Civile

Vitalizio alimentare, chi si fa sostituire nell'assistenza perde la controprestazione

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Francesco Machina Grifeo

Nel contratto di "vitalizio alimentare", quello in cui una persona si impegna nell'assistenza morale e materiale di un'altra - nel caso, la nipote verso la nonna che in cambio le aveva ceduto la nuda proprietà della sua abitazione -, non è possibile farsi sostituire. Neppure dalla propria madre che, nella fattispecie, è la figlia della "vitaliziata". Si tratta infatti - come scrivevano i latini – di un contratto intuitu personae, basato dunque sul carattere spiccatamente "personale" della prestazione. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, ordinanza n. 108 di ieri, accogliendo (con rinvio) il ricorso degli eredi della donna nei confronti della nipote. Nel 2005, quattro anni dopo la firma del contratto, la anziana signora aveva infatti chiesto la risoluzione del contratto per inadempimento della nipote che aveva delegato le proprie incombenze alla madre. In primo grado la domanda di risoluzione era stata accolta dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ma la Corte di appello, rovesciando il verdetto, aveva negato l'inadempimento considerato il «medesimo afflato, posti i rapporti di madre e figlia» e il fatto che la nipote nel frattempo avesse trovato un lavoro. Di diverso avviso la II Sezione civile secondo cui la sostituzione «si pone in contrasto col principio dell'infungibilità del vitaliziante».

Il contratto atipico di "vitalizio alimentare", spiega la decisione, «si differenzia da quello, nominato, di "rendita vitalizia" (art. 1872 c.c.) anche per la natura accentuatamente spirituale delle prestazioni a favore del vitaliziato, le quali, proprio per tale ragione, sono eseguibili unicamente da un vitaliziante specificatamente individuato, alla luce delle sue proprie qualità personali». Né, prosegue, nel contratto vi era alcuna previsione sulla fungibilità della persona del beneficiante, cosicché nemmeno potrebbe utilmente invocarsi, nella specie, il principio che la naturale infungibilità della persona del vitaliziante può essere convenzionalmente derogata.
In conclusione, per la Suprema corte vanno enunciati i seguenti principi di diritto: «Nel contratto atipico di "vitalizio alimentare" le prestazioni a favore del vitaliziato possono essere eseguite, in difetto di diversa pattuizione, unicamente dal vitaliziante contrattualmente individuato». «Nel giudizio avente ad oggetto domanda di risoluzione del contratto atipico di "vitalizio alimentare" per inadempimento del vitaliziante, quest'ultimo deve soltanto provare la fonte negoziale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento».

Corte di cassazione - Ordinanza 20 gennaio 2020 n. 1080

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