Lavoro

Rito del lavoro: "equo indennizzo" senza "rimedi preventivi"

Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16741 depositata oggi, affermando un principio di diritto

di Francesco Machina Grifeo

I processi come quelli del rito del lavoro nei quali non opera la distinzione tra ordinario e sommario e ogni udienza è per sua natura di discussione orale con lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, non rientrano nel perimetro di applicazione dell'articolo 1 ter della legge n. 89 del 2001. In tali casi, infatti, il rimedio preventivo rappresentato dall'istanza di decisione a seguito di trattazione orale non può avere alcuna effettiva funzione acceleratoria essendo già prevista quale modalità ordinaria di trattazione delle cause. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 16741 depositata il 24 maggio, accogliendo con rinvio il ricorso di un uomo che lamentava l'inosservanza del termine di ragionevole durata della controversia di lavoro da lui promossa dinanzi il Tribunale di Messina per ottenere l'assunzione coattiva quale appartenente ad una categoria protetta ex legge n. 68 del 1999.

In primo grado, il magistrato aveva rigettato il ricorso rilevando l'inammissibilità della domanda di indennizzo in quanto proposta senza previo esperimento dei rimedi preventivi di cui all'articolo 1 ter della legge n. 89 del 2001. Proposta opposizione, deducendo che i rimedi preventivi non potevano applicarsi al rito del lavoro in cui ogni udienza era destinata alla discussione orale, la Corte d'Appello di Messina la rigettava affermano che anche nelle cause trattate con rito speciale era consentito proporre istanza di decisione a seguito di trattazione orale ex articolo 281 sexies c.p.c. funzionale ad ottenere la deliberazione a verbale della causa e evitare che il giudicante potesse, ritenendo la complessità della controversia, assegnarsi un termine per il deposito della sentenza.

Contro questa decisione, il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione che l'ha accolto forumando il seguente principio di diritto: "In tema di equa riparazione, l'art. 1 ter, comma 1, della l. n. 89 del 2001 deve interpretarsi - anche in ossequio al canone che impone di attribuire alla legge, nei limiti in cui ciò sia permesso dal suo testo, un significato conforme alla CEDU - nel senso che non rientrano nel perimetro di applicazione della norma i processi che si svolgono con il rito lavoro in quanto a seguito della modifica dell'art. 429, comma 1, c.p.c. disposta dall'art. 53, comma 2, del d.l. n. 112 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 133 del 2008 - applicabile ai giudizi instaurati dopo la entrata in vigore della legge – è già previsto che il giudice all'udienza di discussione decida la causa e proceda alla lettura del dispositivo e delle ragioni in fatto e diritto della decisione, in analogia con lo schema dell'art. 281 sexies c.p.c.".

La Sezione lavoro ricorda che la Corte Costituzionale nella sentenza n. 121 del 2020, con riferimento ai rimedi preventivi introdotti per i processi civili dalla legge n. 208 del 2015 (articolo 1-ter, comma 1, della legge n. 89 del 2001) quale condizione di ammissibilità della domanda di equo indennizzo, ha ritenuto gli stessi consistano non già nella «proposizione di un'istanza con effetto dichiarativo di un interesse già incardinato nel processo e di mera "prenotazione della decisione" - che si riduce ad un adempimento puramente formale» -, ma nella «proposizione di possibili, e concreti, "modelli procedimentali alternativi", volti ad accelerare il corso del processo, prima che il termine di durata massima sia maturato». Nella specie, tuttavia, conclude la decisione, manca il modello procedimentale alternativo cui fa riferimento la Corte Costituzionale, il che rende palese l'assenza di effetto acceleratorio dell'istanza ex articolo 281 sexies c.p.c. nel rito del lavoro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©