Penale

La particolare tenuità del fatto e la superficie di sacrificio nella Street art e nel writing

In attesa di un'auspicata riforma degli artt. 635 e 639 c.p., l'esimente della particolare tenuità del fatto conserva un ruolo centrale nell'assoluzione di Writer e Street artist

di Roberto Colantonio*

I reati di Street art

Gli Street artist e i Writer, che li hanno preceduti, sono stati indagati, in questi anni, per varie ipotesi di reato: dalla violenza privata e violazione di domicilio all'associazione a delinquere. Sono stati accusati, di volta in volta, di interruzione di pubblico servizio, pericolo per l'incolumità pubblica e attentato all'integrità del patrimonio storico-artistico nazionale.
Si occupa di loro, incidentalmente, anche il Codice della strada (art. 15) con la contravvenzione per chi danneggia, sposta, rimuove o imbratta la segnaletica stradale e i segnali stradali sono uno dei "luoghi" preferiti dalla Sticker art, nel più vasto panorama di inquinamento visivo, autorizzato o meno, come la pubblicità commerciale e le insegne dei negozi. Ma i due reati principali restano il danneggiamento ex art. 635 c.p. e il deturpamento e imbrattamento ex art. 639 c.p.

Un'impostazione decisamente repressiva che non rispecchia la mutata considerazione dei consociati nei confronti della Street art, percepita, forse limitatamente, come un movimento in seno all'arte contemporanea, in una sorta di ritorno al figurativo e persino il graffitismo è in genere più accettato o tollerato fuori dal suo contesto socio-culturale di appartenenza.

Tra Street art e Writing non sono mancate "scintille": la prima guerra dei muri, a Roma, è del 2016, lo stesso anno del tentativo di musealizzazione della Street art che ha avuto il suo momento significativo nella contestatissima Mostra a Bologna con i murales "strappati". Non sarebbe la prima volta che assistiamo alla promozione di una subcultura a componente mainstream. È successo per un fenomeno inizialmente marginale come il pop. Popismo è un termine coniato dallo stesso Warhol. Musica rap e abbigliamento giovanile sono da sempre rivolti a quello che accade in strada, in una continua, reciproca, imitazione.

Nel frattempo, con un occhio al portafogli, alcuni Street artist si sono convertiti al "muralismo di Stato", per una riqualificazione low cost, di fatto smettendo di essere Street artist e i Writer si sono ancora di più chiusi in se stessi, diffidando degli estranei e cercando o rinforzando codici interni, di autoregolamento e la vita da crew.

Situazione pandemica permettendo, Street art e Writing sono entrati a pieno titolo nel circuito turistico delle nostre città, aprendo a un turismo orizzontale di cittadini e residenti dal proprio quartiere ad altri quartieri, per lo più periferici, dove fino ieri non trovano motivi per andarci o ne avevano persino paura e gli artisti, al più, ci hanno guadagnato qualche mancia, più spesso niente.

Alla notizia della denuncia di un famoso Writer per danneggiamento e reato continuato, appena un anno fa, che ha coinvolto istituzioni locali e il Nucleo Ambiente e decoro Capitolino, si sono moltiplicate manifestazioni spontanee di solidarietà sotto l'hashtag – un tempo si sarebbe detto: al motto di – #freegeco. Il legislatore, si sa, è lento a recepire le nuove istanze, lo si è visto ad esempio con il palese imbarazzo a inquadrare un fenomeno come il riding, nuovo per la sua improvvisa necessità e vecchio quanto le consegne a domicilio e, in attesa magari di una riforma dell'art. 635 c.p. come auspicato da Domenico Melillo, avvocato e Writer con il nome di Frode, che ha redatto una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati, con un'esimente artistica, Street artist e Writer se la sono cavata invocando la particolare tenuità del fatto.

La particolare tenuità del fatto e la superficie di sacrificio

L'art. 131 bis del codice penale prevede una causa di non punibilità "nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena." Occorre che ricorrano due requisiti per l'applicazione dell'esimente: "per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale."

La maggior parte delle opere di graffitismo e di Street art sono su superfici degradate o su edifici con gravi abusi edilizi o che comunque, per innovazioni alle linee e ai motivi architettonici e ornamentali che ne costituiscono le note uniformi dominanti, come si è espressa da tempo la Cassazione, ha perso il suo decoro architettonico, il suo genius loci. Oppure, ancora, in fabbriche e fabbricati abbandonati e magari occupati, attenzionati solo in occasione di tragici eventi che scuotono una opinione pubblica diversamente miope, come per Desirèe.

L'assoluzione per particolare tenuità del fatto sembrerebbe a portata di mano per Writer e Street artist e invece un successivo comma dell'articolo 131 bis cit. riapre i giochi. "Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate."

Il fatto di usare spray, vernici e poster su luoghi già degradati potrebbe non bastare. Ci possono, infatti, anche essere Street artist "per caso", ovvero artisti che occasionalmente fanno incursioni urbane, ma un Writer episodico è meno immaginabile. Occorre allora un passo indietro, perché forse il problema è più a monte.

L'arte come devianza e l'artista delinquente

L'artista ha sempre trovato difficoltà a trovare una collocazione nella società, un suo posto nel mondo.In passato, l'artista ha avuto bisogno di un mecenate, di un principe o, peggio, di un padrone per assicurarsi il sostentamento suo e della propria famiglia. Gli Street artist sono probabilmente i primi artisti a non chiedere alcun compenso per la loro opera, che idealmente donano alla collettività. Per i Writer il problema non si è neppure posto. Writer e Street artist operano in un contesto urbano, le città, dove tutto è preso, tutto è di qualcuno, persino a detrimento del bene comune. Le città sono un insieme di proprietà private individuali, con un involucro che prende il nome di Condòminio, modello base replicato all'infinito per quartieri e quartieri, fino a inglobare cittadine e paesi circostanti.

Le province, ora abolite, hanno lasciato spazio o sono state spazzate via, a seconda dei punti di vista, non solo giuridicamente ma anche fisicamente, dalle Città metropolitane. Ovvio che in uno scenario così affollato Writer e Street artist non avrebbero fatto molta strada se avessero cominciato chiedendo permesso. Avrebbero ricevuto altrettanta comprensione di quanta ne ebbe Grace dai bravi cittadini di Dogville. Quando Grace cominciò a usare le cose che loro avevano buttato via, questi si accorsero che avevano valore e gliene chiesero il conto ed era un conto salato. Neanche i muri sono infiniti, c'è una competizione spietata, con artisti che cercano di occupare ogni spazio libero, lasciando un murales, un throw up o solo una tag e mettere così una bandierina, che li legittima a crossare l'opera che eventualmente andrà a coprirla.

Un "consumo" dei muri che porta a fare salti mortali per rispettare pezzi sbiaditi e non attirarsi biasimo e vendette. Fino alla comparsa delle prime scritte, i muri dei palazzi erano semplicemente muri. Servivano essenzialmente a mantenere in piedi i palazzi e non avevamo immaginato altri modi di utilizzo. Poi tag e murales ci hanno dimostrato quanto le nostre città fossero sporche, trascurate, insicure, per usare una sola parola: brutte e non poteva essere perdonato così facilmente a Writer e Street artist l'avere evidenziato il problema con tanta forza.

C'è una tendenza ricorrente a considerare l'arte in fondo come una devianza, probabilmente perché difficilmente controllabile. Durante il fascismo Sandulli pubblicò "Arte delittuosa" e a fine Ottocento il sociologo positivista Ferri un saggio dal titolo ancora più eloquente: "I delinquenti nell'arte." "L'arte" scrive "riflesso iridescente della vita, non poteva, fin dalle sue prime manifestazioni, non occuparsi di delitti e delinquenti, così proteiformi, numerosi, quotidiani nell'esistenza sociale. E l'Arte rimase per gran tempo sola…. Finché la scienza non mise, essa, in piena luce, la figura dolorosa e pericolosa dell'uomo delinquente, confermando o correggendo le artistiche creazioni, germogliate da una più o meno precisa osservazione del vero."
Un'arte, insomma, che va messa sotto tutela, per la sua propensione a frequentare cattive compagnie, come sono spesso gli artisti. Writer e Street artist non sono stinchi di santi, né d'altronde si vede perché dovrebbero esserlo. È la società tutta ad essere maleducata, frettolosa, insensibile. Pronta ad assimilare atteggiamenti e modi di dire criminali dopo aver visto una o due serie tv ed a irritarsi per un'opera disegnata su un muro annerito dallo smog mentre parcheggia davanti a una rampa per handicappati.

La superficie di sacrificio: una difesa ad oltranza?


Ma qual è, in definitiva, il delitto di lesa maestà di Writer e Street artist? Perché sollevano, insieme a tanto consenso, altrettanta ostilità e diffidenza?


Il loro attacco ai muri, i muri li lascia in piedi. In effetti, il muro, inteso come struttura portante, non viene neanche toccato. I muri non sono entità granitiche come potremmo immaginare. Sono composti di strati e lo strato più esterno è chiamato dagli architetti "superficie di sacrificio."

I costruttori danno per scontato che l'esterno del fabbricato, esposto alle intemperie e all'inquinamento oltre che al naturale invecchiamento, vada deteriorandosi e proprio per proteggere la parte più interna, strutturale la tutelano con uno strato più economico e… sacrificabile. Dall'architettura prendiamo a prestito il concetto di superficie di sacrificio. Superficie o strato di sacrificio è chiamato l'ultima protezione predisposta verso l'esterno, quella che, dopo un determinato numero di cicli aggressivi, naturali o "umani", deve "sacrificarsi" ed essere sostituita da un'altra per mantenere protetti gli strati sottostanti. Questo suo sacrificio implica una fondamentale programmazione manutentiva del bene spesso negletta man mano che ci si allontana dal centro "protetto" delle nostre città d'arte per entrare, come Dredd esiliato da Megacity, nelle "terre maledette" dove sembra vigere solo la "legge del degrado".

La superficie di sacrificio ha un diverso ciclo di durabilità a seconda che consista in sottilissimo strato di tinteggiatura a latte di calce con le sue velature finali o una colletta di intonaco a colore o una più resistente tinteggiatura ai silicati o con i problematici quarzi plastici. La superficie di sacrificio dà all'edificio il suo "colore proprio" che diventa, negli edifici più vetusti o semplicemente trascurati, patina del tempo. Che poi, a semplificare all'osso, la stessa patina del tempo non è altro che sporco accumulato nel tempo. Nei nostri muri "millefoglie" tutelare la superficie di sacrifico è cosa vana. Sarebbe come dare importanza alla carta che avvolge un cioccolatino. L'intonaco andrebbe periodicamente rinnovato, rifatto, ma vuoi per i costi, vuoi per altro, sono lavori che si trascinano di riunione condominiale in riunione condominiale.

Le opere di writing e di Street art sono realizzate su superfici di sacrificio, sull'intonaco: il danno, quando c'è, non può che essere marginale e facilmente riparabile, edifici storici a parte, che hanno materiali nobili, come il marmo, allo scoperto e proprio nessun colore definito. Per intenderci, sarebbe più grave se l'opera fosse stata realizzata su un'automobile. L'intonaco è più profondo della verniciatura di un cofano e, se guardassimo meglio, ci accorgeremmo come i nostri palazzi ammortizzano gli oltraggi del tempo e degli uomini meglio di quanto faccia la carrozzeria per le ammaccature e i graffi, che risaltano subito.

Puntare sulla nozione di superficie di sacrificio potrà far assolvere artisti di strada che hanno operato su muri non necessariamente degradati. Imbrattare un intonaco dovrebbe essere sempre considerato, sotto il profilo penale, un fatto di particolare tenuità ed escludere persino l'obbligatorietà dell'azione penale non essendo coinvolti interessi pubblici particolari. Gli artt. 635 e 639 tutelano cose, mobili o immobili.

L'intonaco è meramente la "buccia" di una cosa, più precisamente il muro. Non è solo una questione semantica, ma un tema di cultura giuridica. Voler trovare un disvalore penale a quello che può essere considerato insieme un atto artistico e vandalico – l'uno non esclude l'altro – svuota di contenuti la tutela principale, civilistica, che resta al proprietario del muro – e dell'intonaco: ovvero quella di poter chiedere un risarcimento del danno.

L'aumentare il numero delle contravvenzioni potrebbe essere visto come un modo per far cassa da parte dello Stato, introitando l'ammontare delle multe – e l'art. 639 primo comma punisce Writer e Street artist con una multa – piuttosto che come un sincero interessamento di educazione civica.

Il risarcimento del danno, difficile per vari motivi, resta comunque l'unico ristoro del proprietario. A lui non entrerà in ogni caso un euro della multa e ottenere il risarcimento nel giudizio penale con la costituzione di parte civile o in un giudizio civile è lo stesso.

Il discorso andrebbe più correttamente impostato sulla gradualità del danno, su un eventuale concorso di colpa, anche omissiva da parte dei condomini e sulla reversibilità o irreversibilità dell'intervento e quindi sulla possibilità del ripristino quo ante.
Un discorso lungo e che evidentemente interessa poco le istituzioni locali per trasferirlo sul diverso piano del consenso.

I nostri palazzi sono dei giganteschi carciofi e uno stesso strato può essere sfogliato e assottigliarsi a lungo prima di mettere allo scoperto lo strato successivo, fatto di mattoni.
La favola dei tre porcellini ci insegna che paglia e legno possono essere soffiati via dal lupo cattivo e la casa di mattoni resterà al suo posto, forse anche più bella di prima.
C'è chi critica la Street art per avere in alcuni casi alzato le quotazioni degli immobili e aver così involontariamente favorito la gentrificazione. Mettere tutti d'accordo è impossibile.

Possiamo però cominciare a riflettere se non ci siano cose più importanti da difendere di un intonaco, destinato a deteriorarsi comunque. Anzi, a "sacrificarsi." E andrebbe ricordato che secondo l'etimologia sacrificio sta per "rendere sacro". Writer e Street artist non celebrano in fondo così i muri, all'esatto opposto dei vandali? Ad ogni epoca, i suoi riti, anche oscuri.

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* A cura di Roberto Colantonio - Avvocato, si occupa di diritto del lavoro, proprietà intellettuale ed Art law, abilitato al patrocinio in Corte di Cassazione.
Docente di diritto dell'arte al Master universitario Uniarp 2020-2021. Autore di: "Compendio di diritto d'autore" Primiceri editore e "la Street art è illegale?" Iemme edizioni.

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