Penale

Videoriprese “sovrascritte”, la verbalizzazione fa prova del contenuto

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24583 depositata oggi, respingendo il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello per spaccio

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di Francesco Machina Grifeo

Il guasto tecnico con la conseguente “sovrascrittura” di quanto registrato dalla telecamera – nel caso specifico, il commercio di droga - non inficia la prova del reato se il contenuto della ripresa è stato trascritto dai Carabinieri all’interno di un verbale poi legittimamente entrato nel giudizio. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24583 depositata oggi, respingendo il ricorso di un uomo condannato dalla Corte di appello per spaccio.

Secondo il ricorrente gli atti della polizia giudiziaria “aventi ad oggetto l’osservazione delle riprese” erano inutilizzabili. Le condotte contestate infatti erano state riprese da una telecamera i cui filmati erano andati perduti.

Per la IV Sezione penale si deve però considerare che la pubblica accusa, constatato che le registrazioni delle videoriprese erano state per un problema tecnico sovrascritte, “ha offerto la prova dei fatti contestati mediante i verbali descrittivi dell’attività compiuta dalla polizia giudiziaria, contenenti anche il riassunto del contenuto delle videoriprese, e la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria”. Il contenuto delle videoriprese, dunque, era riportato nei verbali riassuntivi ed è stato introdotto nel dibattimento attraverso la testimonianza degli agenti di polizia giudiziaria.

Se dunque – prosegue la Cassazione - in materia di intercettazioni di comunicazioni, la distruzione dei files originali delle comunicazioni intercettate e della relativa verbalizzazione è stata ritenuta causa di inammissibilità della deposizione della polizia giudiziaria; occorre, però, osservare che tale principio è stato affermato in un caso in cui erano andate distrutte tanto le registrazioni quanto i relativi verbali.

Si deve allora distinguere la legittimità del mezzo di ricerca della prova, dalle modalità attraverso le quali il suo risultato fa ingresso nel giudizio. Una volta stabilita la validità del mezzo di ricerca della prova, il relativo risultato può essere introdotto nel giudizio anche in altro modo. Ancorchè, dunque, la registrazione della videoripresa costituisca la prova regina, «portatrice di certezze processuali», ciò non esclude che, ove la fonte di prova sia deteriorata, sia ammissibile l’ingresso nel giudizio del suo risultato attraverso altri mezzi di prova.

Così, i verbali della videoripresa «live» svolta durante un servizio di osservazione possono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento e “garantiscono attraverso la scrittura nell’immediatezza della percezione la genuinità della rappresentazione successiva”.

Inoltre, se, da un lato, la giurisprudenza di legittimità ritiene pacificamente utilizzabili come prova le immagini tratte da riprese visive in luoghi pubblici e ne riconosce la valenza di prova «portatrice di certezze processuali», dall’altro non va trascurato che la ripresa visiva è un mezzo di ricerca della prova del quale la polizia giudiziaria può liberamente avvalersi ove le immagini siano captate in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

In conclusione, considerato che nel processo le riprese non sono state utilizzate ai fini della decisione, non vi è stata alcuna violazione del diritto dell’imputato di avere accesso ai supporti magnetici o informatici contenenti le registrazioni di riprese audiovisive.

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