Civile

Licenziamento disciplinare, contenuti blindati per la mailing list dei dipendenti

Francesco Machina Grifeo

I contenuti di una mailing list aziendale riservata ai dipendenti godono delle stesse tutele riconosciute dalla Costituzione alla corrispondenza privata e come tali non possono essere utilizzati dal datore di lavoro a fini disciplinari. A meno che l'azienda non ne sia venuta a conoscenza su iniziativa di un dipendente, ricompreso tra i destinatari, che abbia chiesto tutela rispetto ad affermazioni mobbizzanti. Lo ha stabilito la Corte d'Appello di Milano, con la sentenza del 24 marzo 2016 n. 439, confermando il reintegro del comandante di un aeromobile in quanto il licenziamento risultava sproporzionato rispetto alle intemperanze verbali espresse in un contesto «chiuso» ed in un periodo di «forti conflitti sindacali».

In primo grado, il tribunale di Busto Arsizio, considerato il ventennale immacolato stato di servizio del comandante, aveva disposto la reintegra perché la sanzione era da considerasi eccessiva rispetto agli addebiti e anche perché «fondato su mail private - riportate a stralci nella lettera di contestazione – che provenivano da una mailing list riservata agli iscritti al sindacato Unione piloti». Secondo la società ricorrente invece non vi sarebbe stata alcuna violazione della riservatezza in quanto era stato un pilota a divulgarne il contenuto «affinché il suo datore di lavoro tutelasse “l'integralità fisica e morale del lavoratore offeso”». Inoltre, la proporzionalità della sanzione, non poteva essere valutata soltanto sulla base dei danni effettivi, che non vi erano stati, ma considerando anche quelli «potenziali», vista la «condotta intimidatoria» tenuta dal comandante verso i colleghi, «obiettivamente istigatoria» a produrre «danni all'azienda».

La Corte territoriale, in primis, afferma che i messaggi di posta elettronica inviati nell'ambito della mailing list riservata ai piloti costituiscono «corrispondenza epistolare privata». Infatti, «la pluralità di destinatari non comporta l'indeterminatezza degli stessi». In quanto «solo gli iscritti, esattamente individuati, possono accedere alla lista». Sussiste, pertanto, «la personalità della comunicazione che non si identifica con l'unicità, ma consiste nella predeterminazione dei destinatari». Considerato poi che le mail sono state girate al datore per esigenze di difesa di uno dei destinatari, è comunque necessario, prosegue la sentenza, delimitarne l'utilizzabilità. E per il Collegio le sole e-mail spendibili nella procedura disciplinare sono quelle indirizzate dal comandante al dipendente che si ritiene mobbizzato, e più in generale quelle che «contengano riferimenti nominativi».

Va dunque operato un bilanciamento degli interessi contrapposti: «da un lato il diritto alla segretezza della corrispondenza privata, dall'altro l'obbligo del datore di lavoro di tutelare la persona del lavoratore». In definitiva, soltanto due mail di quelle riportate nell'atto di contestazione possono essere utilizzate «essendo incontestabile la loro oggettiva inerenza rispetto agli obblighi di tutela di cui all'art. 2087 c.c.». Le altre, invece, «non sono utilizzabili, avendo come contenuto osservazioni, in termini senz'altro poco edificanti per chi le ha scritte, sia pure nell'ambito della mailing list di un sindacato di piloti, sulle vertenze sindacali in corso fra i piloti e azienda con riferimenti al nominativo anche di altri piloti che però non hanno ritenuto di rivolgersi al proprio datore di lavoro al fine di essere tutelati».

Riguardo i danni potenziali per l'azienda, la sentenza ribadisce che le frasi sono state espresse «tra colleghi piloti iscritti al sindacati UP, in una discussione comunque chiusa e riservata, in un contesto prettamente sindacale, in un periodo di forti rivendicazioni e di conflitto fra vertici aziendali e lavoratori e fra piloti circa la linea sindacale da adottare». Per cui in definitiva «il comportamento del comandante, non poteva essere sanzionato con la sanzione espulsiva, in considerazione del principio di proporzione fra addebito e sanzione e di gradualità delle sanzioni disciplinari».

Corte d'Appello di Milano – Sezione lavoro - Sentenza del 24 marzo 2016 n. 439

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©