Famiglia

Assegno divorzile, alle sezioni Unite la possibilità di valutare anche la convivenza anteriore all'unione civile

L'ordinanza interlocutoria della Suprema corte n. 2507 ha rimesso gli atti alle sezioni Unite per la relativa soluzione

di Valeria Cianciolo

Ai fini del riconoscimento dell’assegno di cui all’articolo 5, comma 6, della legge 1° dicembre 1970 n. 898 nel caso di unione civile conclusa ai sensi dell’articolo 1 comma 25 della legge 20 maggio 2016 n. 76 per la quale è stato pronunciato lo scioglimento, è possibile valutare i fatti anteriori alla costituzione dell’unione civile intercorsi fra le parti?

La questione afferente al criterio normativo della durata legale del rapporto di convivenza, anteriore alla celebrazione dell’unione civile ai fini della determinazione dell’assegno divorzile, secondo il collegio di legittimità presenta una serie di ragioni per palesarsi come questione di particolare importanza ex articolo 374, 2 comma, del codice di procedura civile.

Pertanto, l’ordinanza interlocutoria della Suprema corte n. 2507/2023 (Cassazione civile, sezione I, ordinanza interlocutoria 27 gennaio 2023 n. 2507 – Presidente Valitutti,  Relatore Conti) ha rimesso gli atti al I Presidente per le valutazioni di competenza in ordine alla possibile assegnazione della questione alle sezioni Unite per la relativa soluzione.

 

Il caso. Tizia e Caia dopo un periodo di convivenza, si univano civilmente successivamente alla promulgazione della Legge Cirinnà e dopo due anni decidevano di sciogliere la loro unione civile.

Il Tribunale attribuiva a Caia, quale parte economicamente più debole, un assegno periodico tenuto conto dello squilibrio economico delle due parti, determinato dalle scelte di vita fatte dalla parte economicamente più debole, che aveva lasciato il lavoro, scegliendo un'altra occupazione meno retribuita e cambiato città per vivere con Tizia. Pertanto, la decisione teneva conto, per la determinazione dell’assegno divorzile, non solo del periodo successivo all'unione civile, ma anche del periodo di convivenza precedente all'unione medesima, trovando applicazione in caso di scioglimento dell'unione civile, i principi previsti in tema di assegno divorzile per le coppie eterosessuali. Si legge nell’ordinanza: “opportuno applicare, anche per ragioni di pari trattamento, costituzionalmente orientato, all’assegno a seguito dello scioglimento dell’unione civile le medesime argomentazioni interpretative espresse dalle Sezioni Unite con la nota sentenza n. 18287/2018 in tema di assegno divorzile

La Corte d’Appello ribaltava la decisione di primo grado sostenendo che Caia non aveva subito alcun decremento economico e inoltre, posto che il periodo di convivenza era insorto fra le due donne, prima dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà, non potevano valutarsi fatti pregressi.

La decisone veniva impugnata sulla base di quattro motivi, uno dei quali, il quarto, intercetta la rilevanza ai fini dell’assegno divorzile della convivenza prematrimoniale. Il Collegio ha richiesto, per la novità del problema sollevato che riguarda la collettività e la decisione di un numero rilevante di controversie, l’intervento delle Sezioni Unite la cui nomofilachia “è un farsi, un divenire che si avvale dell'apporto dei giudici del merito e delle riflessioni del Collegio della Sezione rimettente, dell'opera di studio e di ricerca del Massimario, degli approfondimenti scientifici e culturali offerti dagli incontri di studio organizzati dalla Formazione decentrata presso la Corte, delle sollecitazioni e degli stimoli, espressione di ius litigatoris, derivanti dalle difese delle parti e del contributo, ispirato alla salvaguardia del pubblico interesse attraverso il prisma dello ius constitutionis, del pubblico ministero.” (cfr. par. 9.19 dell’ord. interl.).

Sul punto, occorre ricordare che con ordinanza interlocutoria 18 ottobre 2022, n. 30671, la Cassazione civile è stata chiamata a esprimersi sul valore legale o meno della convivenza prematrimoniale ai fini della “durata del matrimonio” (articolo 5, legge n. 898/1970) e della conseguente determinazione dell’assegno divorzile e la questione è ad oggi, pendente.

E’ di tutta evidenza che la Suprema Corte con l’ordinanza interlocutoria 2507/2023, nel rimettere la questione alle sezioni Unite per dirimere la questione di non secondaria importanza relativa allo scioglimento dell’unione civile, vuole dare una risposta unitaria nel rispetto del principio di uguaglianza fra coppie eterosessuali e omosessuali, per non incorrere in giudizi di irragionevolezza.

 

Le questioni all’esame della Cassazione

La disciplina delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, introdotta con legge n. 76/2016, è modellata su quella del matrimonio e per quel che riguarda il suo scioglimento, richiama la maggior parte delle norme di cui alla legge n. 898/1970, pur con delle peculiarità e anomalie: ad esempio, la Legge Cirinnà non richiama l’articolo 1 della legge 898/1970, pertanto, lo scioglimento dell’unione civile non è subordinato all’accertamento dell’impossibilità di mantenere o ricostituire la comunione materiale o spirituale della coppia. Ma lo stesso articolo 1 legge  div. che, per le modalità di svolgimento del tentativo di conciliazione, rimanda al successivo articolo 4, espressamente richiamato dalla disciplina sull’unione civile e in forza del rinvio operato dall’articolo 1, comma 25, legge n. 76/2016 all’articolo 4 della legge divorzile, si impone l’applicazione dell’istituto tentativo di conciliazione.

Allo scioglimento dell’unione civile, il comma 25 dell’articolo 1 della legge n. 76/2016 rinvia alla disciplina predisposta per il divorzio dalla legge n. 898/1970, in particolare, in riferimento all’attribuzione dell’assegno divorzile, ma la Legge Cirinnà non fa riferimento al periodo anteriore all’unione civile.

E non lo fa perché il riferimento alla convivenza prematrimoniale, percorso di vita fra due persone - assimilabile al matrimonio o all’unione civile - e dove i vincoli di solidarietà esistono nella prospettiva di un progetto comune di vita fra due persone, non è presa in considerazione dal comma 6 dell’art. 5 della Legge sul divorzio. E dunque, la questione è aperta, a fronte di una giurisprudenza di legittimità e di merito che ha definitivamente riconosciuto la convivenza more uxorio tra quelle formazioni sociali idonee a consentire lo sviluppo della personalità umana, come pure a livello convenzionale, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha affermato che seppure non coniugate, alle coppie conviventi deve essere riconosciuta la tutela della vita familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali, poiché risulterebbe difficile negare che il diritto a fondare una famiglia non comprenda il diritto di vivere insieme.

La giurisprudenza di legittimità ha da tempo accolto tale apertura, soprattutto in riferimento alla pensione di reversibilità, sostenendo che il periodo di convivenza prematrimoniale può essere un idoneo elemento per dare al beneficio della reversibilità la sua funzione perequativa, e dunque, la ripartizione del trattamento economico va realizzata, non solo sulla base del criterio della durata dei rispettivi matrimoni, ma anche considerando l’entità dell’assegno di mantenimento riconosciuto all’ex coniuge, le condizioni economiche dei due e la durata delle rispettive convivenze prematrimoniali, così come da indirizzo espresso in diversi precedenti della Corte di cassazione (cfr. Cassazione Civile sentenze n. 16093/2012, n. 6019/2014 e n. 21598/2014).

Se così è, ai fini della determinazione del quantum dell’assegno divorzile, è ammissibile prendere in considerazione anche il periodo di convivenza prematrimoniale computandolo nella “durata del matrimonio”. Ancora una volta, la giurisprudenza attenta al mutamento del costume sociale, si è spinta in una direzione sempre più aperta al riconoscimento della convivenza, in questo caso, ai fini della determinazione dell’assegno divorzile.

Sia l’ordinanza interlocutoria del 18 ottobre 2022, n. 30671 sia quella in esame, del 27 gennaio 2023 n. 2507 viaggiano sulla stessa lunghezza d’onda.

Nel caso prospettato nell’ordinanza interlocutoria in commento, il Presidente del Tribunale di Pordenone in sede provvisoria, con provvedimento ex art. 4, comma 8, legge n. 898/1970, del 13 marzo 2019 ritenendo sussistente un evidente divario tra le condizioni economico-patrimoniali delle parti ed accertate le cause di detto squilibrio, ha disposto un contributo perequativo a carico della parte più abbiente, tenendo conto del pregresso periodo di convivenza intrapreso prima dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà avvenuta nel 2016: “… Appare altamente verosimile che nel corso della stabile convivenza delle parti in causa, con inizio già nell’autunno del 2013, siano state adottate dalla signora [...] decisioni in ordine al trasferimento della propria residenza e all’attività lavorativa dettate non solo dalla maggior comodità del posto di lavoro rispetto ai luoghi di convivenza (…), ma anche dalla necessità di coltivare al meglio la relazione e trascorrere quanto più tempo possibile con la propria compagna, non comprimendo il tempo libero con le ore necessarie per il trasferimento da …a… per almeno due volte al giorno. Deve, quindi, ritenersi, in relazione a scelte riconducibili alla vita comune, che la signora [...] abbia costituito un nuovo proprio centro di interessi in …e abbia rinunciato, per le ragioni sopra esposte, a una attività lavorativa leggermente meglio remunerata rispetto a quella attuale.”

Dunque, la misura dell’assegno provvisorio dato con l’ordinanza presidenziale è stata determinata valutando anche il periodo di convivenza anteriore alla costituzione dell’unione civile, criterio questo che, come sopra specificato, è stato utilizzato ai fini della ripartizione della pensione di reversibilità fra divorziato e coniuge superstite, ma non ancora per la determinazione del quantum dell’assegno divorzile come si dovrebbe per il rispetto del principio di ragionevolezza.

Gli Ermellini con l’ordinanza interlocutoria 18 ottobre 2022, n. 30671 ricordano: “…La convivenza prematrimoniale è un fenomeno di costume che è sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento - nei dati statistici e nella percezione delle persone - dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali… La stessa evoluzione giurisprudenziale si è fatta interprete di questo cambio di costume con la sentenza delle SU nr 32198/2021 che, sia pure nell'ottica limitata della conservazione dell'assegno divorzile, ha riconosciuto la componente compensativa dell'assegno (divorzile), in presenza dei relativi presupposti anche in favore di chi aveva proceduto a instaurare una convivenza di fatto. Non del tutto dissimile è la possibilità di tener conto anche del periodo di convivenza prematrimoniale, cui sia seguito il vero e proprio matrimonio, successivamente naufragato, ai fini della determinazione dell'assegno divorzile il quale, ai sensi del L. n. 898 del 1970 art. 5, deve essere computato dal giudice oltre che sulle disponibilità economiche del soggetto onerato anche sulla durata legale del matrimonio, senza far menzione al più o meno lungo periodo di convivenza more uxorio vissuto dalla coppia prima di legalizzare l'unione…”

Se si prende come termine di riferimento la convivenza more uxorio costituita dopo la fine del matrimonio per determinare la sussistenza o meno dell’assegno divorzile nella sua componente compensativa, come ha fatto la sentenza n. 32198 del 5 novembre 2021, è ancora più aderente al dato normativo dettato dall’art. 5 L. div. che parla di “durata del matrimonio” – potendo dunque, includere il periodo di convivenza fra i nubendi - far valere tale criterio, quando c’è stato un vincolo pregresso sfociato poi nel matrimonio (stesso discorso vale per l’unione civile), nel corso del quale vi può essere stato il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno e di quello comune.

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