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Il Tribunale di Roma ipotizza la riduzione del 70% dei canoni di affitto durante il lock-down

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A cura di Ruben Pescara e Andrea Presotto – Studio Nunziante Magrone

Con l'ordinanza del 29 maggio 2020, la quinta sezione del Tribunale di Roma ha rigettato un ricorso ex art. 700 cod.proc.civ. depositato da un affittuario di un negozio di un noto marchio del settore borse, valigerie e accessori moda sito in un centro commerciale di Roma, il quale chiedeva di sospendere il pagamento di qualsiasi somma dovuta al concedente e di inibire quest'ultimo dall'agire per la riscossione delle somme dovute, ivi inclusa l'escussione delle fideiussioni bancarie prestate dall'affittuario.


Inizialmente, il ricorrente aveva ottenuto i naudita altera parte un decreto che inibiva al concedente qualsiasi attività di recupero del credito. Una volta instaurato il contraddittorio, invece, il Tribunale, con una articolata motivazione, non ha confermato la misura.
Innanzitutto, il Tribunale ha escluso che la normativa emergenziale di questi mesi autorizzi il debitore a sospendere l'adempimento delle proprie obbligazioni (come già aveva concluso il Tribunale di Bologna nell'ordinanza dell'11 maggio 2020 ( Il diritto delle obbligazioni sarà l'ennesima vittima del coronavirus? L'escussione delle fideiussioni ai tempi del Coronavirus: l'art. 91 del Decreto Cura Italia)


l'art. 91 del Decreto Cura Italia prevede infatti un'esenzione da responsabilità per danni – e non un esonero dall'adempimento delle proprie obbligazioni (in questo caso, del pagamento dei canoni) – nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento sia dipeso dal rispetto delle misure di contenimento della pandemia da Covid-19. Parimenti, il Tribunale ha ritenuto che la clausola di forza maggiore contenuta nel contratto (”la Concedente non sarà ritenuta responsabile per il mancato o non corretto adempimento delle proprie obbligazioni ai sensi del presente Contratto qualora il mancato o non corretto adempimento siano dovuti ad una causa di Forza Maggiore” che comprende “...atti, omissioni, impedimenti da parte di organi amministrativi e/o giurisdizionali...”) “incide sull'obbligo del debitore inadempiente di risarcire il danno causato dal proprio tardivo o mancato adempimento ma senza liberare il debitore dai propri obblighi contrattuali, né tantomeno rendere possibile l'estinzione dell'obbligazione”.


In secondo luogo, il Tribunale ha ribadito che l'obbligo delle parti di comportarsi secondo buona fede in fase di trattativa e in costanza di contratto (artt. 1337 e 1375 cod.civ.) non comporta l'obbligo di rinegoziare il contratto nel caso in cui l'originario assetto negoziale venga stravolto da un evento sopravvenuto imprevedibile ed inevitabile. A ragionare diversamente, secondo il Tribunale, si “rischierebbe di minare le possibilità, per le parti, di confidare nella necessaria stabilità degli effetti del negozio”.


Nonostante tali premesse, il Tribunale di Roma ha comunque riconosciuto (ma solo in parte) che l'affittuario aveva un fumus boni iuris nella sua pretesa di sospendere il pagamento del canone durante il periodo di lock-down: secondo il Tribunale, infatti, a seguito delle chiusure imposte con i vari DPCM, il concedente non ha potuto garantire all'affittuario il pieno esercizio del ramo d'azienda, con ciò rendendosi inadempiente agli obblighi assunti con il contratto di affitto (che prevedevano, tra le altre cose, il “diritto ad esercitare all'interno dei Locali… l'attività di vendita al dettaglio di articoli di pelletteria…”). In questo modo, il Tribunale pare aver sposato la tesi di un'autorevole dottrina, secondo cui – in materia di locazioni – l'impossibilità di garantire il godimento dell'immobile a seguito dei DPCM rappresenta un parziale inadempimento del locatore, cui corrisponde il diritto del conduttore ad una riduzione della controprestazione, ai sensi dell'art. 1464 cod.civ.
Il Tribunale ha quindi un po' apoditticamente determinato la misura di tale inadempimento parziale nel 70% dei canoni di marzo e aprile (complessivamente circa 10 mila Euro), poiché “la porzione di prestazione rimasta ineseguita è oggettivamente quella di maggior significato economico nell'ambito del sinallagma”. Considerato l'importo piuttosto modesto della prestazione rimasta inadempiuta, e la sussistenza di una debitoria pregressa di oltre 43.000 Euro, il Tribunale però non ha ritenuto di confermare la misura cautelare ed ha rigettato il ricorso dell'affittuario per mancanza di “periculum in mora”.


In definitiva, il Tribunale di Roma – pur dimostrando un certo favor per il debitore (forse nemmeno troppo meritato, visto che l'affittuario già prima della pandemia si era reso moroso) con un argomento non del tutto convincente (e cioè l'inadempimento, seppur incolpevole, del concedente) – arriva alle stesse conclusioni del Tribunale di Bologna (v. sopra) e rigetta la richiesta del debitore di inibire l'escussione delle fideiussioni: è ancora presto per dire quale sarà l'orientamento dei giudici quando saranno a chiamati a decidere nel merito, ma è già evidente la tensione tra le esigenze di tutela dei conduttori/affittuari (un po' aprioristicamente considerati una parte debole, ma forse varrebbe la pena distinguere caso per caso) e i rimedi piuttosto limitati (e a volte anche confusi) della decretazione di emergenza.

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