Civile

Amministratore di sostegno a chi cade vittima di «truffe amorose» online

Disposta la misura di protezione per una donna di 60 anni che inviava denaro a sconosciuti con cui chattava

di Marisa Marraffino

Cade vittima di “truffe amorose” sui social network, marito e figlie le fanno nominare l’amministratore di sostegno. È capitato a Ravenna dove una donna di 60 anni aveva dilapidato 43mila euro donandoli a sconosciuti che l’avevano contattata su Facebook. È la prima volta che i giudici (Tribunale di Ravenna, sentenza 102 del 4 febbraio 2021) si pronunciano sulla necessità di una misura di protezione in favore di chi regala ingenti somme di denaro a utenti conosciuti online.

La vicenda

Da circa sei anni la donna passava ore a chattare con persone di sesso maschile di origine straniera che dicevano di essere in difficoltà e di volerle bene. A quel punto scattava la trappola, la donna si impietosiva ed elargiva cospicue somme di denaro ai suoi interlocutori, mai incontrati nel mondo reale e a volte neppure mai visti attraverso webcam.

La famiglia ricorre al tribunale dopo due donazioni di 35mila e 8mila euro effettuate a un tale “Winston”, conosciuto dalla donna su Facebook e visto una sola volta attraverso una videochiamata, perché questi le aveva riferito di avere bisogno di aiuto, e a un tale “Patrick”, mai visto, ma che avrebbe promesso di andare a trovarla.

Per il marito e le figlie la donna aveva perso ogni contatto con la realtà, arrivando addirittura a credere di avere un’altra figlia e un marito all’estero ai quali avrebbe inviato del denaro.

In tribunale la donna si era difesa sostenendo di sentirsi sola anche all’interno della propria famiglia, ma di non essere affetta da alcuna patologia psichiatrica. Al giudice aveva dichiarato che internet rappresentava per lei l’occasione per creare nuove amicizie, di cui poi era rimasta vittima, ma di essere perfettamente in grado di badare a se stessa.

La decisione

Di diverso avviso il Tribunale di Ravenna, che ha considerato la donna non padrona delle proprie azioni e quindi bisognosa di una misura di protezione, individuata nella nomina di un amministratore di sostegno, che per il futuro le impedirà di sperperare online il proprio denaro.

La famiglia aveva chiesto la dichiarazione di inabilità per la donna, ma la nomina dell’amministratore di sostegno è stata ritenuta dal tribunale più duttile anche perché potrebbe essere più facilmente revocata nel caso in cui la donna tornasse in sé.

Per il giudice la prodigalità, anche quando non deriva da una malattia o infermità, se si concretizza in un rischio eccessivo e non giustificato, può far scattare la tutela. Lo stesso principio vale per i casi di ludopatia, in cui la nomina di un amministratore di sostegno è servita a garantire che interi patrimoni non venissero dissipati per assecondare la dipendenza dal gioco di chi ne è vittima (Tribunale di Modena, sentenza 1196 del 22 luglio 2019).

Dal punto di vista penale le cosiddette “truffe amorose” invece sono approdate fino alla Corte di cassazione che le ha qualificate come manipolazioni mentali idonee a raggirare la vittima, convincendola a compiere azioni mossa dalla falsa convinzione dei sentimenti provati dal suo interlocutore e dai progetti di vita più volte prospettati (Corte di cassazione, sentenza 25165 del 6 giugno 2019).

E il Tribunale di Catania, con la sentenza 3562 del 13 novembre 2020, ha condannato a 5 anni di reclusione senza attenuanti due imputati che su Facebook avevano messo in scena una truffa affettiva, fingendo di essere una giovane donna tedesca maltrattata dal marito. Per la fuga in Italia e per coronare il “sogno d'amore” della vittima avevano chiesto ingenti somme di denaro. A incastrarli le chat e le intercettazioni disposte dopo la querela dell’uomo.

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