla scelta di tale forma di garanzia
La parent company si qualifica come terzo datore di ipoteca ed è soggetta ad una disciplina particolare, in parte sovrapponibile alle regole previste per il debitore principale.
Nella prassi commerciale può verificarsi che una parent company costituisca un'ipoteca sul proprio immobile, a garanzia del debito della propria subsidiary.
In questo caso, la parent company si qualifica come terzo datore di ipoteca ed è soggetta ad una disciplina particolare, in parte sovrapponibile alle regole previste per il debitore principale.
Vediamo quali potrebbero essere i problemi pratici nella scelta di questa forma di garanzia.
Evidentemente, il problema si pone nel caso in cui – riprendendo l'esempio su esposto - la subsidiary non provveda ad estinguere il proprio debito.
In tal caso, il creditore otterrà un titolo esecutivo nei confronti del proprio debitore (la subsidiary) e, qualora questa non adempia nemmeno in seguito dell'ordine del giudice, procederà esecutivamente anche nei confronti del terzo datore di ipoteca (parent company).
Il terzo datore di ipoteca, quindi, riceverà la notificazione del precetto (ovvero, dell'intimazione di pagamento che precede l'esecuzione forzata) e del titolo esecutivo, quale "soggetto responsabile senza debito", ai sensi dell'art. 602 c.p.c..
Il terzo datore d'ipoteca non è destinatario dell'atto di precetto ma viene solo avvertito dell'inizio dell'esecuzione in qualità di terzo proprietario.
A questo punto, il terzo datore di ipoteca, sebbene non sia tenuto al pagamento spontaneo dell'importo precettato, potrà adempiere spontaneamente al fine di evitare l'espropriazione laddove avesse un interesse a mantenere la proprietà del bene ipotecato.
Alternativamente, ai sensi dell'art. 2870 c.c., ha la possibilità di opporsi all'esecuzione facendo valere eventualmente le eccezioni proponibili dallo stesso debitore esecutato contestando tanto il diritto del creditore a procedere con l'esecuzione, quanto gli eventuali vizi dei singoli atti dell'esecuzione stessa.
Qualora, invece, non si opti per le soluzioni suddette il terzo datore di ipoteca subirà l'esecuzione forzata.
Tuttavia, "il terzo datore di ipoteca non è personalmente obbligato nei confronti del creditore con tutti i suoi beni, ma è unicamente soggetto all'azione esecutiva di quest'ultimo limitatamente al bene su cui è stata accesa ipoteca" (Tribunale Roma, 20/06/1995). Il creditore, quindi, per aggredire il bene ipotecato non avrà bisogno di ottenere "un titolo esecutivo autonomo, ma è sufficiente quello ottenuto contro il debitore diretto" (Cass. civ., sent. I, 6 maggio 1975,1746).
Da tenere a mente è l'impossibilità del terzo datore di ipoteca di avvantaggiarsi del beneficium excussionis, ovvero del diritto di pretendere la previa escussione da parte del creditore nei confronti del debitore principale (art. 2868 c.c.). In altri termini, una volta ricevuto il pignoramento ne subirà passivamente (o quasi) gli effetti, salvo poi rivalersi sulla subsidiary (ammesso che sia solvibile!).
Vi è poi da considerare che dalla notifica dell'atto di pignoramento, il terzo datore di ipoteca è tenuto a custodire il bene pignorato e ad "astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni che si assoggettano all'espropriazione e i frutti di essi". Questo limiterebbe la disponibilità del bene ipotecato. In altri termini, la parent company non potrà per esempio procedere alla vendita del bene ipotecato.
Però "può chiedere di sostituire alle cose o ai crediti pignorati una somma di denaro pari all'importo dovuto al creditore pignorante e ai creditori intervenuti, comprensivo del capitale, degli interessi e delle spese, oltre che delle spese di esecuzione" ex art. 495 c.p.c.
Vi è, tuttavia, da considerare che poiché il terzo datore di ipoteca non è soggetto al divieto di cui all'art. 571 c.p.c. che impedisce al debitore di ricomprare il bene oggetto di esecuzione immobiliare, la parent company del nostro esempio ben potrebbe partecipare alla procedura di vendita offrendo un prezzo legato alla valutazione del bene fatta dall'esperto nominato dal tribunale come scontato per il caso di successive udienze di vendita deserte.
Infine, in virtù del principio di sequela, il debito segue l'ipoteca. In altri termini, se il bene gravato da ipoteca viene trasferito – senza provvedere alla cancellazione dell'ipoteca – l'acquirente assume la posizione assimilabile al terzo datore di ipoteca.
Ne discende che, in tal caso, la parent company non sarebbe più obbligata al pagamento della propria subsidiary. Il creditore della subsidiary, infatti, può aggredire solo il bene su cui è costituita l'ipoteca, indipendentemente dal proprietario.
Dall'altro lato, però, di fatto difficilmente si riesce a vendere un bene gravato da ipoteca senza la previa cancellazione della stessa, o comunque la vendita avverrà a condizioni economiche decisamente svantaggiose.
Quindi, la parent company quando sceglie di costituire l'ipoteca a garanzia della subsidiary dovrà considerare le difficoltà legate alla vendita del bene e al rischio di dover pagare il debito altrui maggiorato dai costi del giudizio esecutivo poiché la parent company viene formalmente a conoscenza del debito della propria subsidiary solo con l'atto di precetto.
* di Claudia Utile, Lawyer DLA Piper