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Il nuovo "cram down" nelle procedure da sovraindebitamento e il suo collegamento con la legge fallimentare

La legge 176/ 2020 ha incardinato l'istituto nella Legge 3/12 traslando quanto già previsto nel D.Lgs 14/19 ma nell'inserimento del dettame legislativo ha peccato di difformità rispetto al Codice della Crisi e dell'Insolvenza e di alcune precisazioni che in realtà sarebbero necessarie, e quindi oggetto di un correttivo, anche nel D.Lgs. 14/20

di Maria Lucetta Russotto, Alessandra Forconi

L'istituto del cram down trae la sua origine nel Chapter 11 del US Bankruptcy Codedove è descritto come la possibilità data all'organo giurisdizionale, in presenza di creditori appartenenti a una classe dissenziente che contestino la convenienza della proposta, di omologare comunque il concordato o la transazione laddove li reputi senza dubbio più conveniente per i creditori dissenzienti.

Per la normativa statunitense la ratio proviene dalla necessità di non interrompere il ciclo economico della produzione e del consumo; per cui, in mancanza di lesione dei diritti del creditore dissenziente, viene sempre favorita la proposta depositata dal debitore poiché si presume che la stessa abbia maggiori caratteristiche di continuità.

Quindi lo scopo fondamentale del Ch. 11 è "quello di fornire uno strumento alle imprese in difficoltà al fine di preservare il loro goingconcernvalue a favore dei loro creditori".

La normativa europea e quella italiana degli ultimi dieci anni, volte entrambe allo stesso principio, si sono quindi in qualche maniera adeguate al modello recependo la ratio statunitense, anche se in maniera meno incisiva rispetto a quanto previsto nel Chapter 11; in quanto costituisce "la procedura più antica e collaudata di riorganizzazione dell'impresa esistente ed è vincente rispetto alla procedura liquidatoria prevista dal Ch.7, consentendo una conservazione di valori aziendali superiore di circa il 78% rispetto a quest'ultima."

La legge 176, entrata in vigore il 25 dicembre del 2020, ha incardinato l'istituto nella Legge 3/12 traslando quanto già previsto nel D.Lgs 14/19; ma nell'inserimento del dettame legislativo ha peccato di difformità rispetto al Codice della Crisi e dell'Insolvenza e di alcune precisazioni che in realtà sarebbero necessarie, e quindi oggetto di un correttivo, anche nel D.Lgs. 14/20.

L'articolo 12 L. 3/12 comma 3 quater norma "Il tribunale omologa l'accordo di composizione della crisi anche in mancanza di adesione da parte dell'amministrazione finanziaria quando l'adesione è decisiva ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all'articolo 11, comma 2, e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione dell'organismo di composizione della crisi, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione è conveniente rispetto all'alternativa "liquidatoria.", testo che trova il suo corrispondente nell'art. 48 del CCI.

La prima criticità si presenta nella letterarietà del testo che indica quale comportamento dissenziente dell'Amministrazione finanziaria la "mancanza di adesione", similarmente a quanto introdotto all'art. 18-bis LF; quando invece la procedura da sovraindebitamento, all'entrata in vigore del codice, verrà incardinata nel concordato minore il quale afferirà quindi a quanto ora previsto all'art. 180 LF che indica invece "mancanza di voto".

Si presume ciò sia dovuto al fatto che al momento, ex art. 11 comma 1 L.3/12, il silenzio è assenso, contrariamente al concordato preventivo; per cui probabilmente non poteva essere introdotto l'istituto della mancanza di voto come nel concordato, anche considerando la futura evoluzione della procedura da sovraindebitamento.

Resta però il dubbio sul significato della locuzione "mancanza di adesione": la quale in diritto è valida sia ove l'ente pubblico manifesti di non accettare la proposta, sia ove lo stesso non esprima sulla medesima alcun intendimento entrando però nel secondo caso in contraddizione con il comma 1 dell'articolo 11 L.3/12.

Dal che si desume che la volontà negativa dovrà sempre essere manifestata e motivata per evitare irragionevoli "resistenze" alla soluzione conciliativa, ove la stessa sia più "conveniente" rispetto a quella liquidatoria.

Un'ulteriore criticità la pone la circolare Agenzia delle Entrate 34/E del 29 dicembre 2020 la quale, riservando all'amministrazione finanziaria la possibilità del diniego motivato, introduce nello stesso la possibilità per l'ufficio di inserire nell'iter di valutazione la condotta del contribuente relativa ad attività distrattive o decettive, ai precedenti fiscali privi di un limite temporale, alle fattispecie di frode e alle tempistiche di pagamento elemento delicato per le imprese del momento pandemico.

L'apparente ragionevolezza della circolare in realtà nasconde in sé la pericolosissima possibilità che gli uffici finanziari si stiano di fatto riservando una sorta di diritto/potere di procedere a un accertamento breve nelle more del giudizio per dimostrare, con un atto non passato in giudicato, elementi a carico del contribuente.

Dilatando quindi i tempi previsti per il diritto di voto, ma soprattutto limitando di fatto il giudice all'esercizio del cram down con un atto che non avrebbe in sé le caratteristiche di certezza definitiva del diritto dell'amministrazione finanziaria; non ultimo dando quasi all'ufficio una sorta di diritto all'accertabilità oltre i termini previsti dalla normativa fiscale.

Considerando poi il peso che avrà la relazione dell'attestatore in ordine alla formulazione del definitivo giudizio del giudice, sorge spontaneo chiedersi non tanto il motivo per il quale all'art. 9 comma 3-bis L.3/12 la relazione abbia elementi necessari estesi, quanto il motivo per il quale tali elementi si ridimensionano invece nel CCI al corrispondente articolo ove mancano alcune delle caratteristiche oggi richieste dalla norma.

Così come diventa legittimo domandarsi anche per quale motivo il legislatore, con una indubbia dose di superficialità, continui a confondere nella lettera della legge la nomenclatura OCC, il quale è l'ente pubblico, con Gestore della Crisi che è invece il soggetto preposto alle attestazioni; ingenerando quindi il dubbio che debba essere l'ente pubblico a redigere la ‘attestazione.

In ultima analisi, se da una parte abbiamo un tribunale di La Spezia del 14 gennaio 2021 che applica il cram down quasi immediatamente dopo l'entrata in vigore della L. 176/2020, ci troviamo di fronte anche a un Tribunale di Bari che, considerando l'ipotesi indicata agli articoli 180 e 182-ter LF, lamentando la mancanza di chiarezza nell'espressione della norma, non applica il cram down nell'incertezza del significato del dettame legislativo.

Possiamo, dunque, considerarlo una delle più fondamentali modifiche introdotte dal "Decreto salva Imprese"; nonostante le criticità evidenziate. Di fatto la normativa italiana si avvicina sempre più al modello statunitense del Capter 11del US Bankruptcy Code e alla ratio, peraltro già prevista nel D.Lgs. 14/19, della continuità anche della piccola impresa e del suo risanamento.

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