Penale

L'imputato che gestisce il traffico di droga al telefono non "beneficia" degli arresti domiciliari

La misura risulta insufficiente anche quando venga applicato all'imputato il braccialetto elettronico

di Giampaolo Piagnerelli

L'elevata capacità a delinquere dell'imputato non consente di beneficiare della misura cautelare personale degli arresti domiciliari rispetto alla più afflittiva pena della custodia in carcere. La chiarisce la Cassazione con la sentenza n. 40078/22 . Il tribunale aveva dimostrato l'assenza di remore in capo all'indagato e la continuità con cui lo stesso ha continuato a delinquere in materia di stupefacenti grazie anche alla compiacenza della figlia minore. Contro la sentenza l'imputato ha eccepito come in ben sette mesi di arresti domiciliari, non era stato riscontrato alcun episodio di rilevanza penale, cosicchè appariva del tutto infondata la tesi secondo cui l'indagato continuava a delinquere a "distanza". La Cassazione ha evidenziato, invece, come gli arresti domiciliari non fossero adeguati rispetto a una capacità a delinquere manifestata per lo più in contatti telefonici. La misura personale, pertanto, non poteva far fronte alle esigenze cautelari, per quanto corroborati dal braccialetto elettronico. La pericolosità dell'imputata era legata a diversi fattori. Ad esempio il rinvenimento della droga presso l'abitazione di Genova a seguito di contatti telefonici tra l'imputata e la figlia, l'invio di grosse somme di denaro in Marocco, il sequestro di oltre 20mila euro in contanti in occasione dell'arresto e la particolare dimistichezza nel gestire il traffico degli stupefacenti, consistito tra l'altro nel telefonare alla figlia minorenne rimasta a Genova, mentre l'imputata si trovava a Milano a seguito della sottoposizione a divieto di dimora in Genova, per avvisarla della droga non rinvenuta in sede di perquisizione grazie all'occultamento in apposito vano nel contenitore delle feci del gatto.

Conclusioni. La Cassazione dunque – in piena sintonia con il giudice del rinvio – ha evidenziato l'intensa inaffidabilità dell'imputato quanto al rispetto delle prescrizioni sottese alla custodia cautelare domestica quand'anche corroborate dal braccialetto elettronico. Di qui la Cassazione ha respinto l'appello contro la misura della custodia cautelare in carcere.

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