Penale

Giurisdizione italiana anche su fatti commessi da stranieri completamente all'estero

di Paola Rossi

La Cassazione conferma la giurisdizione italiana e, di conseguenza, la legittimità della misura cautelare personale a carico del comandante del cargo libanese "Bana" attraccata a inizio 2020 al porto di Genova. La Cassazione ha affermato con la sentenza n. 19762/2020 la giurisdizione italiana in base al comma 2 dell'articolo 10 del codice penale e l'ha negata in base alla Convenzione Onu di Palermo adottata nel 2000 e resa esecutiva in Italia con legge del 2006 sul contrasto alla criminalità organizzata transnazionale. Infatti, secondo la Corte, la norma convenzionale che afferma la giurisdizione dello Stato contraente, anche per fatti completamente realizzati all'estero, non è norma autoesecutiva, ma essa affida ai Paesi contraenti la facoltà di regolamentare tali casi eccezionali di radicamento della giurisdizione in assenza di legami tra reato territorio nazionae.

Norme internazionali non autoesecutive - Per la Cassazione tali tipi di norme internazionali per la loro efficacia necessitano di norme nazionali di dettaglio, che non si possono intravedere nella generale legge di esecuzione di un trattato.

Il fatto - L'accusa derivava dalla testimonianza del terzo ufficiale della motonave il quale abbandonando la nave ormeggiata nel porto genovese ha contestualmente chiesto asilo nel nostro Paese e dichiarato alle autorità italiane l'avvenuta violazione delle norme internazionali sul commercio di armi e, specificatamente, di quelle sull'embargo di armi verso la Libia. Secondo il racconto dell'ufficiale dissociatosi dal resto dell'equipaggio la nave libanese affittata dalla Turchia di Erdogan si era lì recata per caricare armi e tecnologie militari da consegnare alla fazione di Al Serraj in Libia. Così intervenendo di fatto a favore di uno dei due contendenti il potere nello Stato africano. E, soprattutto, violando le norme internazionali Ue e Onu che hanno fissato l'embargo di armi verso la Libia. Il dato storico riportato dal richiedente asilo e che aveva radicato la giurisdizione in Italia (non per un fatto commesso da soggetti stranieri interamente all'estero, ma per essere stato consumato il reato "anche" in Italia) era stato quello dell'affermata ricezione sul suo cellulare di un sms pubblicitario di wind nella tratta Turchia-Libia durante una delle tante disattivazioni del sistema Ais per il rilevamento della posizione della nave. Fatto storico non corroborato ancora di altre conferme, ma come già detto, per la Cassazione la legittimazione del giudice italiano già nella fase della cautela deriva dal fatto che il ministero competente ha chiesto di procedere per un fatto che - se non fosse confermato il sillogismo tra sms e attraversamento delle acque italiane - resterebbe communque commesso da stranieri interamente all'estero, perseguibile in Italia appunto grazie alla richiesta ministeriale prevista all'articolo 10 del Codice penale.

Corte di cassazione - Sezione I Penale - Sentenza 1° luglio 2020 n. 19762

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