Penale

Slot machine, per mancato versamento "quota legge di stabilità" peculato da provare

La Cassazione, sentenza n. 15540 depositata oggi, ha accolto, con rinvio, il ricorso di un gestore

di Francesco Machina Grifeo

Se il mancato versamento del Preu da parte del gestore delle slot machine integra il reato di peculato (Cass. SU n. 6087/2020), non si può sbrigativamente estendere la medesima fattispecie anche al mancato versamento della somma corrispondente alla "quota legge stabilità". Un prelievo forzoso sul gioco d'azzardo, per un ammontare di 500mln di euro, stabilito dalla legge di Stabilità 2015, e in vigore soltanto per quell'anno (la norma è stata poi abrogata), per rimpolpare la casse dello Stato. La Cassazione, sentenza n. 15540 depositata oggi, ha così accolto, con rinvio, il ricorso di un gestore contro la misura cautelare del sequestro preventivo dell'intera somma.

Al gestore, il soggetto cioè che esercita un'attività organizzata diretta alla distribuzione, installazione e gestione economica degli apparecchi e che provvede materialmente a prelevarne le somme, si contestava dunque di avere omesso di corrispondere al concessionario non le somme destinate al Prelievo unico erariale, conseguenti alla raccolta derivante da gioco, ma "la quota legge stabilità", cioè l'ammontare complessivo di quanto introitato per effetto delle giocate, compreso i propri compensi, "confluite all'interno delle slot machine in modo da consentire al concessionario di versare allo Stato, in proporzione del numero di apparecchi gestiti, la somma complessiva di 500 milioni di euro".

Tale meccanismo previsto dall'articolo 1 comma 649 della legge n. 190 del 2014, è stato successivamente abrogato e per l'anno in vigore oggetto di una disposizione "interpretativa" (l'articolo 1, comma 921, della legge 208 del 2015, successiva al tempo in cui il reato si sarebbe consumato) in base alla quale l'onere del prelievo forzoso non era più a carico solo dei concessionari, ma gravava su tutti gli operatori della filiera del gioco lecito e quindi anche su esercenti e gestori. Ed il criterio di riparto di tale onere si basava non solo sul numero degli apparecchi riferibili ai concessionari, ma anche sulla partecipazione alla distribuzione del compenso cui ha diritto ciascun operatore della filiera secondo i relativi accordi contrattuali.

Così ricostruito il quadro normativo, il provvedimento impugnato, scrive la Cassazione, è obiettivamente viziato, essendosi limitato ad affermare, da una parte, che la natura delle somme dovute e non corrisposte dal ricorrente al concessionario "comprende verosimilmente alcune quote che devono considerarsi denaro pubblico", e, dall'altra, che non potrebbe "escludersi sic e simpliciter che la somma non versata al proprio concessionario non ricomprendesse alcuni importi di natura pubblica".

Ebbene, prosegue la sentenza, si tratta di un motivazione "obiettivamente sbrigativa" che non affronta il tema (rilevante anche al solo fine della esatta determinazione della somma da sottoporre a sequestro) del: a) se ed in che misura, in ragione del prelievo forzoso imposto solo al concessionario, il denaro a questi dovuto dal gestore, anche per la parte relativa al compenso di questi, possa considerarsi, in tutto o in parte, "altrui" ai fini della configurazione dei peculato; b) se, nel caso di specie, il gestore, in relazione alla legge vigente, debba considerarsi un incaricato di pubblico servizio e se ed in che limiti il mancato versamento a concessionario dell'intero ammontare della raccolta del gioco praticato mediante i predetti apparecchi configuri una condotta appropriativa o un inadempimento. Sarà il Tribunale di Novara, alla luce dei principi indicati, a dover verificare se ed in che misura sia configurabile il reato di peculato in relazione al quale il sequestro è stato disposto.

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