Responsabilità

Riconosciuto il risarcimento morale alla vittima bullizzata

Il Tribunale di Forlì accertata e dichiarata la responsabilità, ex art. 2043 c.c., dei tre convenuti per gli illeciti commessi, li ha condannati in solido tra loro, sebbene con una diversa gradazione delle responsabilità, al risarcimento del danno morale subito dalla vittima, quantificato in via equitativa con una somma complessiva pari a ventimila euro, oltre interessi legali e integrale refusione delle spese di lite

di Valeria Cianciolo


Accade, purtroppo, sempre più spesso, che molti giovani ricorrano alla violenza nei confronti dei più vulnerabili. La violenza giovanile nelle scuole, conosciuta come bullismo scolastico, è sintomatica di questa immaturità - ma forse sarebbe da definire devianza - che serpeggia fra gli adolescenti.
Il caso all'attenzione del Tribunale di Forlì (sentenza 23 settembre 2021) ha il pregio di aver riconosciuto il ristoro alla vittima del danno morale.
In generale, in sentenza si chiarisce che la voce di danno morale è autonoma e non compresa nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, che si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d'animo di sofferenza interiore.

Il caso - Un adolescente con problemi psichici, seguito dal Dipartimento di salute mentale e da un insegnante di sostegno a scuola, invitato da un amico, suo coetaneo, a casa per giocare con i videogames veniva qui percosso, minacciato e intimidito: tanti gli episodi degradanti che il ragazzo è stato costretto a sopportare in quel pomeriggio da Arancia meccanica, venendo costretto a fare una doccia fredda, completamente vestito; preso a pugni dal ragazzo che lo aveva invitato a casa, il quale nonostante la vittima fosse caduto a terra tramortito, si era poi avventato contro di lui continuando a picchiarlo con calci e pugni. Erano presenti altri due adolescenti che davano al padrone di casa man forte con calci e pugni contro il ragazzo che cercava di proteggersi con le braccia, mentre uno degli aggressori intimava al minore di leccare uno sputo a terra, minacciandolo, in caso contrario, di ammazzarlo con un coltello e un altro, girava un video. Come se ciò non bastasse, il ragazzo che lo aveva invitato, autore materiale di questi atti di violento bullismo, armato di un coltello, lo puntava alla gola della vittima minacciandolo che, se avesse raccontato a qualcuno l'accaduto, lo avrebbe ucciso, avrebbe dato fuoco alla sua casa e fatto del male a sua sorella.

La giovane vittima non raccontava nulla al padre, sebbene fosse coperto di lividi ed escoriazioni e con l'apparecchio dei denti rotto. Con il tempo, lo stato psicofisico del ragazzo peggiorava evidenziando difficoltà comportamentali. Confidato l'accaduto alla sorella, i genitori denunciavano i fatti al Tribunale per i minorenni.

La vittima, divenuta maggiorenne, trasfusi gli esiti delle indagini preliminari in sede penale e i contenuti delle dichiarazioni dei convenuti raccolte in quella sede, conveniva gli autori del fatto in sede civile, avanzando domanda di risarcimento per i danni non patrimoniali (di tipo biologico-psichico e morale) subiti, quantificati in una somma complessiva pari a settantamila euro. I tre giovani bulli convenuti contestavano, ovviamente, la ricostruzione dei fatti.

Il Tribunale di Forlì accertata e dichiarata la responsabilità, ex art. 2043 c.c., dei tre convenuti per gli illeciti commessi, li ha condannati in solido tra loro, sebbene con una diversa gradazione delle responsabilità, al risarcimento del danno morale subito dalla vittima, quantificato in via equitativa con una somma complessiva pari a ventimila euro, oltre interessi legali e integrale refusione delle spese di lite.

Le prove - Il Tribunale giunge alla condanna dei convenuti, innanzitutto, attraverso la relazione neuropsichiatrica, prodotta dall'attore e attestante il danno non patrimoniale di tipo psichico, e dalla quale risultava che i racconti fatti dal ragazzo erano narrati "in maniera molto coerente", ricostruita "con sufficiente precisione ed organizzazione" anche la scansione temporale degli eventi; rappresentato i fatti con "coerenza, precisione e logica ricostruttiva".
Inoltre, le risultanze peritali e le dichiarazioni rese dai convenuti in sede penale nel corso delle indagini preliminari, hanno persuaso senza ombra di dubbio che i fatti riportati dall'attore, come accaduti quel giorno, fossero provati. Tale convincimento era altresì, suffragato dal fatto che la giovane vittima anche in contesti diversi, aveva raccontato i fatti, ribadendo "di avere subito, quel pomeriggio, atti di bullismo consistenti in percosse, minacce, offese, sottrazione del cellulare, intimidazioni e costrizioni", condotte rilevanti sotto il profilo penale, ma fondanti in sede civile anche una responsabilità risarcitoria, ex art. 2043 c.c. e 2059 c.c.

Per una ricostruzione dei fatti, il Tribunale di Forlì ha preso in considerazione la lettura dei verbali di sommarie informazioni e degli interrogatori presenti in sede penale, che sono prove ammissibili, sebbene atipiche. Ma sul punto, occorre ricordare che è possibile consentire l'ingresso nel processo civile a un mezzo di prova non predeterminato dalla legge, purché astrattamente ammissibile, in quanto idoneo a garantire un certo grado di attendibilità nella dimostrazione del fatto storico oggetto di causa, e di rilevanza ai fini del giudizio, e nel caso di specie, nulla hanno opposto i convenuti.

Il concorso morale - I convenuti avevano assunto "condotte che non possono certamente ritenersi meramente passive" in quanto presenti il giorno dell'accaduto e ne erano responsabili, tanto quanto l'autore materiale delle percosse, avendo utilizzato il cellulare della vittima e inviando messaggi offensivi a un'amica dello stesso per umiliarlo, azioni queste significative della loro partecipazione all'evento da non potersi "certamente ritenersi inconsapevole e che anzi non può che comportare un rafforzamento delle azioni" dell'aggressore. Due dei ragazzi hanno escluso la loro responsabilità, ma la loro tesi non è sembrata convincente alla luce dei fatti accaduti: anzi, il fatto di essersi appropriati del cellulare della vittima e di averlo filmato hanno certamente rafforzato il proposito criminoso dell'autore materiale del fatto. E' questa una forma di denigration che è una condotta caratterizzata dalla diffusione informatica o telematica di notizie, fotografie o video (veri o anche artefatti riguardanti comportamenti o situazioni imbarazzanti che coinvolgono la vittima), con lo scopo di lederne l'immagine, offenderne la reputazione o violarne comunque la riservatezza. Nello specifico, i co-autori, non solo non hanno fermato l'amico dal percuotere la vittima, ma hanno cooperato con lui nell'intento criminoso attraverso quello che nel gergo si chiama, baby slapping che consiste nella video ripresa dei maltrattamenti o dei soprusi perpetrati nei confronti della vittima (imposizioni di attività volte a deridere) e alla successiva pubblicazione per via informatica, sempre al fine di pregiudicare l'immagine della vittima dinanzi ad una platea più vasta

Sul punto, a sostegno del fatto che i tre ragazzi abbiano concorso fra di loro nel proposito criminoso, occorre ricordare la differenza fra connivenza e concorso morale: integra la connivenza non punibile una condotta meramente passiva, consistente nell'assistenza inerte, inidonea ad apportare un contributo causale alla realizzazione dell'illecito, di cui pur si conosca la sussistenza, mentre ricorre il concorso nel reato nel caso in cui si offra un consapevole apporto - morale o materiale - all'altrui condotta criminosa, anche in forme che agevolino o rafforzino il proposito criminoso del concorrente (Cass. pen. sez. III, sentenza 16 luglio 2015, n. 34985; Tribunale Genova, Sez. I, Sent. 8 ottobre 2021).

La responsabilità dei ragazzi - Sotto il profilo civilistico, è sussistente una responsabilità solidale di tutti e tre i ragazzi convenuti e autori dell'illecito, ai sensi dell'art. 2043 e 2055 c.c..
Quanto alla solidarietà sancita dall'art. 2055 c.c., è pacifico in dottrina e in giurisprudenza che possa aversi corresponsabilità ai sensi dell'art. 2055 c.c. tanto nel caso in cui le condotte illecite siano il frutto di un agire comune, che nel caso in cui ciascuno dei responsabili abbia agito autonomamente, o perfino abbia ignorato l'agire dell'altro: a conferma di ciò, la giurisprudenza ha affermato che "Quando un medesimo danno è provocato da più soggetti, laddove un unico evento dannoso sia imputabile a più persone, al fine di ritenere la responsabilità di tutte nell'obbligo risarcitorio, è sufficiente, in base ai principi che regolano il nesso di casualità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dell'evento che le azioni od omissioni di ciascuno abbiano concorso in modo efficiente a produrlo" (Cass. civ., Sez. II, 11 maggio 2012, n. 7404; Cass. civ., Sez. III, 30 marzo 2010, n. 7618) "…e anche se le varie componenti causali costituiscono più fatti illeciti e producono la violazione di norme giuridiche diverse" (Cass. civ. sez. III, sentenza 9 maggio 1969, n. 1598).

Nel caso di specie, è stato riconosciuto il risarcimento del solo danno morale: "… la gravità dei fatti accaduti, come accertati in giudizio, peraltro perpetrati ai danni dell'attore anche da parte di persone che conosceva, costituisce già di per sé elemento presuntivo in grado di fare ritenere che l'attore possa avere subito gravi sofferenze, in ragione delle violenze, delle intimidazioni, minacce, offese ricevute in quella occasione. Inoltre, l'attore ha fornito elementi di prova in grado di rappresentare chiaramente la sussistenza di tale sofferenza." E' un disagio psicologico che non si traduce nella compromissione delle "attività quotidiane" e degli "aspetti dinamico-relazionali della vita del danneggiato", ma comporta comunque intense reazioni emotive e comportamentali del soggetto, e rilevanti strategie di adattamento (il cui accertamento non può in ogni caso essere devoluto al CTU).
Tuttavia, il Tribunale ha inteso indicare una gradazione delle rispettive responsabilità, nei rapporti interni, tra i tre convenuti, ritenendo proporzionato un addebito del 50% a carico dell'autore anche delle percosse e del 25% ciascuno per gli altri due concorrenti.

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