Società

La capitalizzazione delle Pmi, alcune differenze tra private equity e quotazione

Le imprese, da sempre, mirano allo sviluppo e al consolidamento tecnico-commerciale-finanziario per (i) assicurarsi continuità e competitività nel lungo periodo e (ii) dotarsi di contromisure per contrastare eventuali imprevisti connessi al rischio di impresa e a fattori esterni

di Sergio Corbi e Andrea Luciano*


Le imprese, da sempre, mirano allo sviluppo e al consolidamento tecnico-commerciale-finanziario per (i) assicurarsi continuità e competitività nel lungo periodo e (ii) dotarsi di contromisure per contrastare eventuali imprevisti connessi al rischio di impresa e a fattori esterni.

Tali obiettivi sono comuni ad azionisti e manager, figure che nelle imprese private a conduzione familiare normalmente coincidono.

La realizzazione di buona parte degli obiettivi richiede investimenti e interventi di gestione, che a loro volta necessitano di essere finanziati.

La persistente sottocapitalizzazione di molte società italiane e delle PMI in particolare - dovuta alla pluriennale stagnazione del nostro sistema bancario e alle recenti crisi globali (pandemia e guerra in Ucraina) - è un evidente segnale di quanto vi sia necessità di ricorrere al capitale di rischio.

Aspetti critici da considerare preliminarmente alla scelta del tipo di capitalizzazione

Per comprendere le potenzialità di una capitalizzazione mediante quotazione è opportuno prendere in considerazione, in via preliminare, le seguenti caratteristiche delle PMI:

1)un capitale sociale di regola posseduto al 100% da un solo soggetto o da una entità familiare. Questa circostanza esclude – nella maggioranza dei casi – la possibilità di un'adeguata (ri)capitalizzazione ad opera dei soci attuali.

2)l'imprenditore che ha portato al successo la società è un (o più spesso il) manager apicale determinante, che ambisce naturalmente alla conservazione e all'accrescimento del valore aziendale creato. Gli si pone, naturalmente, il tema del futuro assetto manageriale dell'azienda.

Prima di decidere a quale opzione ricorrere, se private equity o mercato finanziario pubblico, cioè la Borsa, l'imprenditore deve tenere a mente quanto segue, quale che sia la sua decisione.

a. Gli investitori pagheranno un determinato prezzo per azione e si aspetteranno che:

1. tale investimento cresca in valore;

2. che tale valore sia il più possibile monetizzabile nel tempo, cioè liquidabile in via ragionevole, senza che la offerta stessa di vendita condizioni un ribasso significativo del prezzo di vendita);

3. che durante l'investimento possa esserci un dividendo; e

4. che i rischi aziendali, che si riflettono sulla redditività e sul valore patrimoniale delle azioni acquistate, siano sotto efficace controllo e ben limitati.

b. Gli Investitori decideranno l'investimento basandosi su tre elementi: 1) business plan della Società che manifesterà le prospettive di reddito, le motivazioni sottostanti e le assunzioni quantitative fatte, gli aspetti finanziari, organizzativi e di controllo; 2) l'assetto manageriale e 3) il sistema di controllo di gestione).

Pertanto, l'impresa e l'imprenditore saranno impegnati in un triplice esercizio.

1. BUSINESS PLAN / Nella progettazione qualitativa e quantitativa dello sviluppo e degli obiettivi che si intendono realizzare (redazione del business plan).

Il piano industriale dovrà essere minuzioso, attento e prudente, e costringerà l'estensore ad una verifica costante della sostenibilità delle assunzioni fatte. Il primo effetto di questo processo sarà una ottima programmazione delle attività aziendali, che dovranno risultare a tutti i collaboratori aziendali coinvolti chiare, motivate e coerenti con gli obiettivi. Nelle aziende padronali i proprietari/manager ovviamente programmano e controllano l'andamento aziendale, ma spesso con un livello di sintesi e comunicazione non quantificato e non sempre intellegibile ai propri collaboratori, tanto meno agli altri stakeholder della società. Sintesi ritenuta certo sufficiente per l'imprenditore stesso, ma che può compromettere la funzionalità gestionale e il raggiungimento degli obiettivi posti dall'imprenditore. Questa criticità molto spesso non consente di verificare se le circostanze interne ed esterne che si sono verificate avrebbero potuto e dovuto consentire di raggiungere obiettivi anche migliori, o comunque diversi da quelli programmati.

2. MANAGEMENT / In una analisi critica dell'assetto manageriale ed organizzativo, in via quantitativa e qualitativa, finalizzato e adeguato al progetto esposto nel business plan.L'assetto direzionale (management) dell'azienda dovrà essere considerato scisso dal concetto di proprietà, dato che la gestione sarà impegnata nell'esecuzione ottimale delle direttive deliberate dai soci. La completa copertura delle funzioni direzionali porterà alla valutazione della possibilità di indipendenza nelle decisioni di attuazione degli obiettivi designati dai soci. Nelle aziende cosiddette familiari il fondatore spessissimo è non solo il proprietario ma anche il dirigente – sovente l'unico auto-delegato ad assumere decisioni gestionali.

Pertanto, il tema della successione direzionale è fondamentale per il futuro dell'azienda, atteso che il tempo a disposizione di ciascuno non è infinito e non lo è neppure la capacità individuale di seguire con efficienza la incredibile complessità crescente del tempo moderno.

La successione parentale nella gestione non necessariamente è quella ottimale e le capacità necessarie saranno cercate nel mercato dirigenziale del lavoro e le selezioni saranno fatte dalla proprietà in modo obiettivo e con l'attenzione al fatto che le scelte dovranno poi essere considerate adeguate all'azienda e agli obiettivi posti da chi decide di investirci. In questo modo si realizza la cosiddetta managerializzazione della società, cioè la scissione tra azionista e manager, con il risultato che, essendo quest'ultimo intercambiabile, si assicura una forza gestionale sempre adeguata e presente nel tempo. Succedere al fondatore nella sua qualità di azionista per gli eredi è sicuramente più agevole e definito che non dovergli succedere anche come manager.

Infatti, le capacità manageriali degli eredi potrebbero non essere adeguate, il che condurrebbe a un danno per l'azienda e ovviamente per il patrimonio degli azionisti stessi. La successione patrimoniale nel capitale della Società presenta ulteriori aspetti di interesse nel caso che le azioni trasmesse in eredità siano quotate in Borsa, ma questo aspetto attiene alla valutazione dell'interesse a quotarsi.

3. CONTROLLO DI GESTIONE / Nella realizzazione del sistema di controllo di gestione, la cui impostazione è l'effetto primario della formulazione del business plan, che sarà poi duraturo nel tempo a supporto della gestione.

Il sistema sarà l'organizzazione in uomini, procedure e software che guideranno il controllo dell'andamento della gestione, verificando costantemente che costi, ricavi e investimenti che man mano si verificano a consuntivo siano in linea con le previsioni sia delle aspettative della società (definite nel business plan e nel budget quantitativo) che nelle assunzioni fatte alla base del business plan stesso relativamente alle circostanze esterne all'azienda: mercato, prodotti, tendenze delle curve di costi e prezzi, movimenti concorrenziali, andamento delle variabili non dipendenti dalla volontà dell'impresa, ad esempio quelle fiscali. Così controllando anche le aspettative di reddito e di valore del capitale economico dell'azienda (il valore dell'investimento e del suo divenire), nonché l'adeguatezza, per qualità e quantità, del management preposto alla realizzazione del business plan.

Il sistema di controllo della gestione è un elemento basilare nella decisione di investimento da parte di terzi nel capitale aziendale, perché la sua efficienza riduce i rischi di trascinare nel tempo andamenti avversi all'azienda e quindi perdite patrimoniali. Il suo scopo infatti è indicare tempestivamente un andamento avverso e negativo, suscitando nella direzione l'immediata analisi della situazione e delle motivazioni che l'hanno determinata, per quindi decidere nel minor tempo possibile l'intervento correttivo.

Il ricorso alla Quotazione in Borsa (Public Equity), piuttosto che al Private Equity, rappresenta un'opzione ottimale per le PMI e l'imprenditore che si pongono problemi di capitalizzazione.

I vantaggi della quotazione in Borsa rispetto a un investitore di Private Equity sono molti e preziosi e discendono, come detto, dalla possibilità che si ha di negoziare titoli tra aziende e investitori e tra investitori in modo continuo e parcellizzato. Tra essi citiamo solo i più immediatamente connessi al tema in analisi:

1. Il valore attribuito all'azienda è maggiore in quanto il mercato ha un'attesa reddituale concettualmente (e storicamente verificata) inferiore. Ad esempio, un fondo di private equity si aspetta, e deve garantire ai propri investitori, un rendimento che può arrivare fino al 20% all'anno, mentre il mercato si attende un rendimento dell'8% circa. Quindi, a parità di capitalizzazione, l'imprenditore cede una quota minore di partecipazioni al mercato rispetto al private equity;

2. nessun vincolo da parte dell'imprenditore di riacquisto della partecipazione ceduta e nessun particolare accordo contrattuale del tipo buy-back, opzioni, etc., che normalmente sono presenti negli accordi con i private equity;

3. la negoziabilità, anche molto parcellizzata, dei titoli di capitale acquistati dagli investitori, negoziabilità che è assolutamente indipendente dall'imprenditore proponente iniziale, che non è obbligato al riacquisto. Questa è la caratteristica appunto della Borsa: in essa le aziende scambiano titoli di nuova emissione con risparmiatori/investitori e in essa questi ultimi scambiano titoli emessi tra di loro, anche in piccolissime quantità;

4. la possibilità di capitalizzarsi ripetutamente nel tempo a cura del pubblico ovvero del mercato finanziario (costituito da investitori privati e istituzionali) con collocamenti di aumenti di capitali, collocamento di obbligazioni ed altri titoli. Quindi la possibilità di acquisire mezzi finanziari per investimenti e sviluppo sia a titolo di capitale (cioè permanentemente legati all'azienda), sia a titolo di debito, a costi competitivi, con procedure, una volta quotati, decisamente agevoli, obiettive e a costi competitivi; e

5. la possibilità di ricorrere nuovamente al mercato in tempi molto brevi per ulteriori operazioni di capitalizzazione qualora si presentasse alla società (già quotata) l'opportunità di nuovi investimenti che richiedono tempi brevi di esecuzione e rilevanti capitali.

6.L'imprenditore seleziona il management più adatto e, insieme, rispondono al mercato e non agli obiettivi particolari di un singolo investitore di private equity. Vi è esclusivamente un obbligo di comunicazione al mercato degli eventi importanti cosiddetti price sensitive). Tutto ciò non si verifica quasi mai se a capitalizzare l'azienda è un private equity. E paradossalmente a ben vedere i tempi delle due alternative sono in pratica gli stessi e i costi, ben facendo i conti, sono decisamente inferiori nel caso della Borsa.

Da questi vantaggi ne discende una considerazione importante: la Borsa può assicurare all'azienda capace di esprimere buoni progetti di sviluppo i capitali necessari per sopravvivere e svilupparsi, senza limiti né di tempo né tecnicamente e concettualmente di quantità. Mentre l'orizzonte temporale del private equity è molto limitato.

Assicurarsi sine die una forte alleanza finanziaria, quale è quella con il mercato finanziario (Borsa) significa per l'azienda aver risolto il tema della continuità aziendale per un fondamentale fattore della produzione del reddito, quello finanziario. Ne consegue che l'insuccesso di un'azienda dipenderà solo da problemi connessi al prodotto, agli aspetti commerciali e tecnico produttivi. Il che è tutt'altro che poco in un paese come l'Italia dove appunto le nostre imprese, soprattutto le PMI, hanno enormi capacità creative, commerciali, tecnico produttive, ma sempre meno mezzi finanziari per realizzarle.

*di Sergio Corbi e Andrea Luciano, partner e consultant di LS Lexjus Sinacta, operano da tempo nel settore della corporate finance e del diritto finanziario e dei mercati regolamentati

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