Assicurazione danni, alle Sezioni Unite la natura della “perizia contrattuale”
La Terza civile, sentenza n. 7795/2025, ha rimesso al massimo consesso, ai fini della prescrizione, la questione relativa alla sua autonoma configurazione rispetto all’arbitrato rituale
In un contratto di assicurazione per i danni, saranno le Sezioni unite a chiarire la natura della “perizia contrattuale” e, in particolare, se essa sia configurabile in termini autonomi ovvero quale species dell’arbitrato libero. La Terza civile, sentenza n. 7795/2025, vista la “questione di massima di particolare importanza” ha infatti disposto la trasmissione del ricorso al Primo Presidente della Cassazione per l’assegnazione al massimo consesso.
Nel caso affrontato una compagnia di assicurazioni, dopo aver negato l’indennizzo ad una gioielleria che aveva subito una rapina, si è rivolta all’autorità giudiziaria per chiedere la dichiarazione di inoperatività della polizza per prescrizione. Prima il tribunale e poi la corte di appello le hanno dato ragione ritenendo che la ricorrente, succeduta al padre nella proprietà del negozio, non avesse posto in essere atti interruttivi della prescrizione.
Contro questa decisione, la ricorrente ha sostenuto che la “previsione di una perizia contrattuale comporta la sospensione della prescrizione durante lo svolgimento delle operazioni peritali, sempre che il sinistro sia stato denunciato entro il termine di prescrizione del diritto all’indennizzo”. E all’epoca del trasferimento dell’azienda (febbraio 2011; mentre il sinistro era del novembre 2010) “erano in corso le operazioni peritali di accertamento del danno da parte del tecnico incaricato dall’assicuratore”.
La questione, dunque, concerne la natura della perizia contrattuale e, in particolare, la sua configurabilità come istituto “autonomo”, distinto dall’arbitrato, e dunque, di riflesso, gli effetti, sostanziali e processuali, che scaturiscono dalla presenza di un patto di perizia contrattuale in un contratto di assicurazione danni.
Se è vero, scrive la Corte, che vi è un “consolidato” orientamento per cui “la perizia contrattuale e l’arbitrato libero sono istituti ben diversi”, tale distinzione “oltre ad essere messa in discussione da varia - e autorevole - dottrina, non risulta, invero, così netta nemmeno nella stessa giurisprudenza di questa Corte, che rimarca profili di affinità “funzionale” ed “effettuale” tra le due figure”. Una parte della dottrina - specialmente processual-civilistica – infatti “riconduce senz’altro la perizia contrattuale nell’ambito dell’arbitrato, valorizzando il comune profilo funzionale, ravvisato nella risoluzione di una controversia”.
La linea di demarcazione tra i due istituti” sarebbe, pertanto, costituita dal contenuto dell’accertamento demandato ai periti, giacché nella perizia contrattuale si farebbe riferimento solo ad “una questione di fatto di elevata pregnanza tecnica”, mentre nell’arbitrato (libero) il contrasto riguarderebbe “il rapporto (preesistente) nel suo complesso” ed avrebbe “connotato giuridico”.
E allora, si legge nella decisione, secondo una certa impostazione dottrinaria, “tende ulteriormente ad affievolirsi il “discrimen” tra le due figure, nel senso che l’autonomia della perizia contrattuale sussisterebbe “solo a livello definitorio e concettuale”, non comportando alcuna differenziazione “sul piano della disciplina applicabile rispetto a quella dell’arbitrato libero”. Ed a “conclusioni similari”, aggiunge, perviene anche la giurisprudenza di legittimità che indica la perizia come un arbitrato «tecnico».
Corollario della riconduzione della perizia contrattuale nell’alveo dell’arbitrato rituale, prosegue la Corte, è - secondo una certa dottrina- la necessità di ravvisare, in entrambi i casi, “una rinunzia convenzionale delle parti all’intervento del giudice prima della definizione in via arbitrale della controversia. Impostazione condivisa dalla giurisprudenza di Cassazione secondo cui “nella clausola di un contratto di assicurazione, che preveda una perizia contrattuale, è insita la temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice le azioni derivanti dal suddetto rapporto”.
Se dunque si qualificasse la perizia contrattuale come una “species” dell’arbitrato libero, si dovrebbe predicare una temporanea rinuncia alla giurisdizione, con conseguente impossibilità, nella specie, per la compagnia di assicurazione, di rivolgersi all’autorità giudiziaria fino all’espletamento della perizia. E questo ne determinerebbe l’idoneità a paralizzare il corso della prescrizione, che “è insita”, secondo l’insegnamento della Suprema corte, appunto nella “temporanea rinunzia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale”. Da qui il rinvio alle S.U. dell’esame della questione relativa alla natura della perizia contrattuale, o meglio della sua autonoma configurazione rispetto all’arbitrato rituale.