Lavoro

Il vaccino anti-Covid19 e possibili riflessi sul rapporto di lavoro

A poche settimane dall'inizio della distribuzione in Italia del vaccino creato per combattere il Nuovo Coronavirus, responsabile, come ben noto a tutti, della pandemia Covid-19, è già vivissimo, nell'opinione pubblica, il dibattito in merito alla possibilità o meno di rendere obbligatoria per tutti e/o per alcune categorie di cittadini la suddetta vaccinazione

di Lucia Rapallo*


A poche settimane dall'inizio della distribuzione in Italia del vaccino creato per combattere il Nuovo Coronavirus, responsabile, come ben noto a tutti, della pandemia Covid-19, è già vivissimo, nell'opinione pubblica, il dibattito in merito alla possibilità o meno di rendere obbligatoria per tutti e/o per alcune categorie di cittadini la suddetta vaccinazione.
Tale dibattito assume maggiore rilevanza nel mondo del lavoro, in virtù degli obblighi e delle responsabilità che l'ordinamento giuridico prevede in capo ai datori di lavoro, in relazione alla salute e alla sicurezza dei lavoratori ma anche in virtù dei diritti dei lavoratori stessi.
Il presente contributo è volto a fornire una breve disamina del quadro normativo, soprattutto di carattere giuslavoristico, ad oggi vigente in Italia, in relazione all'emergenza sanitaria da Covid-19, al fine di aiutare datori di lavoro e lavoratori nell'assumere scelte consapevoli.

a) Il quadro normativo.
Nonostante ad oggi non sia stata (ancora) emanata una specifica norma che imponga a tutti o ad una determinata categoria di cittadini/lavoratori l'obbligo di vaccinarsi contro il Nuovo Coronavirus (anche noto come SarsCov-2), in primo luogo, pare importante rilevare il fatto che nell'ordinamento giuridico italiano vi sono già delle norme e dei principi rilevanti sul punto e in particolare:

art. 32 Cost., secondo il quale "[I] La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
-[II] Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
"; in primis, si noti che, al comma 1, il Legislatore Costituente definisce la salute sia quale diritto individuale di una persona, sia, allo stesso tempo, quale interesse comune della collettività (la scelta linguistica è ricaduta sulla congiunzione "e"- sul punto si veda anche sentenza Corte Cost. n. 5/2018); in secundis, il comma 2, afferma il principio di libertà di scelta terapeutica (e quindi anche di rifiuto delle terapie) dell'individuo, prevedendo comunque la possibilità che tale libertà possa essere limitata dalla legge (e quindi sul presupposto dell'esigenza di tutelare un interesse superiore, quale la salute pubblica: ed infatti, il nostro ordinamento conosce già svariati casi di vaccinazioni obbligatorie);

art. 5 cod. civ. - Atti di disposizione del proprio corpo, secondo il quale "[I]. Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume": la norma contiene un principio di carattere generale che mira a limitare la libera autodeterminazione dell'individuo qualora tale comportamento possa pregiudicare l'integrità fisica dello stesso, e ciò anche perché tale eventuale pregiudizio, oltre a compromettere l'individuo in prima persona, compromette anche l'ordine pubblico (ritorna il concetto di collettività/interesse collettivo connesso alla salute di un individuo, di cui all'ar.t 32 Cost.);

art. 2087 cod. civ. - Tutela delle condizioni di lavoro, secondo il quale "[I]. L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e l a tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro": tale norma sancisce il principio generale per il quale sull'imprenditore-datore di lavoro incombe l'obbligo di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, imponendo quindi al datore di lavoro stesso di porre in essere le misure "necessarie" per garantire tali beni giuridici, tenuto conto del contesto lavorativo ("particolarità del lavoro"), l'esperienza e le conoscenze tecniche;

D. Lgs. n. 81/2008 e ss.mm.ii. (c.d. "Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro"), che prevede, tra l'altro:

- art. 15 - Misure generali di tutela, "1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono:

a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;

b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell'azienda nonché' l'influenza dei fattori dell'ambiente e dell'organizzazione del lavoro;

c) l'eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico;

d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo;

e) la riduzione dei rischi alla fonte;

f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso;

g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio;

h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro;

i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale;

l) il controllo sanitario dei lavoratori;

m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove possibile, ad altra mansione;

n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;

o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti;

p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

q) le istruzioni adeguate ai lavoratori;

r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;

s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;

u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato;

v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;

z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti.

2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri finanziari per i lavoratori";

-art. 20 - Obblighi dei lavoratori, "1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro.

2. I lavoratori devono in particolare:

a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;

b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale (ritorna ancora il concetto di protezione collettiva, NdR);

c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le sostanze e le miscele pericolose, i mezzi di trasporto, nonché' i dispositivi di sicurezza;

d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione messi a loro disposizione;

e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché' qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;

f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi di sicurezza o di segnalazione o di controllo;

g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori;

h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro;

i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. […]";

-art. 25 - Obblighi del medico competente, "1. Il medico competente:

a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all'attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di programmi volontari di "promozione della salute", secondo i principi della responsabilità sociale;

b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
c) […];
d) […];
e) […];
[f) […];]

g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresì, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;

h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;

i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori;

l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; l'indicazione di una periodicità diversa dall'annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;

m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;

n) […]";

-art. 28 – Oggetto della valutazione dei rischi: il datore di lavoro deve valutare "tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari", anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegati, nonché' nella sistemazione dei luoghi di lavoro, e deve redigere un apposito documento (il c.d. DVR), a conclusione della suddetta valutazione, che preveda, tra l'altro, "una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa", "l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati", "il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza", "l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure da realizzare, nonché' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri, "l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento";

-art. 36 – Informazione ai lavoratori, "1. Il datore di lavoro provvede affinché' ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:

a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività della impresa in generale;

b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;

c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di cui agli articoli 45 e 46;

d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione, e del medico competente.

2. Il datore di lavoro provvede altresì affinché' ciascun lavoratore riceva una adeguata informazione:

a) sui rischi specifici cui è esposto in relazione all'attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia;

b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e delle miscele pericolose sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;

c) sulle misure e le attività di protezione e prevenzione adottate.

3. […].

4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo";

-art. 41 - Sorveglianza sanitaria: tale norma attribuisce al medico competente il compito di effettuare la sorveglianza sanitaria, sottoponendo i lavoratori a visite mediche, al fine di verificare, nel corso del rapporto di lavoro, il mantenimento, da parte degli stessi, dell'idoneità alla mansione svolta, mediante giudizi di idoneità;

-art. 42 - Provvedimenti in caso di inidoneità alla mansione specifica, "1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneità alla mansione specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza": in virtù di tale norma, qualora, a fronte del giudizio del medico competente, il lavoratore risulti non più idoneo a svolgere le mansioni allo stesso affidate, e non sia possibile ricollocare il lavoratore all'interno dell'azienda, anche affidandogli mansioni diverse e/o inferiori, il datore di lavoro dovrà allontanare il lavoratore o, in estrema ratio, potrà procedere con il licenziamento del lavoratore divenuto inidoneo e non ricollocabile;

-art. 77 - Obblighi del datore di lavoro, "1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:

a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi;

b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinché' questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi DPI;

c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla lettera b);

d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione significativa negli elementi di valutazione"; […];

-art. 78 - Obblighi dei lavoratori, "1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.

2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2, lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.

3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;

b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.

4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure aziendali in materia di riconsegna dei DPI.

5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione": in virtù di tale norma, discende, in capo ai lavoratori, l'obbligo di utilizzare gli strumenti considerati DPI dal datore di lavoro ("i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione");

-art. 272 – TITOLO X ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI - Misure tecniche, organizzative, procedurali, "1. In tutte le attività per le quali la valutazione di cui all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali, per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.

2. In particolare, il datore di lavoro:

a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo di attività lavorativa lo consente;

b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente esposti, al rischio di agenti biologici;

c) progetta adeguatamente i processi lavorativi, anche attraverso l'uso di dispositivi di sicurezza atti a proteggere dall'esposizione accidentale ad agenti biologici;

d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti l'esposizione;

e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di lavoro;

f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;

g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare campioni di origine umana ed animale;

h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;

i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o tecnicamente realizzabile;

l) predispone i mezzi necessari per la raccolta, l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti stessi;

m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno e all'esterno del luogo di lavoro"; NB: il Nuovo Coronavirus è stato classificato agente biologico del gruppo 3 (in una scala da 1 (valore più basso) a 4 (valore più alto), ex art. 268 TUSSL ossia "un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche";

-art. 279 – TITOLO X ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI - Prevenzione e controllo, "1. Qualora l'esito della valutazione del rischio ne rilevi la necessità i lavoratori esposti ad agenti biologici sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41.

2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:

a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;

b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.

3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.

4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 271.

5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XLVI nonché' sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione";

-art. 286 quater - TITOLO X-BIS PROTEZIONE DALLE FERITE DA TAGLIO E DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO - Misure generali di tutela, "1. Il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire la salute e sicurezza dei lavoratori in tutti gli aspetti connessi alla loro vita professionale, inclusi i fattori psicosociali e di organizzazione del lavoro, provvedendo in particolare:

a) ad assicurare che il personale sanitario sia adeguatamente formato e dotato di risorse idonee per operare in condizioni di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti;

b) ad adottare misure idonee ad eliminare o contenere al massimo il rischio di ferite ed infezioni sul lavoro attraverso l'elaborazione di una politica globale di prevenzione che tenga conto delle tecnologie più avanzate, dell'organizzazione e delle condizioni di lavoro, dei fattori psicosociali legati all'esercizio della professione e dell'influenza esercitata sui lavoratori dall'ambiente di lavoro; […]";

-art. 286 quinquies - TITOLO X-BIS PROTEZIONE DALLE FERITE DA TAGLIO E DA PUNTA NEL SETTORE OSPEDALIERO E SANITARIO - Valutazione dei rischi, "1. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, deve garantire che la stessa includa la determinazione del livello di rischio espositivo a malattie che possono essere contratte in relazione alle modalità lavorative, in maniera da coprire tutte le situazioni di rischio che comportano ferite e contatto con sangue o altro potenziale veicolo di infezione, nella consapevolezza dell'importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse.

2. Il datore di lavoro, nella valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), deve altresì individuare le necessarie misure tecniche, organizzative e procedurali riguardanti le condizioni lavorative, il livello delle qualificazioni professionali, i fattori psicosociali legati al lavoro e l'influenza dei fattori connessi con l'ambiente di lavoro, per eliminare o diminuire i rischi professionali valutati;

art. 42, comma 2, D.L. n. 18/2020 (Cura Italia), convertito con L. n. 27/2020), in virtù del quale, il rischio dell'infezione da Covid-19, a differenza degli altri rischi di contrarre malattie infettive, è stato qualificato come rischio di infortunio sul lavoro, a fronte dell'elevatissima contagiosità e diffusione del virus che causa questa grave malattia e dell'alta probabilità che in un ambiente chiuso anche una sola persona portatrice del virus lo trasmetta ad altre: con questa norma il legislatore ha, in sostanza, considerato il fatto stesso di lavorare in un'azienda insieme ad altre persone come causa tipica del rischio di infezione da Covid-19 (sul punto si ricorda che con la Circolare n. 22 del 20 maggio 2020, l'INAIL ha chiarito, tra l'altro, che il fatto che l'astensione dal lavoro a causa del contagio da Covid-19 sia riconosciuta quale infortunio assicurato dall'INAIL non ha conseguenze sull'accertamento degli eventuali profili di responsabilità civile e penale del datore di lavoro);

norme di contrattazione collettiva nazionale: nei CCNL di settore possono essere previsti in capo ai lavoratori dei doveri specifici e/o delle condotte relativamente alla salute e alla sicurezza sul posto di lavoro, la cui violazione può configurare una responsabilità disciplinare del lavoratore (peraltro anche ai sensi dell'art. 7 Statuto dei Lavoratori);

norme deontologiche: vi sono alcune categorie di lavoratori – quali, in primis gli operatori sanitari e socio-sanitari – soggetti, oltre che alle norme giuridiche, anche alle norme deontologiche, in virtù della speciale categoria professionale cui appartengono; in particolare, pare pacifica, tra i commentatori, l'opinione secondo la quale per gli operatori sanitari, quali soprattutto medici e infermieri, sussisterebbe l'obbligo di vaccinazione anti-Covid in virtù del dovere deontologico, sugli stessi incombente, di proteggere prima di tutto la salute dei propri pazienti (ex multis, secondo Maurizio Mori, componente del Comitato Nazionale per la Bioetica, il vaccino contro il Covid sarebbe "doveroso sul piano etico e obbligatorio sul piano deontologico per quelle categorie di professionisti che vivono accanto ai malati e che hanno come missione quella di proteggere i loro pazienti", aggiungendo che, comunque, è opportuno "mantenere un atteggiamento di prudenza", anche tenuto conto che "imporre un obbligo che poi non viene rispettato porta al discredito della legge stessa"; anche il segretario nazionale dell'Anaao Assomed, dott. Carlo Palermo, che ha ribadito come la vaccinazione rappresenti "un atto di responsabilità per i medici che devono sempre garantire la sicurezza delle cure e la tutela dei soggetti più fragili").

b) Le possibili problematiche per il datore di lavoro e per il lavoratore.
Ebbene, è evidente che una tale complessità di norme e principi ponga diversi possibili profili problematici sia in capo al datore di lavoro che al lavoratore; e in particolare:

i. l'inosservanza degli obblighi di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro, quando sia causa di un'infezione da Covid-19, può comportare, a carico del datore di lavoro e/o del medico competente e/o dei soggetti preposti, conseguenze sia sul piano civile che penale;

ii. sul datore di lavoro grava l'onere di garantire la sicurezza, oltre che dei lavoratori, anche dell'utente del servizio offerto (si pensi, ad esempio, ad un gestore di un ospedale o di una casa di cura: se dall'omissione della vaccinazione deriva la contrazione, da parte di un paziente, della malattia, il gestore potrebbe essere ritenuto responsabile, sia sul piano civile che penale);

iii. anche l'inosservanza, da parte del lavoratore, degli obblighi di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro può comportare conseguenze sia sul piano civile che penale quando sia causa di un'infezione altrui da Covid-19;

iv. l'inosservanza degli obblighi di cui alla normativa in materia di salute e sicurezza sui posti di lavoro da parte del lavoratore può integrare altresì un comportamento di rilievo disciplinare, tenuto conto, tra l'altro, di quanto previsto dal CCNL applicato, che, nei casi più gravi (come ad esempio in caso di infezione da Covid-19 costituente una lesione personale), potrebbe fondare un licenziamento disciplinare;

v. qualora la mancata vaccinazione comporti, a giudizio del medico competente, una inidoneità alla mansione, il lavoratore può essere allontanato e/o sospeso dal servizio, qualora non vi siano altri ruoli ove essere ricollocato; si ricorda che, nel nostro ordinamento, l'inidoneità totale alla mansione può comportare il licenziamento del lavoratore;

vi. la mancata ottemperanza del lavoratore all'invito del datore di lavoro a vaccinarsi contro il Covid-19 può altresì integrare un'ipotesi di inadempimento degli obblighi generali contrattuali discendenti dal rapporto di lavoro;

vii. infine, il rifiuto di vaccinarsi può integrare, per alcune tipologie di lavoratori, anche un illecito deontologico.

c) Conclusioni.
In attesa di un preciso intervento del Legislatore, la questione della vaccinazione contro il Covid-19 è, allo stato, rimessa al libero (che è tale solo quando caratterizzato da consapevolezza) arbitrio dei soggetti coinvolti.
Da un lato, infatti, il datore di lavoro è chiamato a porre in essere tutte le misure di sicurezza per garantire la tutela della salute e della sicurezza dei propri lavoratori, oltre che degli eventuali terzi presenti nei luoghi di lavoro, in relazione ai quali, è opportuno ricordare, possono essere integrate ipotesi di responsabilità civile, ma anche penale, del datore di lavoro stesso in quanto titolare di un'attività e/o un servizio.
Dall'altro, il lavoratore, oltre che titolare di diritti, è anche gravato da doveri, derivanti dal rapporto contrattuale con il dator di lavoro e/o dal rapporto (non-contrattuale) con i colleghi e i terzi con cui viene in contatto sul posto di lavoro, e ciò in virtù del fatto che non è solo destinatario e beneficiario delle norme poste dalla normativa in materia, ma è anche parte attiva della struttura aziendale della sicurezza.
Pertanto, se è pur vero che, allo stato, l'adesione o meno alla vaccinazione è rimessa alla libera scelta degli individui/lavoratori, è bene che gli stessi siano informati (in primis dal datore di lavoro) e consapevoli che la scelta di non vaccinarsi non è priva di conseguenze, anche pesanti, sul rapporto di lavoro.
Ebbene, a fronte dell'inerzia del Legislatore, anche sulla scorta dell'esperienza del "Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro", sottoscritto il 14 marzo 2020 dalle Organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro, Cgil, Cisl, Uil, condiviso con il Governo, aggiornato in data 24 aprile 2020 (che ha assunto un ruolo importante nella gestione dell'epidemia nei luoghi di lavoro e che ha assurge a vera e propria fonte del diritto, in virtù dell'art. 29 bis D.L. 23/2020, conv. in L. 40/2020), pare opportuno coltivare il dialogo tra le parti sociali, i sindacati e i rappresentanti dei datori di lavoro, al fine di tentare di addivenire alla formulazione di uno strumento condiviso (quale ad esempio un protocollo di sicurezza o un'integrazione del Protocollo ) che consenta la continuazione delle attività aziendali e della erogazioni dei servizi (soprattutto quelli alla persona), nel rispetto della salute e della sicurezza dei lavoratori, dei diritti di questi ultimi, ma anche dei diritti dei terzi e, più in generale, dell'incolumità e della salute pubblica.

* a cura dell'avvocato Lucia Rapallo, Studio Legale De André

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Nota

TITOLO I Principi comuni - Capo I Disposizioni generali - Articolo 1 - Finalità

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