Responsabilità

Testate online, la richiesta inevasa di aggiornare la notizia fa scattare il risarcimento

Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 6116 depositata oggi

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di Francesco Machina Grifeo

La Cassazione, sentenza n. 6116 depositata oggi, detta le regole per il risarcimento del danno in caso di mancata rimozione, da un giornale online, di una notizia non aggiornata relativa ad un procedimento penale. Una notizia, in ipotesi, causa di possibili danni reputazionali per la persona citata.

Per la Terza sezione civile, che su questo afferma un principio di diritto, deve ritenersi che "la persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale - pubblicata nell'esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornata con i dati relativi all'esito di tale procedimento - non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria". "Tuttavia – prosegue l'arresto della suprema Corte -, il soggetto cui la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l'aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l'ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta (fermo l'onere di allegazione e prova del pregiudizio da parte dell'interessato)".

Il caso era quello di un uomo oggetto di un articolo da parte di una testata locale di un grande gruppo editoriale in cui si riportava il suo coinvolgimento in un procedimento penale senza però poi aggiungere che egli ne era uscito "per non aver commesso il fatto". Proposto ricorso per la rimozione della notizia e per il risarcimento i giudici di merito lo avevano respinto dichiarando la cessata materia del contendere in quanto l'articolo, a seguito della richiesta dell'interessato, era sto rimosso. Per la Corte di appello di Trieste, la testata giornalistica si era «attivata velocemente per assicurare l'eliminazione dell'articolo, oltreché per pubblicare un ulteriore articolo avente ad oggetto le sentenze assolutorie». Contro questa decisione, il ricorrente in Cassazione ha lamentato che la decisione non aveva statuito nulla circa il risarcimento richiesto per la pubblica esposizione sul web durata un decennio di una notizia non aggiornata.

Per la Cassazione la questione è quella della configurabilità o meno di una lesione della reputazione e di una correlata pretesa risarcitoria a seguito della permanenza nel sito web di una testata giornalistica di una notizia vera, ma 'datata' e non aggiornata. Ebbene, per il Collegio, da una parte, non si può affermare tout court e in termini generali un obbligo di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo (di cui non sarebbe neppure agevole una predeterminazione generalizzata), dato che ciò imporrebbe un onere estremamente gravoso e pressoché impossibile da rispettare a carico delle testate giornalistiche titolari dei siti web, al quale potrebbe non corrispondere un concreto interesse dei soggetti cui si riferiscono le notizie. Dall'altra, però, "deve riconoscersi alla persona interessata dalla persistenza di una pubblicazione che reputi a sé pregiudizievole il diritto di tutelare la propria reputazione e di richiedere l'aggiornamento del sito o la rimozione della notizia, con la conseguenza che, una volta che sia stata formulata una siffatta richiesta, il rifiuto ingiustificato di aggiornamento o rimozione risulta idoneo a integrare una condotta illecita tale da giustificare il risarcimento del danno prodottosi a partire dalla richiesta di aggiornamento/rimozione (danno che ovviamente va allegato e provato, anche in via presuntiva)".

Del resto, una soluzione del genere, prosegue il ragionamento, "realizza un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi" e si pone in linea di continuità con quanto già stabilito (Cass. n. 5505/2012) circa la possibilità/necessità di «compartecipazione dell'interessato nell'utilizzazione dei propri dati personali ... ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l'aggiornamento, l'integrazione».

In tal senso, ricostruisce la Corte, orientano anche l'articolo 7 Dlgs 152/2006 (secondo cui l'interessato "ha diritto di ottenere" l'aggiornamento o la cancellazione) e l'articolo 17 Regolamento UE 679/2016 (che fa parimenti riferimento al diritto dell'interessato a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati che lo riguardano, cui si correla il dovere del secondo di provvedervi senza ingiustificato ritardo). Entrambe le norme, dunque, "fanno dipendere dall'iniziativa dell'interessato il dovere del titolare del trattamento di attivarsi per la modifica del dato e mal si prestano a sostenere l'affermazione di un dovere dell'anzidetto titolare (sanzionato a livello risarcitorio) di procedere alla modifica di propria iniziativa".

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