Comunitario e Internazionale

Trattamento acque reflue, la Corte Ue condanna nuovamente l’Italia

Sanzione di 10 milioni (a cui aggiungerne 13,7mln ogni sei mesi di ulteriore ritardo) per il mancato rispetto degli obblighi in materia di raccolta e trattamento per quattro agglomerati. L’Italia era stata già condannata nel 2014

di Francesco Machina Grifeo

C’è anche Courmayeur, la perla della Valle d’Aosta, tra i quattro agglomerati che a 20 anni di distanza dal termine ultimo per il recepimento della direttiva Ue e ad 11 anni dalla condanna del 2014 - in quel momento erano 41 - ancora non si sono conformati agli obblighi comunitari sul trattamento delle acque reflue. Le altre località che proseguono con gli sversamenti fuori norma, peraltro in aree definite “sensibili”, sono tutte in Sicilia e sono: Castellammare del Golfo I, Cinisi, Terrasini, mentre Trappeto è uscita dalla lista, all’ultimo minuto, avendo completato i lavori dell’impianto di trattamento.

La Corte Ue, sentenza nella causa C-515/23, ha nuovamente condannato il BelPaese a pagare una somma forfettaria di 10 milioni di euro, a cui aggiungere una penalità di 13,687 mln per ogni semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 2014; i termini partono da oggi e si protraggono fino alla completa esecuzione.

La direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, ricorda la decisione, mira a proteggere la salute umana e l’ambiente imponendo la raccolta e il trattamento delle acque reflue urbane prima dello scarico nell’ambiente.

Il ricorso - La Commissione europea, ritenendo che l’Italia non si fosse ancora pienamente conformata ha dunque proposto un nuovo ricorso per inadempimento, diretto all’imposizione di sanzioni pecuniarie. Nella sentenza depositata oggi, la Corte constata che, in relazione ai cinque agglomerati indicati, l’Italia non aveva adottato tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 2014 alla data di scadenza del termine impartito nella lettera di costituzione in mora (il 18 maggio 2018), e che, con riferimento a quattro agglomerati, tale inadempimento persisteva ancora alla data dell’udienza (13 novembre 2024).

Nel fissare l’importo delle sanzioni pecuniarie, la Corte ha tenuto conto della gravità dell’infrazione, della sua durata e della capacità finanziaria dello Stato membro.

Il danno all’mbiente - La decisione sottolinea in particolare che l’assenza di trattamento delle acque reflue urbane costituisce un danno all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave. Sebbene il danno ambientale, afferma la Corte, sia diminuito grazie alla riduzione significativa del numero di agglomerati, che sono passati da 41 nel 2014 a 4, un pregiudizio all’ambiente, seppur minore, tuttavia persiste, tanto più grave se si considera che i quattro agglomerati non conformi scaricano le loro acque reflue in aree sensibili.

Infine, la Corte rileva il lungo periodo di mancata esecuzione trascorso dalla sentenza del 2014, sottolineando che si tratta di una durata eccessiva, pur riconoscendo che c’è bisogno di diversi anni per i lavori infrastrutturali.

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