Lavoro

Licenziamento per il lavoratore che non vuole vaccinarsi

Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare circa la possibilità che il datore di lavoro possa intimare il licenziamento al dipendente che si sottrae all'obbligo dio essere vaccinato contro il Covid19, e vi è stato un interessante confronto tra alcuni autorevoli giuslavoristi che hanno posto con puntualità la propria rispettiva posizione

di Marco Proietti*


Negli ultimi giorni si è fatto un gran parlare circa la possibilità che il datore di lavoro possa intimare il licenziamento al dipendente che si sottrae all'obbligo dio essere vaccinato contro il Covid19, e vi è stato un interessante confronto tra alcuni autorevoli giuslavoristi che hanno posto con puntualità la propria rispettiva posizione; la quaestio giuridica è sorta all'indomani dell'intervista rilasciata dal magistrato Raffaele Guariniello nella quale lo stesso ha sostenuto che, fermo restando i principi costituzionali che regolano l'ordinamento giuridico italiano, il TU 81/2008 consentirebbe il licenziamento del lavoratore che rifiuta di sottoporsi al trattamento anti-covid, ovvero il vaccino. A tale prima affermazione ha fatto seguito, in senso rafforzativo, la voce di altro autorevole giurista, Pietro Ichino, che ha ribadito il concetto legandolo stavolta all'art. 2087 cod. civ. in ragione del quale "il datore di lavoro è obbligato ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessaire per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda".


Tali suggestioni hanno suscitato un confronto tra gli esperti del settore e non è mancato chi ha sollevato più di un dubbio sull'esistenza di un obbligo di questo tipo in capo al lavoratore.

Da un lato vi è chi (SCARPELLI) ha posto l'attenzione sul concetto di natura indispensabile del vaccino per la tutela della salute e dall'altro lato chi (FALASCA) ha affrontato la questione sul piano della esistenza o meno di un vero obbligo contrattuale.

La lettura delle norme può sicuramente aiutare a fare luce sull'argomento.

Il TU 81/2008 – Gli articoli 20, 42 e 279.

Dunque, il Testo Unico 81 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro affronta l'argomento in tre articoli.

L'articolo 20
Stabilisce un vero e proprio obbligo di cooperazione da parte del lavoratore nel rispetto e nell'osservanza delle prescrizioni a tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, stabilendo espressamente che dalla sua condotta discendono "effetti delle sue azioni o omissioni" e questo apre a diversi scenari: non solo una corresponsabilità in caso di incidenti sul luogo di lavoro, sia che riguardino la propria persona ma soprattutto se coinvolgono altri dipendenti o perfino soggetti terzi e, in secondo luogo, un'inevitabile responsabilità disciplinare in caso di inosservanza agli obblighi dettati.
Un principio chiaro, proporzionato e indissolubilmente connesso alla leale collaborazione con il datore di lavoro.

L'articolo 42
Si riferisce alla inidoneità sopravvenuta alla mansione – per varie ragioni, quale anche una invalidità derivante da fattori esterni, come un incidente automobilistico per esempio – da cui discende l'obbligo del datore di lavoro di allontanare il prestatore dall'azienda: la norma, tuttavia, precisa che l'allontanamento deve essere temporaneo e comunque il datore di lavoro deve osservare l'obbligo al repechage per individuare mansioni diverse alle quali assegnare il lavoratore. Solo qualora ciò non fosse possibile si potrebbe procedere al licenziamento.
Su questo articolo è avvenuta una parte della riflessione giuridica in favore del licenziamento per chi si sottrae all'obbligo vaccinale (che comunque ancora non esiste): il lavoratore sarebbe inidoneo a qualsiasi attività, poiché potenzialmente infetto, dunque deve essere licenziato.
E' evidentemente una forzatura

L'articolo 279
E' il punto di partenza di Guariniello che viene combinato all'art. 2087 cod. civ. da parte del prof. Ichino e che, in sintesi, stabilisce l'obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione "vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente" nonché ribadisce l'allontanamento previsto dal richiamato art. 42 che non si vaccina.
L'articolo in questione, però, fa riferimento ai "lavoratori esposti ad agenti biologici" dunque l'intento del Legislatore fu quello di tutela coloro i quali lavorano a stretto contatto con determinati patogeni (ad esempio chi lavora in laboratorio) poiché diversamente chiunque potrebbe considerarsi esposto ad agenti patogeni, a prescindere al luogo di lavoro.

In questo caso, dunque, la forzatura è duplice:

i) il datore di lavoro non ha alcun obbligo di somministrare il vaccino, che spetta sempre e comunque al medico competente;

ii) l'esposizione agli agenti biologici viene intesa in senso eccessivamente estensivo.

La posizione della Costituzione Italiana.
Ma esiste la possibilità di obbligare al vaccino? Evidentemente si, ma l'eventuale introduzione dell'obbligo deve avvenire tramite legge ordinaria e nel rispetto di alcuni principi chiaramente sanciti dall'articolo 32 della Costituzione.
Andando con ordine. L'art. 32, 2° comma dispone: "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana"; appare piuttosto evidente che la legge ordinaria può imporre, come già capita infatti, l'obbligo di trattamenti sanitari, tra cui quello di inoculazione di un nuovo vaccino, ma ciò deve avvenire con un bilanciamento delle posizioni in gioco così come attentamente richiamato anche dal prof. Alfonso Celotto in una recente intervista.
La tutela della salute, infatti, implica una dovere di collaborazione dell'individuo nel "non ledere né mettere in pericolo con il proprio comportamento la salute altrui" (Corte costituzionale, sent. n. 218 del 1994).
Chiaramente ci sono dei limiti tra cui evitare che dal trattamento sanitario possano esservi conseguenze negative per la salute di chi vi è assoggettato – salvo le conseguenze tollerabili, come un contro effetto ad un farmaco del tutto temporaneo – nonché il bilanciamento tra la tutela della salute ed il diritto alla libera autodeterminazione, come avviene per gli obiettori di coscienza.

Qualche dubbio sulla legittimità di tale licenziamento.
Si arriva quindi al punto di caduta. Sarebbe possibile licenziare chi rifiuta di sottoporsi al vaccino? Allo stato attuale, per quello che sono le leggi vigenti, la risposta è no.
Un licenziamento del genere sarebbe evidentemente illegittimo per una serie di ragioni.
In primo luogo, non esiste ancora un obbligo di leggere relativo alla vaccinazione e non sarebbe in alcun modo giustificabile imporlo nei confronti dei lavoratori, neppure con un accordo sindacale di secondo livello; in secondo luogo, ed è il tema attorno al quale probabilmente si incentra tutta la vicenda, il vaccino deve ritenersi efficace dunque indispensabile per evitare il contagio ovvero deve risultare incontrovertibile che, una volta vaccinato, il lavoratore non sia poi comunque portatore "sano" del virus.
Un licenziamento irrogato in queste condizioni sarebbe perfino ritorsivo, e non tiene neppure conto che – come accade per le molte forme influenzali – la positività al virus riscontrata sul luogo di lavoro non equivale alla prova che lo stesso sia lì presente, e che invece (come probabile) il prestatore ne sia entrato a contatto altrove, magari tra le mura domestiche.
Infine, la tutela della salute prevede – come richiamato – un bilanciamento degli interessi. Cosa fare se il lavoratore vaccinato avesse degli effetti collaterali che valichino il limite della tollerabilità? Una reazione allergica importante, una neoplasia, o comunque l'evoluzione di malattie connesse alla inoculazione del vaccino.
Il datore zelante rischierebbe una causa per risarcimento del danno proprio in ragione di quanto esposto dal TU 81/2008.

In attesa di tempi migliori.
La questione è sicuramente oggetto dei prossimi confronti. Si potrà fornire una valutazione migliore, e più dettagliata, solo nel momento in cui verrà approvata una legge che stabilisca l'obbligatorietà del vaccino, secondo criteri di proporzionalità e non manifesta illogicità. Salvo che, nel frattempo, non si raggiunga comunque l'immunità di gregge rendendo l'obbligo inutile

*a cura dell ' avv. Marco Proietti (Giuslavorista)

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

TITOLO I Principi comuni - Capo I Disposizioni generali - Articolo 1 - Finalità

Decreto legislativo