Tribunale, la Bce non deve risarcire la famiglia Malacalza su Banca Carige
Lo ha deciso il Tribunale dell’Unione euroea pronunciandosi sull’azione giudiziaria presentata da Malacalza Investimenti e Vittorio Malacalza
La Banca centrale europea non deve un risarcimento da 880 milioni di euro agli ex azionisti di riferimento di Banca Carige, la famiglia Malacalza. Lo ha deciso il Tribunale Ue, Sentenza nella causa T-134/21, Malacalza Investimenti e Malacalza/BCE, pronunciandosi sull’azione giudiziaria presentata da Malacalza Investimenti e Vittorio Malacalza. Il ricorso era incentrato sulle azioni o omissioni della vigilanza Bce su Carige a partire dal 2014 e sull’amministrazione straordinaria a inizio 2019 della banca (oggi in Bper). Dopo un investimento cumulato per ben oltre mezzo miliardo i Malacalza avevano il 27,5% della banca a fine 2018.
La vicenda - Banca Carige è un ente creditizio di grandi dimensioni stabilito in Italia, quotato in Borsa e soggetto alla vigilanza prudenziale diretta della Banca centrale europea dal 2014. Tra il 2015 e il 2019, quest’ultima ha adottato diverse misure di intervento di supervisione. Il ricorso è stato proposto dalla Malacalza Investimenti, società di investimento, e da Vittorio Malacalza, azionista privato. I due ricorrenti chiedono al Tribunale dell’Unione europea di condannare l’Unione a versare loro le somme, rispettivamente, di 870.525.670 di euro (per la prima) e di 9.546.022 di euro (per il secondo), a titolo di risarcimento del danno che ritengono di aver subìto a causa di azioni intraprese dalla Bce. A loro avviso, alcune di tali azioni sarebbero contrarie ai doveri connessi a tali funzioni, in particolare ai principi di tutela della proprietà, proporzionalità, buon andamento dell’amministrazione, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, buona fede e tutela del legittimo affidamento.
La decisione - Nella sua sentenza il Tribunale ricorda che, affinché si possa accertare una responsabilità extracontrattuale dell’Unione, gli individui e le imprese devono dimostrare che tre condizioni sono cumulativamente soddisfatte: l’illiceità del comportamento imputabile all’istituzione o ai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento denunciato e il danno lamentato. La prima di tali condizioni è soddisfatta quando il comportamento contestato implica una norma giuridica preordinata a conferire diritti agli individui e alle imprese e quando la violazione contestata all’istituzione è sufficientemente qualificata. A tale titolo, la Malacalza Investimenti e Vittorio Malacalza devono dimostrare che la Bce ha violato in modo grave e manifesto, abusando del suo potere discrezionale, una norma di diritto dell’Unione che conferisce loro diritti. Nella sua sentenza, il Tribunale conclude che tale requisito non è stato soddisfatto. Infatti, «o le norme rilevanti del diritto dell’Unione non conferiscono alcun diritto agli individui e alle imprese, o la violazione di non è sufficientemente qualificata, o gli argomenti della Malacalza Investimenti e di Vittorio Malacalza sono irricevibili».
Il Tribunale respinge quindi il ricorso senza valutare se siano soddisfatte le altre condizioni per l’accertamento di una responsabilità extracontrattuale dell’Unione.
Contro la decisione del Tribunale può essere presentata impugnazione alla Corte entro due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della sua notifica, limitatamente alle questioni di diritto.