Rassegne di Giurisprudenza

Atti discriminatori datoriali, onere della prova attenuato per il lavoratore

a cura della Redazione Diritto

Lavoro - Licenziamento - Disabile - Superamento del periodo di comporto - Illegittimità - Discriminazione indiretta - Onere della prova - Attenuazione per il lavoratore-ricorrente - Art. 4 d.lgs. n. 216/2003
In tema di licenziamento discriminatorio, i criteri di riparto dell'onere probatorio seguono i canoni speciali di cui all'art. 4 del d.lgs. 216 del 2003 - e non quelli ordinari di cui all'art. 2729 c.c. - i quali stabiliscono un'agevolazione del regime probatorio in favore del lavoratore ricorrente, prevedendo una "presunzione" di discriminazione indiretta per l'ipotesi in cui abbia difficoltà a dimostrare l'esistenza degli atti discriminatori; ne consegue che il lavoratore deve provare il fattore di rischio, e cioè il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe e non portatori del fattore di rischio, e il datore di lavoro le circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della condotta. (Nel caso di specie è stata riconosciuta una ipotesi di discriminazione indiretta nel licenziamento per superamento del periodo di comporto di un lavoratore disabile per avere il datore di lavoro trascurato di distinguere le assenze per malattia e assenze per patologie correlate alla disabilità)
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 31 marzo 2023, n. 9095

Assistenza e beneficenza pubblica - Disabili - Discriminazione indiretta ex art. 2 della l. n. 67 del 2006 - Disciplina dell'onere probatorio - Alleggerimento in favore del ricorrente - Contenuto - Fattispecie.
In tema di discriminazione indiretta nei confronti di persone con disabilità ai sensi della legge n. 67 del 2006, l'art. 28, comma 4, d.lgs. n. 150 del 2011 (disposizione speciale rispetto all'art. 2729 c.c.) realizza un'agevolazione probatoria mediante lo strumento di una parziale inversione dell'onere della prova: l'attore deve fornire elementi fattuali che, anche se privi delle caratteristiche di gravità, precisione e concordanza, devono rendere plausibile l'esistenza della discriminazione, pur lasciando comunque un margine di incertezza in ordine alla sussistenza dei fatti costitutivi della fattispecie discriminatoria; il rischio della permanenza dell'incertezza grava sul convenuto, tenuto a provare l'insussistenza della discriminazione una volta che siano state dimostrate le circostanze di fatto idonee a lasciarla desumere. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito, in quanto non erano stati forniti - dai genitori di un minore affetto da autismo, che avevano lamentato l'applicazione della terapia ABA, "Applied behaviour intervention", in misura inferiore al numero di ore necessarie - elementi di una situazione di svantaggio, discriminatoria, rispetto a soggetti non disabili).
• Corte di Cassazione, Sezione terza civile, Sentenza 28 marzo 2022, n. 9870

Licenziamento collettivo - Riduzione e criteri di scelta del personale giudizi antidiscriminatori - Regime probatorio - Riparto ex art. 2729 c.c. - Esclusione - Regime speciale dell'agevolazione probatoria - Presunzione di discriminazione indiretta - Presupposti - Conseguenze - Fattispecie.
Nei giudizi antidiscriminatori, i criteri di riparto dell'onere probatorio non seguono i canoni ordinari di cui all'art. 2729 c.c., bensì quelli speciali di cui all'art. 4 del d.lgs. 216 del 2003 (applicabile "ratione temporis"), che non stabiliscono un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'agevolazione del regime probatorio in favore del ricorrente, prevedendo una "presunzione" di discriminazione indiretta per l'ipotesi in cui, specie nei casi di coinvolgimento di una pluralità di lavoratori, abbia difficoltà a dimostrare l'esistenza degli atti discriminatori; ne consegue che il lavoratore deve provare il fattore di rischio, e cioè il trattamento che assume come meno favorevole rispetto a quello riservato a soggetti in condizioni analoghe e non portatori del fattore di rischio, ed il datore di lavoro le circostanze inequivoche, idonee a escludere, per precisione, gravità e concordanza di significato, la natura discriminatoria della condotta, in quanto dimostrative di una scelta che sarebbe stata operata con i medesimi parametri nei confronti di qualsiasi lavoratore privo del fattore di rischio, che si fosse trovato nella stessa posizione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza di appello che, applicando i criteri presuntivi ordinari, aveva addossato l'onere probatorio sul sindacato ricorrente senza tener conto che i trasferimenti, che avevano interessato il 6% degli addetti allo stabilimento, avessero tuttavia colpito per l'80% gli iscritti al sindacato medesimo).
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 2 gennaio 2020, n. 1

Lavoro - Lavoro subordinato - Discriminazioni basate sul sesso - Rimedi giudiziali - Disciplina dell'onere probatorio - Alleggerimento in favore del ricorrente - Prospettazione di elementi di fatto precisi e concordanti, anche se non gravi - Necessità - Conseguenze - Presunzione circa l'esistenza di comportamenti discriminatori.
In tema di comportamenti datoriali discriminatori, l'art. 40 del d.lgs. n. 198 del 2006 - nel fissare un principio applicabile sia nei casi di procedimento speciale antidiscriminatorio che di azione ordinaria, promossi dal lavoratore ovvero dal consigliere di parità - non stabilisce un'inversione dell'onere probatorio, ma solo un'attenuazione del regime probatorio ordinario in favore del ricorrente, prevedendo a carico del datore di lavoro, in linea con quanto disposto dall'art. 19 della Direttiva CE n. 2006/54 (come interpretato da Corte di Giustizia Ue 21 luglio 2011, C-104/10), l'onere di fornire la prova dell'inesistenza della discriminazione, ma a condizione che il ricorrente abbia previamente fornito al giudice elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, idonei a fondare, in termini precisi e concordanti, anche se non gravi, la presunzione dell'esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori in ragione del sesso.
• Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, Sentenza 12 ottobre 2018, n. 25543