Professione e Mercato

Gli O.C.C. in prima linea per soluzioni preventive al fallimento, una opportunità per moltissimi professionisti

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di Dott. prof. Gregorio Pietro D'Amato


La Commissione Ministeriale, che prende in nome del suo presidente, "Rordorf" è stata istituita dal Ministro Orlando con Decreto del 28/01/2015 al fine di elaborare la bozza della legge delega al Governo, per la riforma organica delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, con l'espressa indicazione, tra l'altro, di tener conto delle prescrizioni di Bruxelles ed i cui lavori si concluderanno entro il 31 dicembre di quest'anno. Il testo definitivo dei lavori lo si avrà, solo dopo le audizioni di questi giorni delle associazioni di categorie professionali e imprenditoriali, che certamente daranno il loro prezioso contributo alla bozza del testo della legge delega, che dovrà poi, con le eventuali modifiche ed integrazioni, essere definitivamente licenziato. In tale bozza è stata prevista, tra l'altro, una funzione centrale degli Organismi di Composizione della Crisi che potranno intervenire prima della dichiarazione di fallimento e quindi per la totalità delle imprese soggette o meno alla procedura fallimentare.


Dal testo della bozza che si legge – e che potrebbe subire modificazioni- , i lavori della Commissione Rordorf sono andati nel senso sia della Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014 n. 2014/135 e sia del Regolamento (Ue) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza, nei quali si è voluto dare maggiore risalto alla continuità delle imprese rispetto alla loro disintegrazione. Infatti, la Raccomandazione prima e Regolamento dopo, si sono posti l'obiettivo di garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell'Unione, l'accesso ad un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l'insolvenza, massimizzandone, pertanto, il valore totale per i creditori, dipendenti, proprietari e per l'economia in generale.

Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l'Unione agli imprenditori onesti che falliscono.


La Raccomandazione 2014/135 nei considerando (cfr. 12) ha previsto che: "eliminando gli ostacoli all'efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria si contribuisce alla salvaguardia dei posti di lavoro, con effetti positivi sull'economia in generale. Essendo più facile per gli imprenditori ottenere una seconda opportunità, aumenterà anche l'incidenza del lavoro autonomo negli Stati membri. Inoltre, la presenza di quadri efficaci in materia di insolvenza permetterà di valutare meglio i rischi connessi alle decisioni di concessione e assunzione di prestiti e favorirà l'adeguamento delle imprese eccessivamente indebitate, minimizzando i costi economici e sociali insiti nel processo di riduzione dell'indebitamento". Al considerando (13) è indicato che: "trarre vantaggio da un approccio più coerente a livello dell'Unione saranno anche le piccole e medie imprese, che non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti di alcuni Stati membri". Mentre al considerando (14) è stato consigliato che: "anche le autorità fiscali hanno interesse a che esista un quadro efficace in materia di ristrutturazione delle imprese sane. Nell'attuare la presente raccomandazione, gli Stati membri dovrebbero poter prendere misure adeguate per la raccolta e il recupero del gettito fiscale nel rispetto dei principi generali di equità fiscale, e adottare misure efficaci nei casi di frode, evasione o altro illecito".


E tale orientamento innovativo di continuità della impresa, per massimizzare il loro valore aggiunto che possono dare anche in fase di dismissione, lo si è avuto sia a livello Europeo (cfr Raccomandazione e Regolamento richiamati) nonché anche da parte della giurisprudenza "vivente" che ad iniziare dalla Sentenza della Cass. SS.UU. 1521/2013 ha affermato che: "l'avvenuta espunzione dal testo dell'art. 160 l.fall., come riformulato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, applicabile ratione temporis, dell'inciso, presente nel vigore del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, che prevedeva la possibilità per l'imprenditore di proporre il concordato preventivo "fino a che il suo fallimento non è dichiarato", ha determinato il superamento del principio di prevenzione che correlava le due procedure, posponendo la pronuncia di fallimento al previo esaurimento della soluzione concordata della crisi dell'impresa, senza peraltro che lo stesso, alla stregua dei principi generali vigenti in materia, possa oggi desumersi in via interpretativa".

Ne deriva che, non ricorrendo un'ipotesi di pregiudizialità necessaria, il rapporto tra concordato preventivo e fallimento si atteggia come un fenomeno di consequenzialità (eventuale del fallimento, all'esito negativo della pronuncia di concordato e quindi per avere una continuità di valore aggiunto dell'azienda e non uno smembramento a piccoli pezzi) e di assorbimento (dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento) che determina una mera esigenza di coordinamento fra i due procedimenti .

Tale orientamento è stato altresì ribadito con sentenza del 4 giugno 2014, n. 12534, in materia di concordato preventivo, nonché con sentenza del 6 novembre 2013, n. 24969, in materia di accordi di ristrutturazione, è stato però superato recentemente , con ordinanza del 30 aprile 2014, n. 9476, ritenendo insoddisfacente la posizione espressa dalla Sezioni Unite con la sentenza 1521/13 tanto che ne aveva sollecitato un nuovo intervento, in quanto dal sistema: "si ricava il principio della prevalenza del concordato preventivo, giacché questo ha la funzione per l'appunto di "prevenire" il fallimento attraverso una soluzione alternativa basata sull'accordo con la maggioranza dei creditori".

Ed in perfetta sintonia con la posizione comunitaria, le Sezioni Unite della Cassazione hanno espresso un nuovo orientamento, con due sentenze identiche del 15 maggio 2015, n. 9934 e 9935, in cui è stato affermato, tra l'altro, che: "la pendenza di una domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall., impedisce temporaneamente la dichiarazione di fallimento sino al verificarsi degli eventi previsti dagli artt. 162, 173, 179 e 180, l.fall., ma nel contempo, però, non rende improcedibile il procedimento prefallimentare iniziato su istanza del creditore o su richiesta del P.M., né ne consente la sospensione, ben potendo lo stesso essere istruito e concludersi con un decreto di rigetto, ovvero con la sentenza di accoglimento se la domanda di concordato è dichiarata inammissibile, se è revocata l'ammissione alla procedura, se la proposta di concordato non è stata approvata e se, all'esito del giudizio di omologazione, è stato respinto il concordato".

Tra la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo ed il ricorso di fallimento non v'è un rapporto di pregiudizialità tecnico-giuridica, bensì di continenza, in quanto iniziative tra loro incompatibili e dirette a regolare la stessa situazione di crisi, sicché si deve applicare l'art. 273 c.p.c., se i fascicoli pendano innanzi allo stesso giudice, o l'art. 39, comma 2, c.p.c., se pendano innanzi a giudici diversi. È evidente però, dal punto di vista logico, che la decisione sul concordato (esplicita o implicita) costituisce comunque un prius rispetto alla dichiarazione di fallimento e che se viene dichiarato il fallimento, ben è possibile proporre reclamo muovendo delle censure esclusivamente avverso la dichiarazione di inammissibilità della domanda di concordato preventivo.

Ma nel contempo se la domanda di concordato preventivo, sia esso ordinario o con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., è presentata dal debitore non per regolare la crisi dell'impresa attraverso un accordo con i suoi creditori, ma con il palese scopo di differire la dichiarazione di fallimento, essa è da dichiararsi inammissibile in quanto integra gli estremi di un abuso del processo.

Pertanto,su queste basi, e con l'obiettivo di evitare il disgregarsi dell'impresa e, soprattutto, dei posti di lavoro, che inevitabilmente con il fallimento si perdono, la Commissione Rordorf ha indirizzato i suoi lavori anche alla luce della Raccomandazione 2014/135 e del Regolamento 2015/848 del 12 maggio 2015. A tal fine agli artt. 4 e 9 della bozza della legge delega, mettendo in conto, però, che potrebbero subire delle modificazioni sino alla sua approvazione definitiva, è stato previsto che gli OCC rappresentano, come indicato anche dal regolamento 2015/848 una soluzione preventiva per tutte le imprese in crisi.

Prevedendo l'opportunità di estendere l'ambito di applicazione del presente regolamento a procedure che promuovono il salvataggio delle società economicamente valide ma che si trovano in difficoltà economiche e che danno una seconda opportunità agli imprenditori. In particolare, in sintonia con il regolamento UE 2015/848 con il suo decimo (10) considerando dovrebbero essere estese alle procedure di ristrutturazione del debitore nella fase in cui sussiste soltanto una probabilità di insolvenza, nonché alle procedure per cui il debitore mantiene un controllo totale o parziale dei suoi beni e affari.

Ulteriormente dovrebbe essere esteso l'utilizzo del O..C.C. anche alle procedure di remissione del debito o di adeguamento del debito con riguardo ai consumatori e ai lavoratori autonomi, ad esempio mediante la riduzione dell'importo che deve essere versato dal debitore o proroga del termine concesso a quest'ultimo per adempiere. Non comportando necessariamente la nomina di un amministratore delle procedure di insolvenza, è opportuno che tali procedure siano disciplinate dal presente regolamento se si svolgono sotto il controllo o la sorveglianza di un giudice. Con il termine «controllo» si dovrebbe intendere, in questo contesto, anche le situazioni in cui il giudice interviene esclusivamente se adito su ricorso di un creditore o di altre parti interessate.

E' stato previsto che debbono essere introdotte procedure di allerta e mediazione, di natura non giudiziale e confidenziale, finalizzate ad incentivare l'emersione anticipata della crisi e ad agevolare lo svolgimento imponendo a creditori qualificati, come l'agenzia delle entrate, gli agenti della riscossione delle imposte e gli enti previdenziali, l'obbligo, soggetto a responsabilità dirigenziale, di segnalare immediatamente all'imprenditore o agli organi di amministrazione e controllo della società, il perdurare di inadempimenti di importo rilevante, coordinanando detti obblighi con quelli di informazione e vigilanza spettanti alla Consob. Tale segnalazione rappresenta senz'altro una rilevante novità con delle responsabilità in capo ai dirigenti di detti enti, in quanto il mancato pagamento delle imposte e contributi possono rappresentare il primo campanello premonitore delle difficoltà aziendali.

Stabilendo, inoltre, che l'Organismo di Composizione della Crisi, a seguito delle segnalazioni ricevute o su istanza del debitore, convochi immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore medesimo nonché, ove si tratti di società dotata di organi di controllo, anche questi ultimi al fine di individuare nel più breve tempo possibile, previa verifica della situazione patrimoniale, economica e finanziaria in essere, le misure idonee a porre rimedio allo stato di crisi.

Nonché che l'Organismo di Composizione della Crisi, su istanza del debitore, anche all'esito dell'audizione di cui al punto precedente, affidi ad un mediatore scelto tra soggetti di adeguata professionalità nella gestione della crisi d'impresa, iscritti presso l'organismo stesso, l'incarico di addivenire ad una soluzione concordata della crisi tra debitore e creditori, entro un congruo termine, prorogabile solo a fronte di positivi riscontri delle trattative precisando altresì le condizioni in base alle quali gli atti istruttori della procedura possono essere utilizzati nell'eventuale fase giudiziale.

Consentendo al debitore di chiedere al giudice l'adozione, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, delle misure protettive necessarie per condurre a terminei negoziati in corso, disciplinandone durata, effetti, regime pubblicitario, competenza ad emetterle e revocabilità, anche d'ufficio in caso di atti in frode ai creditori.

In tal caso saranno stabilite delle misure premiali per l'imprenditore che ricorra tempestivamente alla procedura e ne favorisca l'esito positivo, e misure sanzionatorie per l'imprenditore che ingiustificatamente la ostacoli o non vi ricorra, pur in presenza dei relativi presupposti, ivi compresa l'introduzione di un'ulteriore fattispecie di bancarotta semplice ai sensi degli articoli 217 e 224 di negoziati assistiti tra debitore e creditori attribuendo la competenza ad apposita sezione specializzata degli Organismi di Composizione della Crisi, previsti dalla legge 27 gennaio 2012, n. 3 e dal decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, con opportuni adattamenti.

Inoltre, sono stati previsti dei miglioramenti ed una estensione anche ad altri soggetti che possono utilizzare la procedura di sovraindebitamento, e ciò è stato previsto dall'art. 9 della bozza della legge delega che ha integrato le procedure di regolazione del sovraindebitamento di cui alla legge 27 gennaio 2012, n. 3 e successive modificazioni che andranno riordinate e semplificate secondo i seguenti alcuni criteri direttivi tra cui: specificando meglio le categorie di debitori assoggettabili alla procedura, anche in base ad un criterio di prevalenza delle obbligazioni assunte a diverso titolo, ricomprendendovi le persone fisiche e gli enti non assoggettabili alla procedura di concordato preventivo e liquidazione giudiziale, nonché i soci illimitatamente responsabili, ed individuando criteri di coordinamento nella gestione delle procedure di sovraindebitamento riguardanti più membri della stessa famiglia.

In tal modo si è scelto di disciplinare le soluzioni dirette a promuovere la continuazione dell'attività svolta dal debitore, nonché le modalità della loro eventuale conversione nelle soluzioni liquidatorie, anche ad istanza del debitore, e consentendo solo la soluzione liquidatoria, con esclusione dell'esdebitazione, nel caso in cui l'insolvenza derivi da mala fede o frode del debitore.

Consentendo, nel contempo, al debitore meritevole, che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, di accedere all'esdebitazione solo per una volta, salvo l'obbligo di pagamento del debito entro tre anni, laddove sopravvengano utilità.

Ma, precludendo, l'accesso alle procedure ai soggetti già esdebitati nei cinque anni precedenti la domanda, o che ne abbiano beneficiato per due volte, ovvero nei casi di frode accertata.

Introducendo misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, revocabili su istanza dei creditori, o anche d'ufficio in presenza di atti in frode dei creditori.

Con il riconoscimento dell'iniziativa per l'apertura delle soluzioni liquidatorie anche ai creditori, ed anche in pendenza di procedure esecutive individuali.

Così, ammettere alla esdebitazione anche le persone giuridiche, su domanda e con procedura semplificata, purché non ricorrano ipotesi di frode ai creditori o volontario inadempimento del piano o dell'accordo.

Con la previsione di misure sanzionatorie, eventualmente di natura endoprocessuale, con riguardo ai poteri di impugnativa e opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all'aggravamento della situazione di indebitamento.

Con l'attribuzione anche ai creditori ed al pubblico ministero l'iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento.

Pertanto, alla luce di questo notevole impulso che riceveranno gli O.C.C. ed i loro relativi gestori della crisi, che secondo una visone Europeista, nonché anche giurisprudenziale, per le aziende in crisi, si dovrà fare il possibile per salvaguardarne il valore aggiunto che porta l'unitarietà dei bei aziendali, di aziendalistica concezione, e sempre meno smembrarla in tanti piccolissimi pezzi, e con procedure che sempre di più fuori dalle aule di Tribunale, ma sempre sotto il controllo del Giudice, occorreranno necessariamente un numero elevato di professionisti. Quest'ultimi saranno gli artefici di tale successo o insuccesso della riforma, e correttamente individuati nei professionisti di cui al decreto ministeriale 24 settembre 2014, n. 202, richiamati dalla stessa bozza di legge delega, che certamente sapranno rispondere a questo nuovo impulso di estrema professionalità e competenza iniziale e continuativa, prevista, del resto dal DM 202/2014 riguardante sia gli O.C.C. e suoi gestori della Crisi.

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