Civile

DAC6: "standard di conoscenza" e corporate tax governance degli intermediari finanziari

La DAC 6 riguarda notoriamente lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale con riferimento a schemi, progetti o operazioni di potenziale pianificazione fiscale aggressiva a carattere transnazionale

di Patrizio Braccioni*


E' stata di recente pubblicata la bozza di Circolare dell'Agenzia delle Entrate - Divisione Contribuenti, portante chiarimenti in tema di recepimento in Italia della DAC 6, attuata con il D. Lgs. 30 luglio 2020 n.100.

La DAC 6 riguarda notoriamente lo scambio automatico obbligatorio di informazioni nel settore fiscale con riferimento a schemi, progetti o operazioni di potenziale pianificazione fiscale aggressiva a carattere transnazionale (che la DAC 6 qualifica come "meccanismi transfrontalieri").

La Circolare dell'Agenzia delle Entrate sarà, in ordine di tempo, solo l'ultimo ma sicuramente il più rilevante tra i provvedimenti attuativi della DAC 6, e la bozza è stata sottoposta ad una consultazione pubblica che scadrà il 15 gennaio.

Gli operatori attendono l'emanazione di questo provvedimento in via definitiva entro fine mese, dato che il 31 gennaio scadrà il termine per l'inoltro delle prime informazioni, quelle che riguardano i meccanismi transfrontalieri posti in essere nel periodo compreso fra il 1 luglio e il 31 dicembre 2020. Nei mesi successivi saranno comunicate rispettivamente le informazioni che riguardano i meccanismi posti in essere tra il 25 giugno 2018 e il 30 giugno 2020 (28 febbraio) e quelli posti in essere nel primo trimestre 2021 (30 aprile), prima scadenza "a regime" della normativa.

La lettura della bozza di Circolare offre numerosi spunti di riflessione.
Noi ci siamo focalizzati su quelli inerenti agli aspetti di governo della DAC 6 da parte degli intermediari finanziari, che a nostro parere sono tra i meno esplorati dalla dottrina.
Infatti, gli intermediari finanziari (assieme ad alcune categorie di professionisti quali notai, avvocati, esperti contabili e altri) sono tra gli attori principali di questa normativa, la cui gestione rende indispensabile dotarsi di un'organizzazione adeguata.

Tra vari ruoli potenziali, essi possono essere anche "fornitori di servizi", individuati dal promotore del meccanismo in vista della sua attuazione e pertanto, come quest'ultimo, tenuti ai medesimi obblighi di notifica

Ora, se escludiamo le operazioni routinarie, nello specifico tutta la vastissima area dei pagamenti, non pare si possa dubitare che altre tipologie di operazioni con la clientela possano qualificarsi come servizi resi a favore di meccanismi, con conseguente obbligo di comunicazione.

Il primo pensiero va quindi ai finanziamenti, attività tipica delle banche (e non solo), di cui sono anche costellati i numerosi esempi rinvenuti nella bozza di Circolare.

A nostro avviso, l'attenzione dovrebbe appuntarsi sul passaggio in cui l'Agenzia, nel qualificare lo "standard di conoscenza" idoneo e sufficiente a giustificare l'obbligo di comunicazione, precisa che nelle realtà organizzative più complesse la valutazione di detto standard andrebbe effettuata con riferimento alle informazioni comunque disponibili per l'entità nel suo complesso (p.19 della bozza).

Se da un lato questa affermazione non può non essere condivisa, resta la necessità che l'intermediario ponga in essere processi e procedure interne che consentano in primo luogo di raccogliere tutte le informazioni frazionate e, successivamente, farle valutare da soggetti con la necessaria competenza ed esperienza; in merito, si deve tenere presente che le operazioni di pianificazione fiscale aggressiva normalmente rispettano le norme sul piano formale ma le violano su quello sostanziale.

E' per questo che la soluzione migliore per combattere il fenomeno è stata lo scambio di informazioni preventivo. L'esperienza aveva infatti dimostrato che le tradizionali attività di accertamento (quindi azioni ex-post) rischiavano talora di essere inefficaci.

Questa constatazione rivela però un primo e rilevante aspetto: se l'individuazione di talune operazioni era talora sfuggita alle Autorità fiscali, il rischio che oggi possano sfuggire agli intermediari finanziari non è remoto. Gli elementi distintivi di cui all'All. 1 del D.lgs.100/2020 costituiscono sicuramente un buon ausilio, ma nella pratica quotidiana potrebbero risultare insufficienti.

Quanto sopra evidentemente nell'ipotesi in cui l'elaborazione e la commercializzazione del meccanismo transfrontaliero siano estranee all'intermediario finanziario, che viene contestualmente chiamato solo a fornire dei servizi inerenti allo stesso.

Le paventate difficoltà possono risultare in qualche misura aggravate anche a causa di alcuni esempi rinvenuti nella bozza di Circolare.

Ve ne sono infatti alcuni in cui il meccanismo descritto ricomprende (e talora con la caratteristica di qualità essenziale) violazioni della normativa tributaria.

I casi descritti di (volontario) mancato rispetto delle norme sui prezzi di trasferimento, di interposizione fittizia, assieme ad altri rendono ancora più complessa l'individuazione dei meccanismi perché gli stessi dovrebbero essere comunicati prima ancora che le violazioni normative siano state commesse.

A nostro avviso sarebbe opportuno che l'Agenzia delle Entrate riconsiderasse alcuni di questi esempi, sia per i motivi poco sopra richiamati sia perchè non è da escludere che le violazioni descritte possano ricadere in fattispecie di reato, e quindi giustificare l'esclusione dall'obbligo di comunicazione (secondo il noto brocardo "nemo tenetur se detegere").

Va comunque affrontata la problematica più generale illustrata all' inizio, originata dallo "standard di conoscenza" descritto nella bozza.

Riteniamo che a questi fini la strada maestra sia la creazione di un solido sistema interno di presidio del rischio fiscale e, più in generale, di corporate tax governance.

Abbiamo già fatto cenno all'esigenza di creare processi e procedure interni che consentano di raccogliere le informazioni frazionate e fornire ai decisori un quadro più ampio possibile del meccanismo transfrontaliero.

Sul piano di una maggiore concretezza, gli intermediari finanziari dovrebbero agire su due fronti paralleli. Il primo, ampliare quanto più possibile la cultura fiscale del personale interessato attraverso webinar, seminari interni e ogni altro mezzo di formazione che la tecnologia mette a disposizione.

Il focus della formazione dovrebbe appuntarsi sull' illustrazione degli elementi distintivi con l'obbiettivo di far comprendere a chi opera sul campo i sistemi utilizzati per ottenere i vantaggi fiscali indebiti.

Il secondo, coinvolgere quanto più possibile gli esperti fiscali, interni o esterni, nelle fasi iniziali dei processi decisionali.

Molto utile sarebbe anche la partecipazione diretta di questi ultimi ad alcuni Comitati (così come previsti anche dall'organizzazione interna e/o dalla normativa regolamentare) anche quando non abbiamo come oggetto tematiche fiscali. In proposito, va sempre ricordato che il rischio fiscale pervade l'attività finanziaria e anche settori che in apparenza non hanno nulla a che vedere con la fiscalità ma ne sono alla fine influenzati.

Un esempio pratico proprio nell'ambito in discussione: se l'erogazione di crediti a favore di certi prenditori o a certe condizioni può rappresentare un servizio a favore di un meccanismo transfrontaliero, perché non coinvolgere opportunamente esperti fiscali nei Comitati Crediti ?

Come ultima riflessione, va ricordato che la DAC 6 si è esplicitamente ispirata alla legislazione antiriciclaggio, e su questo piano è innegabile che in alcune ipotesi ed a certe condizioni i meccanismi transfrontalieri possano integrare anche ipotesi di riciclaggio.

Un' efficace corporate tax governance avrebbe quindi effetti di prevenzione anche in questo ambito.

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*Partner - LED Taxand Studio Legale Tributario

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