Vince la verosimiglianza sulle eccezioni formali
Il Tribunale di Milano nell’affrontare una questione legata alle modalità di raccolta delle prove di un comportamento illecito da parte di un dipendente ha evidenziato che eccezioni formali che non incidano sulla verosimiglianza delle prove dedotte non possono condurre alla loro inutilizzabilità in una causa (giudice Moglia, ordinanza 4 giugno 2015 n.17057/2015).
Il lavoratore al centro della vicenda aveva contestato la legittimità delle prove della falsificazione di alcuni dati di produzione, con il fine di sottofatturare ai clienti, che, a suo dire, non potevano essere utilizzate in giudizio in quanto non raccolte secondo le procedure previste dalla convenzione del Consiglio di Europa sulla criminalità organizzata. (Il testo di tale convenzione è rinvenibile nel sito www.coe.int/t/dghl/monitoring/trafficking/Source/PDF_Conv_197_Trafficking_Italian.pdf9)
L’azienda si era limitata a conferire ad una società terza l’incarico di effettuare una survey sui propri server dai quali era emerso che in molteplici occasioni dal computer del lavoratore e con il suo identificativo di utente erano stati effettuati accessi al server per modificare, appunto in riduzione, i quantitativi di produzione da cui era poi derivata la sotto-fatturazione che aveva permesso al dipendente di favorire due clienti.
La tesi sostenuta dal dipendente era che tale analisi, per svariati motivi, non avrebbe potuto essere utilizzata in giudizio e posta a fondamento della decisione. In particolare, in quanto non consentiva la tracciabilità dei dati, non erano state riportate le modalità operative con cui i dati erano stati raccolti, mancava la copia forense (cioè la copia non solo dei dati, ma anche di eventuali dati cancellati, nascosti o criptografati) che consentisse oltre alla tracciabilità, integrità e immodificabilità delle informazioni, nonché l’elenco delle misure tecniche volte a garantire non alterabilità e coerenza dei dati.
il Giudice di Milano ha dapprima evidenziato come i criteri validi per la formazione della prova penale non possono essere fatti valere in sede di giudizio civile e la conseguente inconferenza delle eccezioni svolte al ricorrente sul piano strettamente processuale.
Avendo poi riguardo alla sommarietà del rito Fornero (prima fase) ha poi correttamente evidenziato come, comunque l’eventuale accoglimento dell’eccezione non avrebbe portato alla automatica conclusione che le prove fornite dalla azienda fossero false o inattendibili, ma solo alla conclusione, appunto meramente processuale, che la raccolta dei dati non era stata eseguita secondo un procedimento regolamentato. In altre parole il giudice di Milano avrebbe sottolineato che eccezioni formali che non incidano sulla verosimiglianza delle prove dedotte non possono condurre alla loro inutilizzabilità nella causa. Non solo: ha anche sottolineato come nella fase sommaria del rito Fornero sia sufficiente «la prova anche non piena, ma verosimile» della giusta causa per arrivare al rigetto del ricorso.
Principi perfettamente condivisibili che si muovono peraltro nella logica della ampia ammissibilità dei cosiddetti controlli difensivi più volte ribadita dalla Corte di cassazione.