Responsabilità

Si pagano i danni se l'esposto presentato al Consiglio dell'Ordine degli avvocati è offensivo

Se il documento contiene frasi ed affermazioni offensive non dimostrate scatta il reato di diffamazione

di Andrea Alberto Moramarco

Presentare un esposto al Consiglio dell'Ordine degli avvocati contenente frasi ed affermazioni offensive, nonché indimostrate, nei confronti di un legale, configura il reato di diffamazione, da cui discende, dal punto di vista civilistico, l'obbligo per il denunciante di risarcire il danno non patrimoniale subìto dal professionista, consistente nella violazione di diritti fondamentali dell'individuo, quali il diritto all'immagine, alla reputazione e all'onore. Questo è quanto si afferma nella sentenza n. 256/2020 del Tribunale di Taranto.

Il caso - La vicenda prende le mosse da un esposto presentato dinanzi al Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Taranto da parte di un uomo nei confronti del professionista che, in passato, aveva assistito la di lui moglie nella causa di separazione giudiziale e che, in seguito, aveva patrocinato assieme ad altro collega di studio una controversia di lavoro che vedeva l'uomo soccombente. Quest'ultimo deferiva il legale per aver violato il codice deontologico e per aver commesso i reati di falso in atto pubblico e calunnia, condotte particolarmente gravi perché poste in essere da un operatore del sistema di giustizia. Il Consiglio dell'Ordine, tuttavia, affermava la infondatezza dell'esposto ed affermava la «correttezza ed "illibatezza" della condotta del professionista».

La diffamazione - La vicenda si trasferiva così dinanzi al Tribunale, chiamato a valutare, tra le altre cose, anche la richiesta risarcitoria per diffamazione da parte dell'avvocato. Ebbene, il giudice riconosce che nella fattispecie sussistono gli estremi della diffamazione e del conseguente risarcimento del danno non patrimoniale per il pregiudizio subito dal professionista. Difatti, spiega il Tribunale, le affermazioni del denunciante sono rimaste del tutto indimostrate, come sostenuto anche dal Consiglio dell'Ordine, e perciò sono da ritenersi diffamatorie e lesive della reputazione del professionista. Riprendendo un recente orientamento di legittimità, il giudice ricorda che «l'invio di una missiva o di un esposto gratuitamente offensivo al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati integra gli estremi del reato di diffamazione (art. 595 c.p.), sussistendo il requisito della comunicazione con più persone, atteso che il Consiglio è un organo collegiale». Più precisamente, la diffamazione non si configura «laddove l'esposto contenga solo dubbi e perplessità sulla correttezza professionale di un legale, mentre ove l'atto - travalicando tale limite - contenga anche frasi ed affermazioni offensive e, soprattutto indimostrate, la condotta può definirsi diffamatoria».

Il danno - Ciò posto, dal punto di vista del diritto civile, si è in presenza di un caso di responsabilità extracontrattuale, a fronte della quale sarà possibile per l'offeso agire per ottenere il ristoro del pregiudizio subito, nella specie alla sua immagine, reputazione, onore. Nel caso di specie, conclude il Tribunale, la capacità offensiva e lesiva delle dichiarazioni contenute nell'esposto può ritenersi «sostanzialmente esigua ed attenuata proprio dal fatto che lo stesso Organo Collegiale che ne ha conosciuto, composto da esperti e navigati avvocati, affermandone la infondatezza, ha di fatto ritenuto la insussistenza delle asserite violazioni», sicché appare equo liquidare il danno in via equitativa nella misura di 4 mila euro.

Tribunale di Taranto - Sezione III civile - Sentenza 3 febbraio 2020 n. 256

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