Professione e Mercato

Oltre confine ma senza appesantire la struttura

di Elena Pasquini

«Lo studio ideale, nel mercato italiano odierno, dovrebbe contare su massimo 150 persone per mantenere flessibilità e approccio tecnico di grande qualità “across the board”». La pensa così Bruno Gattai, socio fondatore di Gattai Minoli Agostinelli & Partners, che nel primo semestre di quest’anno ha accolto 32 professionisti, tra cui un team ex Lombardi. Gattai è scettico sulla possibilità di gareggiare con le grandi firm britanniche e statunitensi: «Lo studio italiano deve pensare al mercato domestico ed eventualmente a qualche nicchia nella quale gli anglosassoni hanno ritenuto di non investire».

Mentre continua a guardare oltre confine Giuseppe Pirola, name partner di Pirola, Pennuto Zei e Associati che dall’estero trae il 50% del fatturato. L’espansione è sviluppata per seguire i clienti - su Londra, Cina, America - e soprattutto il mercato, anticipando le tendenze e creando filoni di consulenza con respiro decennale. «Il problema è semmai quello di essere studi europei, non solo nazionali», rimarca Pirola.

Per Filippo Modulo, managing partner di Chiomenti, studio fondatore dell’European network e unico rappresentante italiano di Lex Mundi, la dimensione internazionale resta strategica: «Alla clientela italiana che va all’estero bisogna saper offrire un network di partners che sappiano lavorare con team integrati».

Per restare nella top five, si investe in aree anticicliche, come sono considerate le attività straordinarie e d’impresa per Chiomenti: investimenti e ristrutturazioni nel M&A, per esempio, oppure Npl sul versante finanziario.

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