Giustizia

Il Csm stringe le maglie sulle valutazioni dei vertici degli uffici

In attesa della riforma modifiche unanimi al testo sulla dirigenza

di Giovanni Negri

Mentre si attende la formalizzazione della proposta di riforma dell’ordinamento giudiziario con un pacchetto di emendamenti del ministero della Giustizia da presentare alla Camera, si muove il Csm. E lo fa su un tema cruciale come quello dei criteri e delle procedure per le conferme dei capi degli uffici giudiziari.

Il plenum di ieri ha infatti approvato all’unanimità una serie di modifiche alla disciplina introdotta sei anni fa con un intervento di riforma molto discusso. L’obiettivo è nello stesso tempo tecnico e politico, visto che proprio su questi temi, sulla scia dei noti scandali, da diverso tempo a questa parte, ad essere messo in discussione è un po’ tutto il modello di autogoverno della magistratura. Così, il Csm prova a mettere in campo una serie di proposte per rendere meno burocratiche e standardizzate le valutazioni che stanno alla base delle valutazioni sul lavoro dei magistrati di vertice.

Per il pm Giuseppe Cascini, uno dei tre relatori sul provvedimento, «una delle criticità più rilevanti nell’attività del Csm riguarda il tema delle valutazioni, sia quelle per la progressione in carriera che per la conferma dei dirigenti. Non tanto per l’aspetto quantitativo degli esiti positivi, che pure spesso è oggetto di critica nel dibattito pubblico, quanto per la carenza di elementi di conoscenza sull’attività svolta dal magistrato da valutare». Il punto critico, avverte Cascini è che «le nostre valutazioni contengono tanti aggettivi, spesso in forma superlativa, e pochi fatti. Con questa riforma si prevede un’approfondita istruttoria del Consiglio giudiziario sulla attività svolta dal dirigente in conferma, anche con il coinvolgimento dei magistrati dell’ufficio, in modo da far emergere eventuali elementi di criticità. Si tratta di un passaggio molto importante nella direzione di rafforzare la trasparenza dell'attività del Csm e la responsabilità delle sue scelte».

La strada scelta è quella di ampliare le fonti di conoscenza a disposizione del Consiglio, soprattutto sugli elementi di criticità, che oggi faticano a emergere, rendendo non sempre di grande attendibilità le autorelazioni dei magistrati e soprattutto i pareri su di loro dei Consigli giudiziari. Pareri che non restituiscono sempre un’immagine veritiera, della magistratura. Ad essere rafforzata sarà allora l’attività istruttoria da parte del Consiglio giudiziario che potrà attingere anche alle indicazioni degli altri magistrati dell’ufficio.

E comunque i consiglieri togati Sebastiano Ardita e Nino di Matteo hanno invitato i colleghi ad andare oltre, ragionando sulla rotazione dei magistrati almeno negli incarichi semidirettivi.

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