Va concessa la protezione internazionale allo straniero altamente integrato in Italia
Secondo quanto precisato dalla Cassazione con ordinanza n. 8606/21 nel Paese di provenienza (Pakistan) c'era una situazione socio-politica difficile
Un elevato grado d'integrazione nel tessuto sociale italiano nonché la pericolosità nel paese d'origine, garantiscono allo straniero il riconoscimento della protezione internazionale. Lo chiarisce la Cassazione con l'ordinanza n. 8606/21.
Venendo ai fatti uno straniero ha proposto ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte d'appello di Catanzaro che ha respinto il gravame in tema di protezione internazionale. Tra i motivi di ricorso la violazione dell'articolo 132 cpc per omessa valutazione dei documenti prodotti a proposito dell'integrazione socio-lavorativa. Con altro motivo d'appello lo straniero denunciava la violazione o falsa applicazione dell'articolo 5 del testo unico sull'immigrazione e dell'articolo 32 del Dlgs 25/2008 essendosi proceduto al diniego della protezione umanitaria senza svolgimento di un adeguato giudizio comparativo.
La Corte di cassazione ha ritenuto i motivi manifestamente fondati in relazione alla domanda di protezione umanitaria. I Supremi giudici, infatti, hanno dato grande importanza all'integrazione raggiunta dal richiedente a fronte del non adeguato vaglio (dai giudici di merito) in termini comparativi di tale integrazione rispetto alla situazione esistente nel paese d'origine (Pakistan).
La Corte d'appello dopo aver descritto la situazione di instabilità del Pakistan e dopo aver dato atto di giudicare in base alla norma del testo unico sugli immigrati, aveva respinto (immotivamente) il gravame osservando che nessuna allegazione era stata fornita in termini di specifica vulnerabilità e che comunque per lacunosità e incongruenza delle dichiarazioni e per la mancanza di altri elementi di riscontro, non erano emersi "fatti e accadimenti" sulla cui base ragionevolmente ritenere la sussistenza di una condizione soggettiva tale da determinare il riconoscimento dell'invocata misura.
L'affermazione - a detta della Cassazione - risulta essere del tutto impersonale e generica e non soddisfa l'onere motivazionale. Dal ricorso risulta, infatti, che l'appellante avesse giustificato la domanda sostenendo di essersi impegnato fattivamente per integrarsi avendo frequentato corsi di lingua e trovato una certa stabilità lavorativa e abitativa, con alloggio dignitoso e aveva finanche aperto un conto presso le Poste italiane. La Cassazione, quindi, ha accolto il ricorso proposto dallo straniero alla stregua del principio secondo cui ai fini del riconoscimento della protezione, occorre operare la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al Paese d'origine, in raffronto alla situazione d'integrazione nel Paese di accoglienza.