Penale

Nella crisi un passo indietro del diritto penale dell’economia

di Fabio Di Vizio

Mentre l’emergenza sanitaria non si placa, cominciano a delinearsi le prime misure a sostegno dell’economia. In prospettiva nazionale, il decreto liquidità, discusso il 6 aprile, profila una poderosa agevolazione dei finanziamenti-ponte alle imprese, con garanzia dello Stato, moratorie nell’accesso a procedure di liquidazione, misure protettive. A livello sovranazionale, poi, il dibattito langue attorno ai temi noti: prestiti tramite il Mes, eurobond, potenziamento della Bei, allentamento dei vincoli ai debiti sovrani, politica monetaria espansiva della Bce.

Silente, o quasi, invece, il dibattito sulle condizioni strutturali della ripresa economica che imporrà iniziative complesse, non riservate agli economisti, dovendosi salvaguardare condizioni irrinunciabili del diritto dell’economia.

Le prime iniziative normative sospendono il rispetto di regole vissute sinora come prudenziali per la salute dell’economia e la salvaguardia delle ragioni dei creditori. Si pensi alla temporanea moratoria delle istanze di fallimento, alla sospensione dei doveri di reintegrazione del capitale sociale e di salvaguardia dei patrimoni aziendali.

Lo stesso, poi, deve osservarsi per la presunzione di continuità nella redazione dei bilanci.

Nella struttura dei primi interventi normativi la diretta connessione di tali moratorie con l’interruzione dei flussi di cassa dovuta al lockdown appare impalpabile e alto è il pericolo di abuso da parte di chi non è meritevole perché già in crisi irrimediabile pre-Covid.

Se si immagina di congegnare regole delle quali l’imprenditore potrà giovarsi “alle spalle” dell’Autorità giudiziaria (ma, prima, dei creditori), si alimenta una miope aspirazione alla latitanza del diritto.

Ben altro, invece, è il tema dei limiti all’intervento regolatorio dello Stato in materia economica.

In proposito, occorre preservare, già in questa fase, il valore di tali limiti, poiché, poi, non sarà facile ricondurre uno Stato “pagatore” alla condizione di mero regolatore.

Del resto, il diritto non deve idealizzare la realtà economica, ma riconoscerla per quello che è, adattandole gli istituti.

Se è deciso il differimento dell’entrata in vigore del nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, la regolamentazione privatistica dovrà introdurre modifiche più consistenti nell’accesso alle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, cessioni e affitti di azienda, finanziamenti infragruppo).

Il trattamento tributario dovrà assecondare oneste riorganizzazioni aziendali. Tutto ciò, però, sempre coniugando la continuità imprenditoriale con la correttezza della rappresentazione della crisi, non con il suo occultamento. Il diritto dell’economia sarà per molto tempo disciplina dell’emergenza, ma ogni soluzione andrà costruita su un patto chiaro: il prezzo della certezza giuridica è la correttezza con la quale si rappresenta la crisi.

Per riorganizzare al meglio gli attivi e soddisfare i creditori è solo nella trasparenza che la continuità aziendale potrà diventare valore mediabile con la responsabilità patrimoniale; sempre in un contesto giudiziale e non secondo la nascosta convenienza dell’ inadempiente.

Il diritto penale dell’economia deve smettere l’autoreferenzialità nel definire disvalori. La responsabilità delle Procure e dei Tribunali nel contrasto degli abusi sarà da rifondare. A fronte della severa lettura penalistica di molte operazioni straordinarie funzionali alla protezione degli attivi dovranno essere trovate soluzioni originali, chiare e certe. Ricollegarne la punizione alla sorte infausta costituirebbe remora ad assumere ragionevoli rischi. La prevedibilità delle decisioni giudiziali è valore anche economico. Così, rispetto a trasparenti riorganizzazioni aziendali la tutela penale dovrà essere complementare e non sopravanzare quella civile o amministrativa già logicamente progressive. Ciò che non attinge al grado di illecito civile e non costituisce nascosta frode, dunque, non dovrà essere di interesse dei giudici penali.

Infine, ogni riforma ha prospettive di tenuta solo se svolta in un quadro eurounitario. L’integrazione normativa europea è realtà da potenziare, estendendo la previsione dell’articolo 83 Tfue ai reati della crisi economica, per evitare dannose competizioni ordinamentale o arbitraggi normativi funesti per le economie nazionali.

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