Penale

Su indagini e procedibilità i nodi ancora da sciogliere

È soprattutto sulla base di un aggravio dei carichi di lavoro per gli uffici della pubblica accusa che il Governo Meloni ha deciso lo slittamento al 30 dicembre della riforma del processo penale

di Giovanni Negri

Procure sotto pressione. È sulla base di un aggravio assai significativo dei carichi di lavoro per gli uffici della pubblica accusa, oltre che con la necessità di definire alcuni passaggi della fase transitoria che il Governo Meloni, nel suo primo decreto legge, ha deciso lo slittamento al 30 dicembre della riforma Cartabia del processo penale. Due sono in particolare i punti più critici: il primo, evidenziato anche dalla lettera di tutti procuratori generali al nuovo ministro Carlo Nordio, è costituito dal complesso sistema, al termine delle indagini preliminari, di scadenze, deposito atti, notifiche di avvisi e strumenti di controllo; il secondo dal cambiamento delle condizioni di procedibilità per 10 reati e due contravvenzioni che, sia pure oggetto nel testo del decreto di riforma di una dettagliata fase transitoria, tuttavia rende necessario un attento monitoraggio della prima fase applicativa con la assai probabile conseguenza di un certo numero di scarcerazioni.

Più nel dettaglio, allora, a monte delle asserite criticità organizzative attuali c’è l’intenzione della riforma di intervenire sui casi di inerzia del pubblico ministero nel caso non notifichi l’avviso di conclusione indagini oppure non scelga tra archiviazione richiesta di rinvio a giudizio. Due i rimedi fondamentali, l’avocazione da parte della procura general e la discovery a favore dell’indagato. Soprattutto il primo presuppone, come sottolineato peraltro dallo stesso ministero della Giustizia in una sua meticolosa circolare, un «ordinato e costante flusso comunicativo» tra le procure del distretto e la procura generale.

Non basta più cioè il riferimento all’attuale e semplice elenco delle notizie di reato contro persone note per le quali non è stata esercitata l’azione penale o richiesta l’archiviazione entro i termini di legge. La riforma attribuisce alla segreteria del pubblico ministero una serie di adempimenti , dovendo estrarre dai fascicoli , i dati riguardanti: le generalità della persona sottoposta a indagini, il suo luogo di residenza o domicilio, le generalità e residenza o domicilio della persona offesa, i nominativi dei difensori di indagato e persona offesa, il reato per cui si procede con indicazione delle norme violate e, se risultano, data e luogo del fatto.

Alla procura dovranno poi essere comunicati ogni settimana tre elenchi e non più uno solo, con particolare riferimento ai procedimenti nei quali il pm non ha disposto la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari e neppure ha esercitato l’azione penale o chiesto l’archiviazione nei termini previsti con l’indicazione se è stato chiesto il differimento dei termini alla procura generale. Un pacchetto di incombenze che, sottolineano i procuratori generali al ministero, ha come presupposte un sistema informatico che permetta l’estrazione dei dati.

Anche su questo dovrà così lavorare la task force di via Arenula annunciata dal ministro Nordio, a stretto contatto con le procure generali.

Ma sugli uffici del pubblico ministero incombe anche la necessità di predisporre gli accertamenti richiesti dalle nuove condizioni di procedibilità per alcuni reati anche abbastanza diffusi, come il furto. Il passaggio alla querela, deciso dalla riforma coerentemente con altre misure tutte accomunate dall’intenzione di evitare l’approdo alla discussione in Aula di un numero elevato di procedimenti, rende indifferibile la verifica fascicolo per fascicolo del rispetto della nuova condizione di procedibilità. Un passaggio fondamentale ovviamente in tutti quei casi nei quali è applicata la misura della detenzione e che potrebbe avere come conseguenza la scarcerazione in un numero non banale di detenuti.

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