Penale

Ergastolo ostativo, la riforma ha incrinato il divieto di benefici

Le motivazioni della scelta della Corte costituzionale di restituzione degli atti

di Giovanni Negri

Una scelta in qualche modo obbligata, coerente con l’orientamento consolidato. Perché il decreto legge del nuovo Governo, il primo in assoluto, ha cambiato le carte in tavola in maniera significativa sull’ergastolo ostativo, incrinando la natura della presunzione di pericolosità a carico dei detenuti che non hanno mai collaborato con la giustizia. A soli due giorni dalla camera di consiglio sono arrivare ieri le motivazioni, ordinanza n. 227 scritta da Nicolò Zanon, con le quali la Corte costituzionale spiega le ragioni della restituzione degli atti alla Cassazione, il giudice che aveva sollevato la questione di legittimità.

L’ordinanza ricorda che la giurisprudenza costituzionale, quando le modifiche normative intervenute incidono così «profondamente sull’ordito logico che sta alla base delle censure prospettate» (ordinanze n. 97 del 2022 e n. 60 del 2021), oppure intaccano il meccanismo contestato dal rimettente (ordinanza n. 55 del 2020), è costante nel ricavarne la necessità di restituire gli atti al giudice che ha posto la questione. Tocca infatti a quest’ultimo, sia verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate (ordinanza n. 243 del 2021), sia procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza, tenendo conto delle intervenute modifiche normative (ordinanze n. 97 del 2022, n. 60 del 2021 e n. 185 del 2020).

E di certo le modifiche intervenute non sono state di poco conto. La Consulta le elenca minuziosamente, ricordando che ora i benefici possono essere concessi anche ai detenuti per reati di contesto mafioso, purché dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o «l’assoluta impossibilità di tale adempimento»; necessario anche allegare elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla semplice dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza (sorta di probatio diabolica per i critici dell’intervento), che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata.

La conseguenza è comunque che, quindi, si è in presenza di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità del condannato all’ergastolo per reati ostativi non collaborante, cui è concessa, anche se a nuove e assai stringenti condizioni, la possibilità di domandare la liberazione condizionale e, così, di vedere esaminata nel merito la propria istanza.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©