Penale

Ergastolo ostativo, la Consulta rinvia le nuove norme alla Cassazione

Andrà rivalutato il nuovo scenario determinato dal recente decreto del governo. Per le motivazioni bisognerà attendere il deposito dell’ordinanza

di Giovanni Negri

Con il decreto legge del Governo di pochi giorni fa lo scenario è cambiato e il divieto da assoluto è diventato relativo. Per questo la parola deve tornare al giudice che, in materia di ergastolo ostativo, aveva sollevato la questione di legittimità e cioè la Cassazione. Dopo due ore di discussione la Corte costituzionale comunica le conclusioni raggiunte, per le motivazioni bisognerà attendere il deposito dell’ordinanza.

Oggetto del giudizio, ricorda la Corte, erano le disposizioni che non permettono al condannato all’ergastolo per reati di contesto mafioso (ma via via l’elenco dei cosiddetti reati ostativi si è andato allungando sino a comprendere per esempio i principali delitti contro la pubblica amministrazione), che mai ha collaborato con la giustizia, di essere ammesso al beneficio della liberazione condizionale, anche dopo avere scontato la quota di pena prevista per gli altri detenuti e anche in presenza di significativi elementi di ravvedimento.

La Corte costituzionale ancora nel 2019 aveva ritenuto illegittima, sul meno delicato tema dei permessi premio, la presunzione assoluta di pericolosità per i detenuti non collaboranti, anche puniti con l’ergastolo. Sulla ben più cruciale questione della liberazione condizionale, invece, la Corte, pur lasciando ampiamente trasparire l’intenzione di dare seguito alla pronuncia di tre anni fa, aveva chiamato in causa il Parlamento con uno di quei moniti rafforzati (sperimentati peraltro invano in materia di fine vita e di carcere ai giornalisti) che hanno costituito negli ultimi anni la principale novità nel rapporto dei giudici con il legislatore.

Monito che tuttavia è rimasto inevaso, malgrado il maggiore tempo lasciato dalla corte che prorogò il termine iniziale: solo la Camera, nella passata primavera riuscì ad approvare un testo, poi arenatosi al Senato anche per lo scioglimento anticipato delle Camere. Il decreto legge approvato dal consiglio dei ministri la scorsa settimana ne riproduce comunque larghissima parte.

Adesso la Consulta, al termine di un’udienza fissata da tempo, prende per la prima volta atto che al monito è stato dato, sia pure a pochi giorni dalla “scadenza”, un seguito, sia pure dal Governo e non dal Parlamento. Un provvedimento è stato approvato, tra molte critiche sul punto peraltro sia dell’avvocatura sia dell’accademia, e con questo è necessario fare i conti.

Le nuove disposizioni infatti, sottolinea il comunicato della Corte, incidono immediatamente e direttamente sulle norme oggetto del giudizio di legittimità costituzionale , trasformando da assoluta in relativa la presunzione di pericolosità che impedisce il riconoscimento dei benefici e delle misure alternative al carcere a favore di tutti i condannati, anche all’ergastolo, che non hanno collaborato con la giustizia. «Costoro - ricorda la Corte - sono ora ammessi a chiedere i benefici, sebbene in presenza di nuove, stringenti e concomitanti condizioni, diversificate a seconda dei reati che vengono in rilievo».

Di conseguenza quindi, in sintonia con quanto richiesto ieri dall’Avvocatura dello Stato, gli atti devono essere restituiti alla Cassazione. Sarà lei a dovere valutare, nel nuovo scenario determinato dal decreto, considerando magari le eventuali modifiche che potranno essere introdotte in sede di conversione, se rimangono in piedi le ragioni individuate di tensione con la Costituzione che avevano motivato la decisione di chiamare in causa la Consulta.

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