Civile

Tribunali civili: le principali sentenze di merito della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia civile nel periodo compreso tra il 30 maggio e il 3 giugno 2022

di Giuseppe Cassano

Le Corti d'Appello, nel corso di questa settimana, affrontano i temi del risarcimento del danno non patrimoniale in ipotesi di decesso della vittima per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, della natura giuridica del modulo di constatazione amichevole in ipotesi di sinistro stradale, dell'accesso alla documentazione bancaria e, infine, delle aperture di vedute.
I Tribunali, da parte loro, trattano dell'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto, della possibilità per il Garante per la protezione dei dati personali di irrogare sanzioni amministrative a carico di soggetti pubblici, della tutela giurisdizionale nel pubblico impiego contrattualizzato, del principio solidaristico nel condominio, del contratto di agenzia e, ancora, della malpractice medica.


RESPONSABILITA' E RISARCIMENTO
Danno biologico – Decesso della vittima – Eredi (Cc, articolo 2059)
Secondo la Corte d'Appello di Milano, intervenuta in materia di risarcimento del danno biologico (articolo 2059 c.c.), ove la persona offesa sia deceduta per causa non ricollegabile alla menomazione risentita in conseguenza dell'illecito, l'ammontare del danno spettante iure successionis agli eredi del defunto deve essere parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella probabile, in quanto la durata della vita futura, in tal caso, non costituisce più un valore ancorato alla mera probabilità statistica, ma è un dato noto; e, d'altra parte, non è giuridicamente configurabile un danno risarcibile in favore della persona per il tempo successivo alla sua morte.
Con la precisazione che, in ipotesi di morte del danneggiato per cause indipendenti dal fatto illecito subito, tale principio (secondo il quale, come detto, il danno non patrimoniale trasmissibile "iure successionis" deve essere parametrato alla durata effettiva della vita del danneggiato, e non a quella probabile) assume rilievo solo nel caso in cui il decesso sia avvenuto in età precoce rispetto all'ordinaria aspettativa di vita, atteso che, nel caso opposto, il punto-base di riferimento per la liquidazione del danno tiene già conto delle ridottissime aspettative di vita del danneggiato, sicchè nessuna ulteriore riduzione deve essere applicata in considerazione dell'intervenuto decesso.
In altre parole, per tenere debito conto della vita effettivamente vissuta dalla vittima, il Giudice di merito è tenuto ad adottare il criterio della proporzione, secondo cui il risarcimento che si sarebbe liquidato a persona vivente sta al numero di anni che questi aveva ancora da vivere secondo le statistiche di mortalità, come il risarcimento da liquidare a persona già defunta sta al numero di anni da questa effettivamente vissuti tra l'infortunio e la morte (criterio non applicabile nel caso in cui al momento del sinistro la vittima abbia già superato l'età media secondo gli indici Istat).
Corte d'Appello di Milano, sezione II, sentenza 30 maggio 2022 n. 1863

CIRCOLAZIONE STRADALE
Sinistri stradali – Modulo di constatazione amichevole – Valore giuridico
(Dlgs 7 settembre 2005, n. 209, articoli 143, 149; Cc, articolo 2735)
Secondo la Corte d'Appello di Palermo, il modulo di constatazione amichevole di un sinistro stradale (articolo 143 Dlgs n. 209/2005), quando sia sottoscritto dai conducenti coinvolti e sia completo in ogni sua parte, compresa la data, genera una presunzione "iuris tantum" valevole nei confronti dell'assicuratore Rca, valida fino a prova contraria, del fatto che il sinistro si sia verificato con le modalità ivi indicate, la quale può ovviamente essere superata, essendo necessario a tal fine che il Giudice del merito ne spieghi le ragioni.
Quale dichiarazione sottoscritta da una delle parti a un terzo estraneo al giudizio, inoltre, il suddetto modulo, assume valore di confessione stragiudiziale e, a norma dell'articolo 2735 c.c., produce i medesimi effetti della confessione giudiziale ed è pertanto liberamente apprezzata dal Giudice.
In sostanza, tale modulo (cd. CID) assume valore indiziario circa i fatti relativi al sinistro nei confronti dei soggetti terzi estranei alla lite (conducente dell'autoveicolo), potendo contribuire a fondare il convincimento del Giudice unitamente agli altri dati probatori acquisiti al processo.
Con la precisazione che il modello firmato congiuntamente dai conducenti se, da un lato, contiene una presunzione circa le modalità del sinistro, non altrettanto può dirsi, dall'altro lato, quanto al profilo dell'entità dei danni che ne siano derivati.
Né può tacersi che la (nuova) procedura di risarcimento diretto (articolo 149 Dlgs n. 209/2005) nulla toglie all'onere della prova che la parte danneggiata è sempre tenuta a fornire in ordine alla concreta sussistenza del danno.
Corte d'Appelo di Palermo, sezione I, sentenza 31 maggio 2022 n. 944

BANCHE
Contratti bancari – Documentazione – Accesso (Dlgs 1 settembre 1993, n, 385, articolo 119; Cpc, articoli 210, 645)
Osserva la Corte d'Appello di Torino come nei contratti bancari il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall'articolo 119, IV, Dlgs n. 385/1993 (TUB), può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all'articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d'ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.
E così, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca in via monitoria, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell'indebito, formulata in sede di opposizione ex articolo 645 c.p.c., ciascuna delle parti è onerata della prova delle operazioni da cui si origina il saldo.
In particolare, la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi; sicché, ove manchi la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potrà aspirare ad un rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, nel contempo, quest'ultima non potrà invocare, in proprio favore, l'addebito della posta inziale del primo degli estratti conto prodotti.
Corte d'Appello di Torino, sezione I, sentenza 31 maggio 2022 n. 590

VEDUTE
Vedute – Aperture – Distanze
(Cc, articolo 905)
Osserva la Corte d'Appello di Napoli che, in tema di distanze per l'apertura di vedute e balconi, la semplice esistenza di un terreno sopraelevato, senza che vi sia un parapetto che consenta l'affaccio sul fondo del vicino, esclude l'obbligo di distanziarsi dal fondo predetto ai sensi dell'articolo 905 c.c..
Tuttavia, è rilevante, al fine di favorire la possibilità di affaccio, l'attività di innovazione della preesistente situazione tra i fondi, tale da determinare un diverso rapporto con il muro confinario.
In altre parole, la semplice esistenza di un terreno sopraelevato posto a confine, senza che vi sia un parapetto che consenta l'affaccio sul fondo del vicino, esclude la ricorrenza dell'affaccio, che può essere esercitato solo con la costruzione di tale protezione in quanto è la posizione sopraelevata dello sporto, del balcone e del lastrico solare a render necessario il parapetto.
Nel delibare l'idoneità del parapetto a permettere di guardare nell'altrui fondo obliquamente e lateralmente, è importante la posizione reciproca delle due proprietà, tale che, se quella dalla quale si esercita la veduta è sopraelevata rispetto a quella che ne è assoggettata, la prospectio ed a maggior ragione la inspectio (vale a dire le possibilità di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente) ne possono risultare agevolate anche senza l'apporto determinante di un parapetto ad altezza "normale", potendo non essere necessario che la parte si appoggi al manufatto di protezione al fine di esercitare la visione circolare all'intorno pur in presenza di fondi a dislivello.
Con la precisazione che, per configurare gli estremi di una veduta ai sensi dell'articolo 900 c.c., conseguentemente soggetta alle regole di cui agli articoli 905 e 907 c.c. in tema di distanze, è necessario che le. inspectio et prospectio in alienum siano esercitabili in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza.
E cioè a dire, a tal fine occorre verificare, in concreto, se l'opera, in considerazione delle caratteristiche strutturali e della posizione degli immobili rispettivamente interessati, permetta a una persona di media altezza di affacciarsi e guardare di fronte, obliquamente o lateralmente, in condizioni di sufficiente comodità e sicurezza.
Corte d'Appello di Napoli, sezione II, sentenza 3 giugno 2022 n. 2480

CONTRATTI
Obbligo di concludere un contratto – Esecuzione specifica - Inadempimento
(Cc, articoli 1353, 1453, 1455, 2932)
Secondo il Tribunale di Napoli dal momento del passaggio in giudicato della sentenza-contratto ex articolo 2932 c.c. si producono gli effetti del negozio, comportando, nel caso di vendita, il trasferimento della proprietà del bene e correlativamente l'obbligo dell'acquirente di versare il prezzo, o il suo residuo, eventualmente ancora dovuto, obbligo sancito con una pronuncia di accertamento o di condanna o di subordinazione dell'efficacia traslativa al pagamento.
In tal modo si origina un rapporto di natura negoziale e sinallagmatica suscettibile di risoluzione nel caso di inadempimento che, ai sensi dell'articolo 1455 c.c., sia di non scarsa importanza, il che può verificarsi anche nel caso di ritardo, rispetto al termine eventualmente fissato nella sentenza o, in mancanza del termine, in relazione alla data del suo passaggio in giudicato, che risulti eccessivo in rapporto al tempo trascorso, e a ogni altra circostanza utile ai fini della valutazione dell'interesse dell'altra parte.
Precisamente, con riguardo al rapporto che si costituisce per effetto della sentenza di accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere una compravendita, il pagamento del prezzo, cui è subordinato il trasferimento della proprietà, se pure assolve alla funzione di condizione per il verificarsi dell'effetto traslativo, non perde peraltro la sua natura di prestazione essenziale destinata ad attuare il sinallagma contrattuale, con la conseguenza che l'inadempimento della correlativa obbligazione, può - nel concorso dei relativi presupposti - essere fatto valere dalla controparte, come ragione di risoluzione del rapporto ai sensi degli articoli 1453 e ss. c.c., non già come causa di automatica inefficacia del rapporto medesimo ai sensi degli articoli 1353 e ss. c.c..
Tribunale di Napoli, sezione XII, sentenza 30 maggio 2022 n. 5398

TUTELA DELLA PRIVACY
Garante per la protezione dei dati personali – Sanzioni amministrative – Irrogazione
(Regolamento UE 27 aprile 2016, n. 679, articoli 58, 83; cons. n. 150; Dlgs 30 giugno 2003, n, 196, articolo 166)
Il Tribunale di Milano affronta in sentenza la questione della legittimazione del Garante per la protezione dei dati personali ad irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti delle pubbliche autorità optando per la soluzione di segno positivo.
In particolare, quanto al quadro normativo di riferimento, si richiama il considerando n. 150 al Reg. 2016/679 secondo cui "dovrebbe spettare agli Stati membri determinare se e in che misura le autorità pubbliche debbano essere soggette a sanzioni amministrative pecuniarie".
A sua volta l'articolo 83, VII, Regolamento dispone che: "Fatti salvi i poteri correttivi delle autorità di controllo a norma dell'articolo 58, paragrafo 2, ogni Stato membro può prevedere norme che dispongano se e in quale misura possono essere inflitte sanzioni amministrative pecuniarie ad autorità pubbliche e organismi pubblici istituiti in tale Stato membro".
Si ritiene dunque che sia in facoltà degli Stati membri dell'U.E. prevedere norme che precisino l'an e il quantum delle sanzioni amministrative pecuniarie avverso soggetti con qualifiche pubblicistiche.
In tal senso depone inequivocabilmente il dettato normativo dell'articolo 83 cit. nella parte in cui fa ricorso al verbo "può", lasciando agli Stati membri ampia discrezionalità in materia.
Per tale ragione, alla luce della legislazione europea, si esclude - da parte dell'adito Tribunale - che il Legislatore italiano avrebbe dovuto necessariamente prevedere, in via espressa, la legittimazione de qua.
Ed in ogni caso, il Legislatore nazionale ha inequivocabilmente conferito al Garante tale potere.
Ciò si evince, dall'articolo 166, IV, Dlgs n. 196/2003 (Codice privacy) che concerne la fase di avvio del procedimento finalizzato all'irrogazione delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 83 del Regolamento, tra le quali vi rientrano anche le sanzioni amministrative pecuniarie; tale norma ha inoltre cura di specificare che il procedimento in questione possa essere avviato anche nei confronti di autorità pubbliche e organismi pubblici.
La circostanza che la disposizione in questione sia dedicata alla fase di avvio del procedimento non esclude che da essa possa evincersi la legittimazione del Garante ad irrogare sanzioni pecuniarie nei confronti di enti pubblici. Deve, infatti, rilevarsi che urta alla logica, ancor prima che a quella giuridica, che il Legislatore consenta di avviare un procedimento finalizzato alla irrogazione di una sanzione pecuniaria nei confronti di una pubblica autorità e poi escluda che il procedimento possa concludersi con l'effettiva applicazione della stessa.
Infine, la circostanza che la disposizione nazionale di cui al comma 3 dell'articolo 166 Codice privacy legittimi il Garante ad irrogare l'intero novero delle sanzioni prescritte dall'articolo 83, senza alcun specifico riferimento alle sanzioni pecuniarie, dimostra la volontà di attribuire all'Autorità garante la facoltà di adottare tutte le tipologie di sanzioni prescritte dal Regolamento, ivi incluse quelle di natura pecuniaria.
Il fatto che il Legislatore non abbia inteso differenziare la cornice edittale delle sanzioni pecuniarie a seconda della qualità pubblica, o meno, rivestita dal destinatario rientra nella sua insindacabile discrezionalità e, tale scelta di politica legislativa, osserva ancora il Tribunale di Milano, non si pone in contrasto con il Regolamento europeo atteso che, come già evidenziato, l'articolo 83 comma 7 lascia agli Stati membri piena discrezionalità sul punto (come dimostrato dal verbo: "può").
In conclusione, si afferma in punto di diritto il principio secondo cui il Garante per la protezione dei dati personali è astrattamente dotato del potere di irrogare sanzioni amministrative pecuniarie nei confronti di un ente che rivesta qualifica pubblicistica.
Tribunale di Milano, sezione I, sentenza 31 maggio 2022, n. 4135

PUBBLICO IMPIEGO
Pubblico impiego contrattualizzato – Controversie – Giurisdizione – Prescrizione del diritto
(Dlgs 30 marzo 2001, n. 165, articoli 21, 69; Legge 15 luglio 1966, n. 604, articolo 10)
Secondo il Giudice del Lavoro di Bari, adito in tema di pubblico impiego contrattualizzato, la sopravvivenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo regolata dall'articolo 69, VII, Dlgs n. 165/2001, costituisce, nelle intenzioni del Legislatore, un'ipotesi assolutamente eccezionale.
Ne consegue che, al fine di evitare il frazionamento della tutela giurisdizionale, quando una lavoratore deduca un inadempimento unitario dell'amministrazione, la protrazione della fattispecie oltre il discrimine temporale del 30 giugno 1998 radica la giurisdizione presso il Giudice Ordinario anche per il periodo anteriore a tale data, non essendo ammissibile che sul medesimo rapporto abbiano a pronunciarsi due giudici diversi con possibilità di differenti risposte ad una stessa istanza di giustizia così innanzitutto.
Ancora in sentenza, con particolare riguardo al personale pubblico con qualifica dirigenziale, si precisa da parte dell'adito Tribunale che, ai fini della decorrenza della prescrizione dei crediti, rileva il regime di stabilità proprio del rapporto fondamentale d'impiego e non già la disciplina del contratto a tempo determinato applicabile all'incarico dirigenziale.
La deroga al regime di stabilità reale prevista dall'articolo10 della legge n. 604/1966 deve, invero, ritenersi riferita ai soli dirigenti privati e non anche ai dirigenti pubblici. Per questi ultimi, la natura strutturalmente stabile del rapporto d'impiego fa sì che, anche se al dipendente si riconosca attitudine dirigenziale, il regime applicabile è assimilato a quello proprio della categoria impiegatizia ai sensi dell'articolo 21 Dlgs n. 165/2001.
Tribunale di Bari, sezione lavoro, sentenza 1 giugno 2022, n. 1563

CONDOMINIO
Condominio – Parti comuni – Utilizzo - Principio solidaristico
(Cc, articolo 1102)
Sulla premessa secondo cui ciascun condomino è libero di servirsi della cosa comune anche per fine esclusivamente proprio, traendo ogni possibile utilità, afferma in sentenza l'adito Tribunale di Bari che il condomino che si serve del muro perimetrale per ricavare maggior vantaggio nel godimento di una unità immobiliare già funzionalmente e strutturalmente collegata al bene comune, lo fa nell'esercizio del diritto di condominio i cui limiti sono segnati dall'articolo 1102 c.c. e non avvalendosi di una servitù.
E così, proprio per quanto riguarda in particolare il muro perimetrale comune di un edificio in condominio, si osserva che esso, accanto alla funzione primaria e fondamentale di sostegno dello stabile, ha anche quella accessoria e secondaria di appoggio di tubi, fili, condutture, targhe, insegne, ecc., per cui la sua utilizzazione per l'installazione di vetrine, mostre, insegne pubblicitarie è da ritenere senz'altro consentita se contenuta entro i limiti dell'articolo 1102 c.c..
Ne consegue che non costituisce una vera e propria servitù a carico della cosa comune, né può dar luogo ad usucapione, l'installazione da parte del condomino di una vetrina (o insegna pubblicitaria) nell'area del muro perimetrale (di facciata) corrispondente all'immobile di sua proprietà, rientrando tale utilizzazione nel normale uso del bene comune, pienamente legittimo (sempre se rispettoso dei limiti di cui al citato articolo 1102 c.c.). D'altronde, il potere del singolo di servirsi della cosa comune incontra un duplice limite consistente, l'uno, nel rispetto della destinazione del bene comune che non può essere alterato dal singolo partecipante alla comunione, l'altro, nel divieto di frapporre impedimenti agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Lo sfruttamento esclusivo della cosa comune da parte del singolo che ne impedisca la simultanea fruizione da parte degli altri integra un uso illegittimo in quanto il principio solidaristico cui devono essere ispirati i rapporti condominiali richiede un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione.
E cioè a dire, l'uso diverso o più intenso non può comunque ritenersi compatibile con una sorta di appropriazione di parte del bene.
Tribunale di Bari, sezione II, sentenza 1 giugno 2022, n. 2153

CONTRATTO DI AGENZIA
Contratto di agenzia - Agente assicurativo – Disciplina normativa
(Cc, articoli 1742, 1753)
Il Tribunale di Bologna si sofferma in tema di contratto di agenzia (articolo 1742 c.c.), ovvero il contratto con cui una parte (l'agente) assume stabilmente l'incarico di promuovere, per conto dell'altra (detta institore o anche, in modo tecnicamente impreciso, a volte mandante), verso retribuzione, la conclusione di contratti in una determinata zona.
Per esigenze di tutela dell'agente (imprenditore, sì, ma spesso di piccole dimensioni) la legge detta un regime particolareggiato di regole (competenza territoriale, diritto di esclusiva, indennità di cessazione dell'incarico etc.) che spesso viene integrato, per volontà delle parti, dalle clausole contrattuale uniformi stipulate fra enti rappresentativi della categoria.
In forza dell'articolo 1753 c.c., le disposizioni in materia di agenzia "sono applicabili anche agli agenti di assicurazione, in quanto non siano derogate dalle norme corporative o dagli usi e in quanto siano compatibili con la natura dell'attività assicurativa".
Esiste dunque un vero e proprio statuto dell'agente assicurativo, che in quanto tale è parzialmente trattato in maniera differenziata dal legislatore in forza dell'articolo 1753 c.c. rispetto all'agente cosddetto "ordinario", ossia l'agente di commercio.
In particolare, in base a quanto dispone l'articolo 1753 c.c., la disciplina degli agenti di assicurazione è contenuta negli usi e negli accordi collettivi del settore e solo in mancanza di questi è consentito applicare in via analogica le norme del codice civile in materia di agenti di commercio.
In assenza di norme corporative, un rango quantomeno di "uso" può essere riconosciuto – secondo l'adito Tribunale - al cosiddetto ANA (accordo nazionale agenti).
Tale accordo, in qualche misura, mima i contenuti di un contratto collettivo: ed infatti, fermo che l'agente è per definizione un imprenditore e mai un dipendente (nel qual caso il nomen iuris "contratto di agenzia" sarebbe puramente atecnico e non impedirebbe l'applicazione delle norme sul lavoro subordinato), da più parti si è avvertita la necessità di tutelare la categoria con una normazione uniforme frutto di intese fra rappresentati di categoria, anziché fra singoli imprenditori.
E così, pur rientrando la subiecta materia nell'alveo dei rapporti squisitamente privatisti (in cui è assente il vincolo di subordinazione) gli accordi ANA sostanzialmente ricalcano il contenuto di contratti collettivi di comparto; nel senso che, ferma la non subordinazione, pongono comunque uno standard di riferimento cui possono rimandare i contratti individuali.
Tribunale di Bologna, sezione II, sentenza 1 giugno 2022, n. 1454

RESPONSABILITA' MEDICA
Malpractice medica – Responsabilità civile – Natura giuridica
(Legge 8 marzo 2017, n. 24, articolo 7; Cc, articoli 1218, 1228)
Secondo quanto afferma in sentenza l'adito Tribunale di Lecce la responsabilità della struttura sanitaria, per i danni subiti dal paziente, deve essere ricondotta nell'ambito della responsabilità contrattuale, sul rilievo che l'accettazione di un paziente in ospedale, comporta la conclusione di un contratto.
Ne consegue che la fonte del rapporto che si instaura tra paziente ed ente ospedaliero sia un atipico contratto di spedalità con effetti protettivi nei confronti del terzo, da cui, a fronte dell'obbligazione al pagamento del corrispettivo, insorgono a carico della struttura una serie di obblighi, primi fra tutti quelli di tipo lato sensu alberghieri, oltre che l'ineludibile obbligo di messa a disposizione del personale medico e paramedico ed infine quelli di apprestare tutte le necessarie obbligazioni di assistenza e protezione destinate a personalizzarsi in relazione alla patologia del soggetto.
Per quanto concerne, poi, le obbligazioni mediche in senso stretto poste in essere da sanitari, personale paramedico e lato sensu ausiliario della struttura sanitaria, l'ente ospedaliero risponda ex articolo 1228 c.c. a titolo di responsabilità indiretta (ciò sebbene in tema di responsabilità civile l'articolo 7 legge n. 24/2017 introduce una diversa qualificazione delle responsabilità della struttura sanitaria e del sanitario, ritenendo di natura contrattuale la prima ed extracontrattuale la seconda, salvo l'obbligazione contrattuale assunta direttamente dal medico con il paziente).
Così ricostruito il rapporto, ne discende – sempre secondo l'adito Tribunale pugliese - che, ai fini della ripartizione dell'onere probatorio, il paziente deve provare innanzitutto l'avvenuto inserimento nella struttura e che il danno si sia verificato durante il tempo in cui egli vi si trovi inserito; spetta sempre al paziente l'onus di allegare (oltreché le fasi del ricovero e del trattamento) anche l'inadempimento rappresentato dalla lesione subita, mentre la struttura dovrà dimostrare il corretto o impossibile adempimento della prestazione, dunque la sopravvenienza del caso fortuito.
L'ente ospedaliero risulta quindi esonerato dal rimprovero di responsabilità da inadempimento ex articolo 1218 c.c. soltanto nel caso in cui il fatto dannoso occorso al paziente in degenza si realizzi per l'insorgenza di un fattore imprevedibile e inevitabile, ovverosia dalla causazione dell'evento lesivo da parte di un fattore umano o naturale, imprevedibile ed inevitabile, riconducibile quindi al concetto di fatalità.
Tribunale di Lecce, sezione I, sentenza 1 giugno 2022, n. 1628

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